Corte di Cassazione, ordinanza n. 15359 depositata il 31 maggio 2023
Fallimento – Istanza di esdebitazione – Ipotesi ostative della meritevolezza ex art. 142, comma 1, L.F. – Tassatività – Direttiva INSOLVENCY – Fondamento.
Fallimento di società – Istanza di esdebitazione – Proposizione da parte di socio fallito in estensione – Ricorrere della circostanza ostativa di cui al secondo comma dell’art. 142 L.F. – Mancata soddisfazione, anche parziale, dei creditori – Riscontro – Criteri valutativi da adottarsi.
RILEVATO CHE
1. – il Tribunale di Ascoli Piceno ha negato il beneficio dell’esdebitazione ex art. 142 l.fall. a P.L. – dichiarato fallito con sentenza del 5 maggio 2005, quale socio illimitatamente responsabile della società R.V. di R.G. & C. s.n.c. unitamente ai soci R.G., L.P. e B.B.;
1.1 – la Corte d’appello di Ancona, con decreto del 29/6/2020, ha rigettato il reclamo proposto da P.L. contro il provvedimento, richiamando i principi di Cass. Sez. U, 24214/2015 ed escludendo, in sintesi, la ricorrenza sia del presupposto oggettivo previsto dall’art. 142, secondo comma, fall. (stante l’irrisoria percentuale di soddisfazione dei creditori, inferiore al 2%, con pagamento solo dei creditori privilegiati per euro 24.111,03 su un totale di euro 712.895,70 a fronte di crediti complessivi rimasti insoddisfatti per euro 1.204.865,20, di cui 516.080,62 chirografari), sia del requisito soggettivo della meritevolezza, di cui al primo comma della norma (trattandosi di «gestione aziendale connotata da perduranti e gravi illeciti tributari» posti in essere negli anni 1996-1998, con un passivo costituito quasi esclusivamente da debiti verso il fisco);
1.2 –P.L. ha proposto ricorso straordinario per la cassazione del decreto, affidato a due motivi; gli intimati non hanno svolto difese;
2. – con ordinanza interlocutoria n. 11248 del 06/04/2022 la sezione 6-1 di questa Corte ha disposto la trattazione congiunta del ricorso con quelli analoghi ricorsi presentati dai soci L.P. e R.G..
CONSIDERATO CHE
3. – con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi e degli artt. 142, 143 e 144 l.fall. «con riferimento all’affermata insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge ai fini del riconoscimento del beneficio dell’esdebitazione», sotto il profilo della meritevolezza, e per «mancato e/o non corretto utilizzo dei principi richiamati dalla norma nella valutazione delle prove versate in atti»;
3.1 – il motivo è fondato, poiché i rilievi mossi dalla corte d’appello sotto il profilo soggettivo della meritevolezza esulano dalle ipotesi tassativamente indicate nei numeri da 1) a 6) dell’art. 142, primo comma, l.fall.;
3.2 – in particolare, il riferimento agli illeciti fiscali posti in essere dalla società, in periodi risalenti da nove a sette anni prima della dichiarazione di fallimento (che peraltro non è stato aperto su ricorso dell’Amministrazione finanziaria), esorbita dal perimetro tracciato nel n. 5 (distrazione dell’attivo o esposizione di passività inesistenti; dissesto cagionato o aggravato rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio; ricorso abusivo al credito) e nel n. 6 (condanna definitiva per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salva la riabilitazione) del primo comma dell’art. 142 l.fall., senza che sul punto siano state individuate concrete responsabilità personali del ricorrente, né richiamate eventuali ulteriori allegazioni del curatore o del comitato dei creditori con riguardo ad eventuali condotte di mancata cooperazione con gli organi della procedura (n. 1), ritardo nel suo svolgimento (n. 2), violazione dell’obbligo di consegna al curatore della corrispondenza relativa ai rapporti patrimoniali compresi nel fallimento (n. 3), beneficio di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la domanda (n. 4);
3.3 – la tassatività delle ipotesi contemplate dall’art. 142, comma 1, l.fall. va affermata anche alla luce dell’art. 23 della direttiva (UE) 2019/1023 (cd. direttiva Insolvency), che circoscrive la facoltà degli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni che negano o limitano l’accesso all’esdebitazione, in deroga ai precedenti articoli da 20 a 22, facendo riferimento, tra l’altro, a condotte personali dell’imprenditore «disoneste o in malafede ai sensi del diritto nazionale» (par. 1) ovvero a «determinate circostanze ben definite e nei casi in cui tali deroghe siano debitamente giustificate» (par. 2), stante il favor dell’ordinamento unionale per l’istituto dell’esdebitazione (“discharge of debt”) cui è dedicato l’intero Tit. III della direttiva medesima;
4. – il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 142, 143 e 144 l.fall., con riguardo al presupposto oggettivo dell’esdebitazione, nonché «omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativa alla meritevolezza soggettiva ed oggettiva, mancato e/o non corretto utilizzo dei principi previsti dalla norma indicata nella valutazione dei requisiti e nell’analisi delle prove versate in atti»;
4.1 – anche questa censura è fondata;
4.2 – questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la valutazione della circostanza ostativa di cui al secondo comma dell’art. 142 l.fall., che ricorre «qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali», pur essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, deve essere operata secondo un’interpretazione coerente con il favor debitoris che ispira la norma, sicché, ove ricorrano gli altri presupposti, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso, a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria” (Cass. 15246/2022; 7550/2018; Cass. Sez. U, 24214/2011);
4.3 – nel caso in esame, la corte territoriale ha compiuto la valutazione di irrisorietà della percentuale di soddisfazione dei creditori ponendo a raffronto solo l’attivo distribuito e il passivo totale dei fallimenti (della società e dei tre soci), senza distinguere fra passività societarie e passività dei singoli soci (quello del ricorrente pari a 717.590,01 euro), senza tener conto del valore dell’attivo fallimentare acquisito (413.380,29 euro, di cui 290.000 per un immobile e 106.100,70 per mobili), ben superiore rispetto a quello poi realizzato (143.252,07 euro, anche a seguito delle innumerevoli aste andate deserte) ed ancor più a quello residuato per il pagamento dei creditori privilegiati (24.125,00 euro), essendo stati “consumati” in prededuzione ben 119.127,07 euro, in una procedura protrattasi per 13 anni;
4.4 – il rilievo è decisivo se si considera che, applicando e combinando variamente i parametri evidenziati, la percentuale irrisoria di soddisfacimento inferiore al 2%, individuata dalla corte territoriale, può ascendere fino al 30% (si vedano le diverse ipotesi di calcolo prospettate a pag. 16 del ricorso);
4.5 – il decreto va quindi cassato con rinvio, affinché la corte territoriale, alla luce degli aspetti sopra evidenziati, svolga in modo più approfondito l’analisi circa il presupposto oggettivo del parziale soddisfacimento dei creditori concorsuali e della sua eventuale irrisorietà – da parametrare a percentuali talmente minime da considerarsi irrilevanti e tali che, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura, non siano in grado di rappresentare in concreto, neppure parzialmente, il concetto di “soddisfacimento” (cfr. Cass. 15246/2022) – fermo restando che, in caso di esdebitazione del socio illimitatamente responsabile di una società, fallito in estensione, devono considerarsi creditori concorsuali anche quelli della società, in quanto, pur rimanendo distinte le diverse procedure, il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per intero anche nel fallimento dei singoli soci (Cass. 16263/2020);
4.6 – il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.