CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 aprile 2018, n. 10395
Tributi – Accertamento – Operazioni commerciali non fatturate – Riscontro da “contabilità in nero” rinvenuta presso terzi – Elemento indiziario – Onere di prova contraria da parte del contribuente
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
La CTR del Veneto, con sentenza n. 1292/26/2015, depositata l’11 agosto 2015, non notificata, accolse l’appello proposto dalla SI.TA.PAN S.r.l. (di seguito società) avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Treviso, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società, avverso avviso di accertamento per IRES, IVA ed IRAP per l’anno 2009.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore.
Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., 2727 – 2729 c.c. e dei principi generali in materia di prova in combinato disposto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., assumendo che erroneamente la pronuncia impugnata avrebbe ritenuto nullo l’avviso di accertamento, sul presupposto che gli elementi offerti dall’Ufficio non potessero integrare un idoneo quadro indiziario circa l’esistenza di vendite non fatturate attribuite alla società, tenuto conto dell’esito negativo della verifica eseguita dalla Guardia di Finanza presso la contribuente.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2809 {rede 2909 c.c.), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui, con la sentenza impugnata, la CTR ha manifestato il convincimento di sentirsi vincolata al decisum di altre precedenti proprie pronunce, intervenute tra le stesse parti, con riferimento a pregresse annualità d’imposta (2007-2008) in relazione ad avvisi di accertamento emessi in relazione ai medesimi elementi fattuali posti a base dell’accertamento oggetto della presente controversia tra le parti, quantunque la decisione impugnata abbia dato conto del fatto che le menzionate pronunce non avessero acquisito l’autorità del giudicato. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per motivazione meramente apparente nella parte in cui si è limitata a richiamare per relationem le decisioni favorevoli alla contribuente rese da altre pronunce della stessa CTR del Veneto.
Va esaminato in ordine logico prioritariamente il terzo motivo.
A differenza di quanto indicato dall’Amministrazione ricorrente, la sentenza impugnata non incorre nel vizio di motivazione assolutamente omessa o apparente, alla stregua dei principi fissati da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053 e dalla consolidata giurisprudenza conforme.
Appare evidente come il richiamo alle precedenti sentenze favorevoli alla contribuente pronunciate dalla stessa CTR con riferimento a pregresse annualità d’imposta non esaurisca il contenuto motivazionale della sentenza impugnata, che in realtà è basato sull’affermazione dell’inidoneità della prova presuntiva offerta dall’Amministrazione, perché non corroborata da ulteriori elementi a seguito della verifica espletata presso la contribuente stessa: ratio decidendi agevolmente riconoscibile e come tale, in effetti, censurata dall’Amministrazione ricorrente con il primo motivo.
Esso è manifestamente fondato.
Premesso che l’accertamento in oggetto attiene alla contestazione di vendite non fatturate che l’Ufficio ha desunto da verifica compiuta presso altra ditta, J. S.p.A., presso la quale era stata rinvenuta una contabilità in nero su pen drive attestante l’esistenza di operazioni commerciali non fatturate dalla società contribuente, occorre ricordare come la giurisprudenza di questa Corte sia ferma nel ritenere che la “contabilità in nero” seppur rinvenuta presso terzi e costituita da appunti ed informazioni dell’imprenditore, integri un valido elemento indiziario, incombendo dunque sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di dimostrare l’infondatezza della pretesa impositiva (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 24 settembre 2014, n. 20094; Cass. sez. 6-5, ord. 11 luglio 2016, n. 14150; Cass. sez. 6-5, ord. 30 agosto 2016, n. 17240; Cass. sez. 6-5, ord. 24 marzo 2017, n. 7710, resa tra le stesse parti in ordine alla medesima origine dell’accertamento relativo a precedenti annualità d’imposta).
La sentenza impugnata, che ha invece ritenuto – in conseguenza dell’esito negativo di verifica svolta presso la sede della contribuente – di per sé inidonea a costituire un idoneo quadro indiziario la contabilità in nero rinvenuta presso terzi concernente vendite per le quali la contribuente non avrebbe emesso fatture, si è posta dunque in contrasto con il succitato principio di diritto, da ribadire ulteriormente nella presente controversia.
Del pari è fondato il terzo motivo, nessuna preclusione potendo derivare all’accertamento in fatto demandato al giudice del merito circa l’esistenza di vendite non fatturate per il 2009 da pronunce della stessa CTR relative a precedenti annualità d’imposta favorevoli alla contribuente ed oggetto di ricorso per cassazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, come nel caso della sentenza della CTR medesima in diversa composizione, in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate con la succitata Cass. n. 7710/17.
Il ricorso va pertanto accolto in relazione ai primi due motivi, rigettato il terzo e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, che, nell’uniformarsi al succitato principio di diritto, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo ed al secondo motivo, rigettato il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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