CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 18403 depositata il 28 giugno 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF, IVA e IRAP – Motivazione apparente – Difetto di competenza – Tardiva notificazione dell’atto impositivo – Carenza di potere del soggetto che ha sottoscritto l’avviso di accertamento – Rigetto
Rilevato che
– La Commissione tributaria provinciale di Bari rigettava il ricorso proposto da A.C., esercente la professione di notaio, avverso un avviso di accertamento, per IRPEF, IVA e IRAP, emesso a seguito di ripresa a tassazione di maggiori compensi derivanti dall’attività professionale per l’anno 2009;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto dalla contribuente, rilevando, per quanto interessa in questa sede, che:
– l’avviso di accertamento impugnato era illegittimo, in quanto l’Ufficio competente ad emettere l’atto impositivo era quello di (…) e non quello di (…), avendo la contribuente iniziato la propria attività di notaio nel 2004 ad (…) e poi trasferito la stessa a (…);
– l’avviso di accertamento impugnato era stato notificato alla contribuente a mezzo di servizio postale, con raccomandata AG (…), consegnata e accettata dall’Ufficio postale solo in data 5.01.2015, oltre il termine di decadenza previsto per l’attività di accertamento in relazione all’anno d’imposta oggetto di verifica, avendo l’Agenzia delle Entrate fornito, come prova della notifica, solo un “foglio interno”, privo di valore probatorio, stampato dal servizio di consultazione on line di Poste Italiane s.p.a., sul quale non risultava apposta la sottoscrizione per ricevuta;
– l’atto impugnato era ad ogni modo nullo e giuridicamente inesistente, in quanto non firmato dal direttore della Direzione provinciale di (…) dell’Agenzia delle Entrate, Dott.ssa I.A.M., bensì dal capo (…), C.M., mancando “il requisito della firma apposta da chi è titolato a farlo”;
– ulteriore profilo di nullità dell’avviso di accertamento riguardava la mancata osservanza del termine dilatorio di sessanta giorni, previsto dalla l. n. 212 del 2000, art. 12 comma 7;
– nel merito, l’avviso di accertamento era illegittimo per mancanza di motivazione; l’Agenzia non aveva fornito alcuna prova del mancato ribaltamento dei costi per le visure e non aveva spiegato le ragioni per le quali aveva disconosciuto la documentazione esibita dalla contribuente; ogni singola spesa andava collegata alla prestazione eseguita (atto rogato), al fine di verificare l’esatto ammontare dell’addebito per ottenere l’esclusione delle somme incassate ai fini impositivi;
– l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
– A.C. resisteva con controricorso.
Considerato che
– Con il primo motivo, la ricorrente Agenzia denuncia la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in quanto la stessa si limita a trascrivere, anche in modo disorganico, alcune parti dell’atto di appello della contribuente, senza spiegare le ragioni della riforma della sentenza di primo grado e dell’infondatezza delle deduzioni svolte dall’Ufficio in ordine ai motivi dell’appello;
– il motivo è infondato, avendo questa Corte più volte affermato che “Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato” (Cass. sez. un., n. 642 del 16/01/2015);
la motivazione della sentenza impugnata, nonostante la trascrizione di parti dell’atto di appello (circostanza non contestata dalla controricorrente), non rientra nei paradigmi invalidanti indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, atteso che le sue argomentazioni risultano comunque idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
– con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 600 del 1973, artt. 31 e l. n. 244 del 2007, 1, comma 360, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistente un difetto di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha adottato l’atto impositivo, benché il Regolamento di Amministrazione dell’Agenzia, modificato con delibera del Comitato di Gestione dell’Agenzia delle Entrate n. 55 del 31.010.2008, in esecuzione della l. n. 244 del 2007, art. 1 comma 360, avesse individuato nella Direzione Provinciale di (…) l’Ufficio competente a svolgere l’attività di accertamento e di controllo in relazione a tutti i Comuni della Provincia di (…), ivi compreso, quindi, il Comune dove aveva il proprio domicilio fiscale la contribuente;
– con il terzo motivo, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’Ufficio non avesse fornito la prova della tempestività della notificazione dell’avviso di accertamento, sostenendo che era stato prodotto solo un foglio a “rilevanza interna”, mentre era stata documentata, fin dal primo grado del giudizio, la tempestiva notificazione dell’atto impositivo, avvenuta in data 31.12.2014, mediante la produzione dell’elenco dei pieghi raccomandati e assicurati all’agenzia postale, presi in carico dall’agente postale in data 31.12.2014, che ha firmato detto elenco, fra i quali risulta anche la raccomandata AG (…);
– con il quarto motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 42 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto l’invalidità dell’atto impositivo perché non sottoscritto dal direttore della Direzione provinciale di (…), benché l’Ufficio avesse prodotto in primo grado la documentazione da cui si poteva evincere il conferimento della delega al funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento impugnato;
– con il quinto motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 12 per avere la CTR erroneamente ritenuto che fosse necessaria la redazione di un processo verbale di constatazione, nonostante si trattasse di verifica svolta presso i locali dell’Agenzia delle Entrate, per cui non si applicava il termine dilatorio previsto solo in caso di accesso, ispezione e verifica fiscale effettuate presso la sede dell’impresa o l’ufficio del professionista;
– gli ulteriori motivi sono inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, sebbene la controricorrente non abbia contestato il secondo e il quinto motivo;
– secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, quando la sentenza di merito impugnata si fonda – come nel caso in esame – su più “rationes decidendi” autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le “rationes”; l’omessa impugnazione di una di essere rende, dunque, inammissibile, per difetto di interesse, le censure relative alle altre, le quali, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. 27/07/2017, n. 18641; Cass. 14/02/2012, n. 2108; Cass. 3/11/2011, n. 22753);
– la CTR non si è limitata ad accogliere i motivi di appello, riguardanti la competenza territoriale dell’Ufficio che ha emesso l’avviso impugnato, la decadenza dal potere accertativo per tardiva notificazione dell’atto impositivo, la carenza di potere del soggetto che ha sottoscritto l’avviso di accertamento e il mancato rispetto del termine dilatorio, ma ha esaminato la pretesa anche nel merito, ritenendola infondata;
– la ricorrente non ha contestato questa ulteriore ratio decidendi, per cui gli altri motivi sono inammissibili.
– in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in Euro 4.100,00 per compenso, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali (15% sul compenso) ed accessori di legge.
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