CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2018, n. 20249
Tributi – IVA – Prestazioni di cd. “clausola di delega” relative ai contratti di coassicurazione – Operazioni esenti – Esclusione – Operazioni imponibili
Rilevato che
La controversia riguarda, in relazione all’anno d’imposta 2005, il trattamento Iva delle operazioni compiute da I.A. Spa, già F. Spa, ora G.I. Spa, nella qualità di delegataria in seno agli accordi di coassicurazione intercorsi con altre società assicuratrici, tutte remunerate con commissioni.
L’Agenzia delle Entrate, con avviso di accertamento, aveva recuperato l’Iva, ed irrogato le conseguenti sanzioni, ritenendola dovuta per le prestazioni oggetto della delega svolte dalla società; aveva inoltre sanzionato l’omessa regolarizzazione delle fatture per operazioni imponibili afferenti a prestazioni di servizi. L’impugnazione era accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Roma; la decisione era confermata dal giudice d’appello, che, in particolare, riteneva le attività oggetto della clausola di delega, consistenti nella riscossione del premio e nella liquidazione dell’indennità all’assicurato, operazioni di assicurazione volte a propiziare la maggiore snellezza nel rapporto con l’assicurato e a garantire un risparmio di gestione, sicché esenti Iva in quanto accessorie ovvero qualificabili come prestazioni di intermediazione assicurativa, esclusa in ogni caso la configurabilità di un rapporto di alternatività tra Iva ed imposta sulle assicurazioni.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.
Considerato che
1. È infondata, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366, n. 3, c.p.c.: l’esposizione dei fatti di causa, che deve essere “sommaria”, risulta adeguata ed idonea a fornirne una sufficiente rappresentazione avuto riguardo all’insorgere della pretesa erariale, alle fasi processuali, nonché alle doglianze dedotte, neppure potendosi contestare la riproduzione dell’avviso di accertamento, in sé utile ai fini del soddisfacimento del requisito di autosufficienza del ricorso, né della sentenza d’appello, atto meramente conclusivo dell’iter processuale.
1.2. Va, invece, dichiarata inammissibile la produzione da parte del controricorrente, con la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c., di parere pro-veritate in ordine al contratto di coassicurazione, trattandosi di atto non riconducibile alle ipotesi indicate dall’art. 372 c.p.c.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1911 c.c., 3, primo e terzo comma, 10, primo comma, nn. 2 e 9, d.P.R. n. 633 del 1972, là dove il giudice d’appello non ha considerato, per un verso, che le prestazioni oggetto della clausola di delega sono estranee a quelle di assicurazione e in quanto tali escluse dalla relativa area di esenzione e, per altro verso, che nessuna accessorietà si può predicare tra le prestazioni in questione e quelle di assicurazione, neppure essendo configurabile alcuna intermediazione assicurativa.
2.1. Preliminarmente, sono infondate le eccezioni di inammissibilità formulate nel controricorso.
2.2. È infondata quella con cui si lamenta la carenza di autosufficienza del ricorso, in ragione dell’omessa trascrizione del contenuto del contratto di coassicurazione e della clausola di delega in esso contenuta, perché l’Agenzia non ha contestato la ricostruzione e la qualificazione del contratto operate dalla Commissione tributaria regionale.
Nella sentenza impugnata si descrive il contenuto della clausola, là dove si evidenzia che «per ovvie ragioni di semplicità ed efficienza operativa si è inteso snellire l’intera gestione procedura gestionale/liquidatoria ricorrendo ad un particolare strumento … i coassicuratori conferiscono ad uno di essi un mandato con poteri rappresentativi per il compimento di determinati atti nell’interesse comune … comprende la ricerca del cliente, la conclusione del contratto, la riscossione del premio, e se del caso a seguire, l’accertamento e determinazione del danno …». Contenuto, questo, che risponde al modello che la stessa contribuente sostiene che si debba ritenere tipico.
A questo contenuto della clausola l’Agenzia ha avuto riguardo, là dove ha assunto come pacifico il “contesto fattuale” considerato dal giudice d’appello, sicché non occorreva la riproduzione del contenuto del contratto, il significato del quale è fuori dalla materia giustiziabile.
2.3. È parimenti infondata l’eccezione d’inammissibilità per la pretesa richiesta di rivalutazione del contenuto del contratto. L’Agenzia non intende difatti ottenere una qualificazione diversa da quella del giudice d’appello, ma, sulla base della qualificazione offerta in sentenza (e conforme a quella sostenuta dalla contribuente), ha svolto le censure in diritto sopra riportate.
Le considerazioni del controricorrente, del resto, si dirigono contro valutazioni dell’Agenzia sul contenuto e sulla funzione della clausola di delega, pur sempre sviluppate entro il perimetro della materia giustiziabile.
3. Il motivo, oltre che ammissibile, è fondato.
Pacifico tra le parti è che tra la contribuente e altre società di assicurazioni sia intercorso un rapporto di coassicurazione e che il relativo contratto contenesse una clausola, in virtù della quale la contribuente è stata delegata a svolgere le attività indicate dal giudice di merito.
La società sostiene che alle attività delle quali si discute spetti l’esenzione dall’Iva perché attività assicurative o comunque a queste accessorie.
3.1. La sussistenza dell’esenzione va valutata alla luce del diritto dell’Unione.
Le esenzioni dall’Iva hanno difatti lo scopo di consentire una riscossione paragonabile delle risorse proprie dell’Unione in tutti gli Stati membri (fra varie, Corte giust. 16 novembre 2017, causa C-308/16, Kozuba Premium Selection sp. z o.o.c. Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie, punto 44) e vanno intese restrittivamente, perché introducono deroghe al principio generale in base al quale l’iva è riscossa per ogni prestazione di servizi eseguita a titolo oneroso da un soggetto passivo (da ultimo, Corte giust. 17 marzo 2016, causa C-40/15, Aspiro, punti 20 e 26). Ininfluente per quest’aspetto è l’applicazione del principio di neutralità fiscale: il principio, difatti, non è una regola di diritto primario idonea a incidere sulla validità di un’esenzione, bensì un canone di interpretazione, da applicare insieme con quello concernente l’interpretazione restrittiva delle esenzioni (tra varie, Corte giust. in causa C-40/15, cit., punto 31; 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank, punto 45).
3.2. Nel caso in esame, norma di riferimento è l’art. 135, par. 1, lett. a), della direttiva n. 2006/112, che così dispone:
«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
a) le operazioni di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione».
La disposizione corrisponde all’art. 13, parte B, lett. a), della sesta direttiva n. 77/388/Cee del consiglio, che l’art. 135 ha sostituito e, quanto al diritto interno, si specchia nell’art. 10, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale stabilisce che:
«Sono esenti dall’imposta: (…) 2) le operazioni di assicurazione, di riassicurazione e di vitalizio; (…) 9) le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle operazioni di cui ai numeri da 1) a 7)…».
A tanto la contribuente aggiunge il richiamo all’art. 12 del d.P.R. n. 633 del 1972, a norma del quale « … le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale».
4. Preliminare è quindi l’identificazione della nozione di attività assicurativa alla quale l’esenzione si riferisce.
In base al diritto unionale, che ascrive rilevanza alla portata economica dell’operazione, anche di là da etichette contrattuali (si veda, sul punto, Cass. n. 14406 del 9/06/2017), quella di assicurazione sta nel fatto che l’assicuratore si impegna, a fronte del versamento di un premio, a procurare all’assicurato, in caso di realizzazione del rischio coperto, la prestazione convenuta. Anche il diritto interno, con l’art. 1882 c.c., detta una nozione equivalente: «L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro …». L’operazione comporta, per sua natura, l’esistenza di un rapporto contrattuale tra il prestatore del servizio di assicurazione e il soggetto i rischi del quale sono coperti dall’assicurazione, ossia l’assicurato. A ogni modo, deve sussistere almeno un rapporto giuridico tra la società che offre la copertura di un rischio e coloro i rischi dei quali siano coperti o, comunque, la copertura assicurativa dev’essere fornita da un soggetto passivo il quale, pur non essendo direttamente assicuratore, procuri ai propri clienti tale copertura avvalendosi delle prestazioni di un assicuratore che si assume l’onere del rischio assicurato.
Questa è la nozione di attività assicurativa costantemente applicata dalla giurisprudenza unionale, la quale:
– in base alla considerazione che un’associazione non intratteneva alcun rapporto contrattuale con gli assicurati, ha escluso che le valutazioni peritali di danni causati ad autoveicoli eseguite per conto delle compagnie di assicurazioni ad essa aderenti costituissero operazioni di assicurazione oppure prestazioni di servizi relative a dette operazioni da mediatori e da intermediari di assicurazione giusta le richiamate disposizioni della sesta direttiva prima e di quella n. 2006/112 poi (Corte giust. 20 novembre 2003, causa C-8/01, Taksatorringen, punto 42);
– analoga valutazione ha svolto con riferimento all’impegno di una società di assicurazione di gestire, in cambio di un corrispettivo calcolato in base al prezzo di mercato, l’attività di un’altra società di assicurazioni controllata al cento per cento (Corte giust. 8 marzo 2001, causa C-240/99, Fórsàkkigsaktiebolaget Skandia);
– ha scartato per le medesime ragioni l’esenzione della quale si discute in relazione a una cessione a titolo oneroso, da parte di una società stabilita in uno stato membro ad una compagnia di assicurazioni stabilita in uno stato terzo, di un portafoglio di contratti di riassicurazione vita (Corte giust. 22 ottobre 2009, causa C-242/08, Holding GmbH).
E allora, neanche alle attività delle quali si discute, ossia a quelle svolte da uno dei coassicuratori su delega degli altri, si può riconoscere natura assicurativa.
4.1. In base alla definizione fornita dall’art. 1911 c.c., secondo cui «Qualora la medesima assicurazione o l’assicurazione di rischi relativi alle stesse cose sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della relativa quota, anche se unico è il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori», quella di coassicurazione è un’operazione idonea a modulare gli effetti dell’assicurazione, in virtù della quale si generano separati rapporti assicurativi, di modo che ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive sostanziali e processuali relative al proprio rapporto con l’assicurato (Cass. 20 aprile 2017, n. 9961; 12 luglio 2005, n. 14590; 28 gennaio 2005, n. 1754).
La stipulazione della clausola di «guida» o di «delega» non vale a modificare natura ed effetti dei distinti rapporti, con la creazione di un’obbligazione solidale tra i rispettivi titolari: la clausola ha la funzione di conferire a uno degli assicuratori l’incarico di gestire il contratto e di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, ma non elimina – nemmeno nel caso di mala gestio del coassicuratore delegato – la caratteristica essenziale della coassicurazione, ossia l’assunzione pro quota dell’obbligo di pagare l’indennità al verificarsi dell’evento previsto (Cass. 2 aprile 2001, n. 4799; 16 febbraio 2000, n. 1712; 23 novembre 1994, n. 9891).
4.2. Le attività svolte dal coassicuratore delegato in esecuzione della clausola in questione, dunque, non sono attività assicurative, perché il coassicuratore delegato assicura il rischio e resta conseguentemente obbligato a rivalere l’assicurato soltanto entro i limiti del proprio rapporto con lui, che scaturisce, pro quota, dal contratto di assicurazione e non già dalla clausola in questione.
La coassicurazione non modifica, anzi, postula la ripartizione pro quota del rischio e di per sé esclude che la quota del coassicuratore delegato in virtù della stipulazione della clausola abbia ad aumentare: non sorge, dunque, dalla stipulazione della clausola l’obbligo del coassicuratore di coprire integralmente i rischi o, comunque, di coprire rischi maggiori di quelli originariamente assunti.
La clausola di delega, in definitiva, non incide sul rapporto tra coassicuratore delegato e assicurato, ampliandolo, né ne instaura uno ulteriore, anche nell’accezione ampia assunta dalla giurisprudenza unionale.
4.3. Irrilevante è, allora, la circostanza che l’assicurato abbia sottoscritto il contratto di coassicurazione contenente la clausola di delega.
Quel che rileva, difatti, è il contenuto dell’attività (tra varie, Corte giust. Arthur Andersen, causa C-472/03, punto 32; Abbey National, causa C-169/04, e J.C.M. Beheer, causa C-124/07, punto 17) che sia divenuta oggetto di un rapporto contrattuale anche indiretto con l’assicurato.
Laddove l’attività delegata al coassicuratore in virtù della clausola in questione consista nella riscossione del premio e nella liquidazione dell’indennizzo, per quanto se ne sia reso partecipe l’assicurato, non ha natura assicurativa: «benché il servizio di liquidazione di sinistri di cui al procedimento principale, quale descritto dal giudice del rinvio, costituisca una componente essenziale dell’operazione di assicurazione laddove comprende, nel caso di specie, la determinazione della responsabilità e dell’importo del danno nonché la decisione di versare o di rifiutare un indennizzo all’assicurato, occorre constatare che tale servizio, peraltro fornito all’assicuratore, non può configurare un’operazione di assicurazione, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA« (Corte giust. in causa C-40/15, Aspiro SA, punto 25; analoghe considerazioni si leggono in Corte giust. 3 marzo 2005, causa C-472/03, Arthur Andersen, punti 33-34).
Non è quindi possibile riconoscere l’esenzione dall ‘Iva alle operazioni svolte in esecuzione della clausola di delega affermandone l’assimilabiIità a quelle assicurative.
5. Resta da verificare se, come sostenuto dal controricorrente, spetti l’esenzione in ragione del nesso di accessorietà delle operazioni in questione a quelle di assicurazione.
E quanto sembra evincersi da un precedente di questa Corte (Cass. 4 novembre 2016, n. 22429), secondo cui, pur dovendosi affermare la necessità d’interpretare restrittivamente le nozioni di esenzione da II ‘iva, è possibile estendere l’esenzione dall’iva alla pluralità di prestazioni idonee ad integrare il servizio assicurativo sotto il profilo economico, anche se si abbia riguardo a quelle svolte da un coassicuratore in virtù della clausola di delega.
5.1. Incongruo è al riguardo il richiamo alla disciplina generale dell’accessorietà, contenuta nell’art. 12 del d.P.R. n. 633 del 1972. Ciò perché, in tema di assicurazioni, il diritto unionale ha fissato una regola speciale di accessorietà, che, in virtù del canone di specialità, prevale su quella generale.
Il nesso di accessorietà rilevante è difatti circoscritto, con dizione più ristretta di quella prescelta per altri comparti, alle sole prestazioni di servizi relative a quelle di assicurazione e di riassicurazione, rese da un mediatore o da un intermediario di assicurazione.
5.2. La stessa Corte di giustizia ha evidenziato la specialità di questo nesso, in rapporto a quello concernente la prestazione dei servizi finanziari, in relazione ai quali aveva stabilito (Corte giust. 5 giugno 1997, causa C-2/95, Sparekassernes Datacenter) che la mera circostanza che la fatturazione di un servizio sia svolta da un terzo non osta a che l’operazione alla quale essa fa riferimento possa beneficiare dell’esenzione ai sensi dell’art. 13 B, lett. d), punti 3 e 5 della sesta direttiva n. 77/388. L’esenzione delle operazioni di assicurazione concerne difatti soltanto quelle propriamente dette, mentre l’esenzione riguardante i servizi finanziari si riferisce, con dizione più ampia, alle operazioni “relative a determinate operazioni bancarie” (Corte giust. 17 marzo 2016, causa C-40/15, Aspiro SA, punto 29).
5.3. Nella materia dell’assicurazione, dunque, il nesso utile di accessorietà è identificato in relazione a due presupposti concorrenti :
a) la “relatività” delle operazioni, ossia la loro correlazione a quelle di assicurazione e riassicurazione;
b) la circostanza che esse siano rese da un mediatore o da un intermediario di assicurazione.
Quel che rileva per la Corte è dunque l’attività in sé dell’assicurare, che si sostanzia nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, dietro versamento di un corrispettivo. L’estensione dell’esenzione alle attività dell’intermediario si spiega quindi per la sua idoneità a porre in relazione assicuratore e potenziale Errore. Il segnalibro non è definito.
Non rilevano, invece, ai fini dell’esenzione, le attività successive, come quelle oggetto della delega.
Queste attività sono sì necessarie, ma non già ai fini del perfezionamento dell’operazione di assicurazione, bensì al fine dell’adempimento degli obblighi dell’assicuratore scaturenti dall’operazione già definita.
5.4. E resta allora irrilevante, ai fini dell’esenzione, la prestazione dell’attività in questione, anche se il servizio fosse stato fornito, come sostiene la contribuente, direttamente all’assicurato.
Ciò perché il servizio non consiste nella copertura di un rischio, né è reso da un mediatore o intermediario di assicurazioni. Indubbiamente, nella chiave della rilevanza della sostanza economica dell’operazione, non è necessario che le operazioni delle quali si discute siano rese da soggetto che abbia la qualifica formale di mediatore di assicurazioni (sentenza Aspiro S-4 in causa C-40/15).
Ma è comunque necessario che l’attività in questione comprenda «aspetti essenziali della funzione di intermediario di assicurazione, come ricercare i potenziali clienti e metterli in relazione con l’assicuratore» (in termini, anche sentenza Arthur Andersen, causa C-472/03, punti 33 e 36).
5.5. Il che spoglia di rilevanza la verifica ritenuta, invece, necessaria da altra pronuncia di questa Corte (Cass. 8 marzo 2017, n. 5885), secondo cui ai fini dell’assoggettabiIità delle operazioni di coassicurazione al regime di esenzione iva, occorre verificare se la società coassicuratrice delegataria che gestisce la liquidazione dei sinistri sia anche parte del rapporto in essere con l’assicurato, per avere assunto obbligazioni contrattuali nei suoi confronti sotto il profilo della garanzia della copertura del rischio, sia pure secondo le caratteristiche proprie della coassicurazione.
Difatti, ha ulteriormente specificato la Corte di giustizia, «l’attività consistente nella liquidazione dei sinistri in nome e per conto di un assicuratore, come quella di cui al procedimento principale, non è in alcun modo connessa al fatto di ricercare potenziali clienti e metterli in relazione con l’assicuratore in vista della conclusione di contratti di assicurazione».
E, anche nel caso in esame, è indubbio che le attività delegate svolte dalla contribuente non sono state mirate alla ricerca di potenziali clienti.
6. Si potrebbe, peraltro, sostenere che le attività delegate possano rientrare nello specchio dell’esenzione perché oggetto di mandato, le prestazioni relative al quale sono comunque esentate, a norma dell’art. 10, primo comma, n. 9 del d.P.R. n. 633/72, se «relative alle operazioni di cui ai nn. da 1 a 7», tra le quali sono appunto comprese quelle di assicurazione.
Le attività svolte in esecuzione della clausola di delega s’inscrivono difatti nell’ambito del rapporto di mandato da essa scaturente: la clausola si risolve nel conferimento a uno dei coassicuratori dell’incarico di gestire la polizza, con l’attribuzione di un potere di rappresentanza nel compimento di atti giuridici, fino al pagamento dell’intero indennizzo (Cass. 20 aprile 1990, n. 3302; 14 giugno 1982, n. 3613).
La circostanza che il mandato sia con rappresentanza – oggetto di accertamento in sentenza e sostenuta dalla controricorrente – non giova alla conclusione auspicata dalla contribuente.
6.1. In relazione al mandato senza rappresentanza, che riceve specifica disciplina nell’art. 6 della sesta direttiva (e nel corrispondente art. 28 della direttiva n. 2006/112), si può affermare che se la prestazione di servizi cui il mandatario partecipa è esentata dall’iva, tale esenzione è altresì applicabile al rapporto giuridico tra il mandante e il mandatario (Corte giust. 14 luglio 2011, causa C-464/10, État belge c. Pierre Henfling, Raphaël Davin e Koenraad Tanghe, in qualità di curatori fallimentari della Tiercé Franco-Belge SA, punto 35).
In base al trattamento che ai fini dell ‘Iva il mandato riceve dal diritto unionale, qualora un soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto altrui partecipi ad una prestazione di servizi, si riterrà che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo proprio. La disposizione crea quindi la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente, per effetto della quale l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi, cioè il mandatario, si ritiene che abbia ricevuto, in un primo tempo, i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il mandante, prima di fornire, in un secondo tempo, personalmente tali servizi al cliente (in termini, Cass. 18 dicembre 2013, n. 28285 e 23 ottobre 2013, n. 23899).
Occorre pur sempre, tuttavia, che il mandatario senza rappresentanza partecipi a una prestazione di servizi di natura assicurativa o che comunque risponda al canone di accessorietà sopra illustrato.
6.2. Ad analoghe conclusioni si perviene, peraltro, nel caso del mandato con rappresentanza, come quello in esame, in base a un’interpretazione della disposizione in esame conforme al diritto dell’Unione e alla nozione restrittiva delle esenzioni che la giurisprudenza unionale predica (arg. da Corte giust, in causa C-464/10, cit., punto 32).
Anche per il mandato con rappresentanza bisogna difatti aver riguardo al contenuto dell’attività che ne è oggetto, di modo che in relazione a esso si potrà applicare l’esenzione soltanto qualora il mandatario svolga attività oggettivamente assicurativa, nell’accezione dinanzi indicata, oppure svolga quella propria dell’intermediario o del mediatore in relazione alle prestazioni assicurative.
7. Neanche per quest’aspetto, dunque, si riesce a estendere alle attività oggetto della clausola di delega al coassicuratore il regime dell’esenzione dall ‘iva del quale si discute.
8. Il che ne comporta l’esclusione.
E ciò in applicazione del principio stabilito dalla suddetta sentenza Aspiro, secondo cui «L’art. 135, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/111/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 dev’essere interpretato nel senso che servizi di liquidazione di sinistri, come quelli di cui al procedimento principale, forniti da un terzo in nome e per conto di un’impresa di assicurazione, non rientrano nell’esenzione prevista da tale disposizione».
9. Il secondo motivo, con cui l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 10, primo comma, n. 2, d.P.R. n. 633 del 1972 e 1, I. n. 1216 del 1961 per aver la CTR escluso una lesione del principio di alternatività tra Iva e imposta sull’assicurazioni, ritenendo già esaustiva la tassazione operata, resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
10. Il ricorso va per conseguenza accolto e la sentenza cassata.
S’impone, peraltro, il rinvio alla competente CTR in diversa composizione ai fini dell’esame del trattamento sanzionatorio.
In memoria, difatti, la società ha invocato il trattamento più favorevole riconosciuto per la violazione dell’infedele dichiarazione dell’Iva dall’art. 15 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che era stata commisurata nel minimo all’epoca previsto, evidenziando che tale valore è stato ridotto per effetto della novella e ha chiesto la rideterminazione della sanzione unica irrogata.
10.1. Occorre quindi che il giudice del merito rinnovi la propria valutazione al fine di verificare se sia adeguato alla specifica fattispecie il nuovo valore del minimo previsto per la sanzione conseguente all’infedele dichiarazione dell’Iva, in considerazione degli elementi soggettivi ed oggettivi rilevanti, e se risulti favorevolmente modificato il complessivo trattamento sanzionatorio.
In sede di rinvio il giudice regolerà anche le spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata nei limiti indicati in motivazione e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
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