Corte di Cassazione ordinanza n. 20030 del 21 giugno 2022
processo tributario – Avviso accertamento – maggior reddito distribuzione utili occultati – Inammissibilità appello – Non specificità motivi
Ritenuto in fatto
1. I.P. impugnava dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva accertato a suo carico un maggior reddito di € 70.000,00, nell’anno di imposta 2012, derivante da distribuzione di utili occultati da un fittizio finanziamento eseguito in favore della G.I. s.r.l., partecipata dal contribuente al 50%, operando le conseguenti riprese fiscali.
2. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso.
3. L’appello proposto dall’Ufficio veniva dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania per carenza nell’enunciazione specifica dei motivi di impugnazione. I giudici di secondo grado si pronunciavano anche sul merito, confermando le ragioni che avevano portato i giudici di primo grado ad annullare l’atto impositivo.
4. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo due motivi. Il contribuente è rimasto intimato.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Ritenuto in diritto
1. Con il primo motivo l’ufficio ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del D.Lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo, a suo dire, la CTR errato nel ritenere inammissibile l’appello per genericità dei motivi di impugnazione.
2. Con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, 4, c.p.c., essendo la CTR, nella parte in cui ha statuito sul merito, incorsa nel vizio di motivazione sub speciedi motivazione mancante o motivazione apparente.
3. Il primo motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha dichiarato l’appello inammissibile in quanto “del tutto carente in ordine all’enunciazione dei motivi di gravame derivanti dalla soccombenza patita in primo grado”, in violazione della norma del processo tributario contenuta dall’art. 53 del d.lgs. 546/1992, il quale stabilisce l’inammissibilità del ricorso in appello “se manca o è assolutamente incerto uno degli elementi sopra citati”, tra cui l’indicazione dei “motivi specifici dell’impugnazione”.
Tale ultima disposizione deve essere letta in conformità con la giurisprudenza di questa Corte,la quale nella sentenzan. 707/2019 ha affermato che: <<Nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello (per difetto di specificità dei motivi), prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia (dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione)>>.
È stato, inoltre, stabilito che <<nel processo tributario, ove l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53>> (Cass. 7369/2017); e ancora che <<in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi essere ricavati, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni>> (Cass. 9083/2017;20379/2017).
3.1 Nel caso di specie, risulta dall’atto di appello, integralmente trascritto, in ossequio al principio di specificità, nel corpo ricorso per Cassazione, che l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto ribadito puntualmente le doglianze presentate in primo grado, di per sé già sufficienti ad assolvere l’onere di impugnazione specifica in base al principio enunciato dalla sentenza 7369/2017. In secondo luogo, viene censurata specificamente la sentenza della CTP per la mancata sospensione del giudizio in attesa del giudicato della sentenza CTP Frosinone, posta alla base della decisione del caso in esame e oggetto a sua volta di appello davanti alla CTR Lazio. Non sono quindi ravvisabili la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
3.2 In conclusione, la CTR ha errato nel ritenere l’appello inammissibile, non essendosi adeguata ai principi di diritto sopra citati.
4. Il secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse, essendo rivolto avverso una parte della motivazione che è priva di effetti giuridici. Infatti, per quanto riguarda la parte della sentenza che, dopo aver affermato l’inammissibilità dell’appello, lo ha dichiarato in ogni caso infondato anche nel merito, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare che: <<Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione>> (Cass. 11675/2020; in senso conforme 2037/2018). E ancora che <<la statuizione di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio spoglia il giudice della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, sicché eventuali improprie statuizioni della sentenza adottate adabundantiam sul merito, debbono ritenersi tamquam non essent, in quanto prive di efficacia nei confronti delle parti che non hanno l’onere, né hanno interesse ad impugnarle, dovendo riconoscersi ammissibile esclusivamente la impugnazione proposta avverso la statuizione pregiudiziale>> (cfr. Cass S.U. nn. 3840/2017, 27049/2014, 17004 2015 e 9319/2016).
4.1 Nel caso di specie manca una valida pronuncia sul merito, essendo stata resa la – ultronea – decisione di rigetto della impugnazione proposta dall’Ufficio, espressamente ad abundantiam, dopo che il giudice di secondo grado aveva prospettato l’inammissibilità dell’appello per carenza nell’enunciazione specifica dei motivi di impugnazione ex art. 53 del d.lgs. 546/1992.
5. Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Regionale della Campania in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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