CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 10058 depositata il 14 aprile 2023
Pretese previdenziali – Impugnazione dell’estratto di ruolo – Vizio di notifica – Omessa produzione delle relate di notifica – Disconoscimento ex artt. 214-216 c.p.c. delle scritture e delle sottoscrizioni – Notifiche a mezzo PEC e indirizzi non inseriti nei pubblici elenchi IPA – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
Con sentenza del 23.12.2020 n. 66, la Corte d’appello di Trento rigettava l’appello di S.B. avverso la sentenza del tribunale di Trento che aveva rigettato il ricorso dallo stesso proposto avverso l’estratto di ruolo richiesto presso l’Agenzia delle Entrate riscossione per verificare l’eventuale sussistenza di pretese previdenziali nei suoi confronti (cfr. pp. 4-5 del ricorso in cassazione), conseguenzialmente in relazione ai prodromici avvisi di accertamento sottesi all’estratto di ruolo impugnato, per alcuni dei quali ha chiesto dichiararsi l’avvenuta decadenza (perché il ruolo era stato reso esecutivo oltre il termine di cui all’art. 25 comma 1 del d.lgs. n. 46/99), mentre per tutti ha chiesto dichiararsi il vizio di notifica (per omessa produzione delle relative relate di notifica).
Il tribunale, quanto all’eccezione di decadenza, ne rilevava la tardività, per essere stata proposta oltre il termine di legge (cfr. p. 4 della sentenza impugnata), mentre quanto al dedotto vizio di notifica degli atti sottesi all’estratto di ruolo, poiché l’art. 30 comma 4 del DL n. 78/10 prevede l’invio della raccomandata con il solo avviso di ricevimento, ne conseguiva che la consegna del plico al domicilio del destinatario, ad avviso del tribunale, faceva presumere la conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo che era onerato dell’eventuale prova che il plico non conteneva alcun atto ovvero un atto diverso da quello spedito: in ogni caso, ciascuno degli avvisi di ricevimento riportava lo stesso numero identificativo del rispettivo avviso di addebito. Infine, l’istanza di rateizzazione riferita a tutte le cartelle dimostrava la piena conoscenza delle stesse.
La Corte d’appello, da parte sua e per quanto ancora d’interesse, confermava la sentenza di primo grado; in particolare, premessa la parziale genericità (ed incomprensibilità) dei motivi di gravame, ha ritenuto in parte nuove le questioni proposte ed in parte irrilevanti ai fini del decidere, mentre ha ritenuto infondata la censura sul difetto di motivazione in punto di disconoscimento della conformità delle copie degli avvisi di ricevimento agli originali prodotti dall’Inps.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, S.B. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps e l’Inail resistono con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 214, 215 e 216 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., con conseguente vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché il tribunale non aveva attribuito rilevanza al disconoscimento, ex artt. 214-216 c.p.c., delle scritture e delle sottoscrizioni operato dal ricorrente (che è diverso dal disconoscimento della conformità della copia all’originale, ex art. 2719 c.c. e che, a differenza di quest’ultimo, non abbisogna di alcun tipo di specificità) e l’errore del primo giudice aveva coinvolto anche la decisione del secondo giudice.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 3 bis della legge n. 53/94, con riferimento alle notifiche effettuate via PEC, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per inesistenza delle notifiche stesse, perché la notifica via PEC era avvenuta mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica non risultanti da pubblici elenchi (per assicurare la necessaria certezza sulla provenienza dell’atto da notificare).
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per l’inesistenza delle notifiche effettuate via PEC dagli Enti convenuti, poiché provenienti da indirizzi non inseriti nei pubblici elenchi IPA.
Il primo motivo è inammissibile, perché non si confronta e non contrasta la statuizione che il disconoscimento effettuato dal ricorrente in primo grado è stato tardivo, perché non avvenuto in occasione della prima risposta o della prima udienza successiva alla produzione, ex art. 215 c.p.c., da parte dell’Inps delle copie degli avvisi di ricevimento delle cartelle e degli avvisi d’addebito notificati.
In proposito, la Corte d’appello ha evidenziato che nell’atto di appello l’odierno ricorrente ha richiamato una sentenza dove si precisava che il disconoscimento debba avvenire in modo specifico ed inequivoco, così che l’appellante aveva dimostrato adesione al principio di diritto espresso dal giudice di primo grado, principio, questo, che non era stato rispettato nell’effettuazione del disconoscimento. Inoltre, il ricorrente non si confronta neppure con la statuizione della Corte d’appello che il disconoscimento specifico della sottoscrizione prodotta in copia era nuovo in grado di appello e, pertanto, inammissibile (così come la questione sollevata sulla mancanza della raccomandata informativa e sulla notifica a persona diversa dal destinatario; cfr. p. 11 della sentenza impugnata).
Il secondo e terzo motivo di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perché connessi, sono inammissibili, perché non si confrontano con la statuizione della Corte d’appello che i motivi di gravame riferiti alla mancanza dell’estratto INI-PEC e la carenza di firma digitale integrano eccezioni nuove come tali inammissibili, in quanto mai sollevate in primo grado; tale motivo non si confronta neppure con la statuizione che il vizio di conoscenza degli atti notificati via PEC è, comunque, insussistente, attesa che la presentazione dell’istanza di rateizzazione aveva comportato la piena conoscenza degli atti impositivi.
Va, comunque, dato atto che secondo il recente insegnamento delle sezioni unite di questa Corte, n. 26283/22, c’è carenza d’interesse ad agire nel caso di impugnazione dell’estratto di ruolo, salvo i casi espressamente previsti.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in favore di ognuno dei due controricorrenti.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida nell’importo di € 4.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali ed altre accessori di legge, in favore sia di Inps che di Inail.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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