Corte di Cassazione ordinanza n. 21180 depositata il 5 luglio 2022
motivata “per relationem – motivazione apparente
rilevato che:
dall’esposizione in fatto della pronuncia impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società T.P. di B.G. e E.R. s.n.c., nonché ai soci E.R. e B.G., rispettivi avvisi di accertamento, relativi agli anni 2004 e 2005, con i quali, per quanto di interesse, aveva contestato: nei confronti della società, l’indebita deduzione di costi, ai fini Ires e Irap, e l’indebita detrazione dell’iva, oltre sanzioni, in relazione a fatture passive ricevute dalla suddetta società per lavori conferiti in subappalto ad altre imprese, ritenute relative a operazioni inesistenti; nei confronti dei soci, il maggiore reddito, ai fini Irpef, ai sensi dell’art. 5, TUIR; avverso l’atto impositivo la società ed i soci avevano proposto separati ricorsi che, previa riunione, erano stati parzialmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Terni, avendo ritenuta non legittima la pretesa relativa ai costi per i lavori conferiti in subappalto; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;
la Commissione tributaria regionale dell’Umbria ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: il giudice di primo grado aveva fornito un’adeguata motivazione della propria decisione, concludendo per l’illegittimità della pretesa relativa ai costi non deducibili all’esito di una sufficiente disamina di tutta la documentazione, non solo delle emergenze del giudizio penale; le prove assunte nel processo penale avevano smentito il presupposto dell’accertamento, dando conferma dell’effettiva esecuzione dei lavori da parte delle società alle quali gli stessi erano stati conferiti in subappalto;
avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi di censura, cui hanno resistito la società T.P.s di B.G. & c. s.a.s., la società T.P. di B. G. e R. E. s.n.c., nonché B.G., in proprio, depositando controricorso, illustrato con successiva memoria;
questa Corte, con ordinanza del 9 giugno 2021, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, assegnando termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti del socio E.R., non risultando la notifica del ricorso nei suoi confronti, ed onerando, altresì, la ricorrente di produrre la visura storica camerale della società;
si è quindi costituito, il socio E.R., depositando controricorso, illustrato con successiva memoria;
considerato che:
preliminarmente, va rilevata l’integrità del contraddittorio, avendo parte ricorrente provveduto all’integrazione del contraddittorio nei confronti del socio pretermesso, il quale si è costituto nel presente giudizio;
ancora preliminarmente, va disattesa l’eccezione di tardività della notifica del ricorso proposta dai controricorrenti T.P.s di B.G. & c. s.a.s., la società T.P. di B. G. e R. E. s.n.c., nonché B.G., in proprio;
invero, il ricorso risulta notificato a mezzo pec, presso il procuratore costituito in secondo grado, in data 17 novembre 2015;
dovendosi applicare, al caso di specie, il termine di decadenza di cui all’art. 327, comma primo, cod. proc. civ., al termine di sei mesi, decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza censurata (17 aprile 2015) e dunque con scadenza il 17 ottobre 2015, va aggiunto il periodo di sospensione dei termini processuali di cui all’art. 1, legge n. 742/1969 di 31 giorni, decorrente dal giorno successivo al suddetto termine, sicchè il termine ultimo valido per la notifica era il 17 novembre 2015, con conseguente tempestività della notifica; ancora preliminarmente, va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della società T.P. di B.G. & C. s.a.s.;
invero, si evince dalla visura camerale prodotta su disposizione di questa Corte che la società T.P. di B.G. & C. s.a.s. aveva, dal giorno 1 luglio 2003, la precedente denominazione di T.P. s.n.c. di B. e R., sicchè correttamente il presente ricorso risulta notificato alla suddetta società, già T.P. s.n.c. di B. e R., come correttamente precisato nel ricorso;
ciò definito in via preliminare, può quindi procedersi all’esame nel merito dei motivi di ricorso;
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per nullità della sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, e dell’art. 132, cod. proc. civ., per avere reso una motivazione apparente, anche con riferimento all’art. 112, cod. proc. civ.;
evidenzia parte ricorrente che, nonostante con l’atto di appello si era censurata la statuizione del giudice di primo grado per avere dato rilevanza alle sole prove testimoniali rese nel processo penale, dovendosi, invece, tenere conto di tutto il complessivo quadro indiziario emerso in sede di verifica e posto a fondamento degli avvisi di accertamento, il giudice del gravame ha statuito mediante una pronuncia meramente confermativa della statuizione di primo grado; invero, secondo parte ricorrente, gli avvisi di accertamento si erano basati su diversi elementi presuntivi, non valutati dai giudici di merito, in particolare: la descrizione sintetica dei lavori contenuta nelle fatture; l’assenza di autorizzazione da parte degli enti appaltanti di eseguire lavori in subappalto; la fittizietà dei pagamenti, come ricavabili dalle movimentazioni bancarie dei conti correnti intestati ai soci ed alle loro coniugi;
sicchè, secondo parte ricorrente, la sentenza di primo grado, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame, si era basata unicamente sulle risultanze delle prove testimoniali assunte nel processo penale, non anche sul quadro complessivo degli elementi presuntivi prospettati dall’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che la sentenza censurata sarebbe apparente, avendo solo apoditticamente affermato che il giudice di primo grado aveva esaminati ulteriori elementi, oltre alla prova testimoniale, e non avrebbe dato compiuta risposta alla ragione di doglianza prospettata dalla ricorrente all’atto di appello;
il motivo è infondato;
il giudice del gravame ha espressamente esaminato la questione, prospettata dalla ricorrente con il proprio atto di appello, diretta a censurare la pronuncia del giudice di primo grado che, nel definire il giudizio, aveva ritenuto di dare rilevanza alle sole prove testimoniali assunte nel giudizio di primo grado, senza tenere conto degli ulteriori elementi indiziari posti a fondamento della pretesa dell’amministrazione finanziaria;
in particolare, in sentenza è espressamente riportata la ragione di doglianza prospettata dalla ricorrente, in particolare relativa al fatto che: “l’Ufficio, dopo avere evidenziato l’autonomia tra il processo penale e quello tributario, sostiene che la sentenza penale di assoluzione è basata su dichiarazioni testimoniali, aventi natura meramente indiziaria nel processo tributario e, pertanto, inidonee in tal sede a potere fondare da sole il convincimento del giudice”; proprio in relazione alla suddetta ragione di doglianza, il giudice del gravame ha ritenuto di pronunciarsi, evidenziando che: “Contrariamente a quanto prospettato dall’ufficio, la Commissione provinciale ha fornito una adeguata motivazione della propria decisione, concludendo per l’illegittimità parziale dell’accertamento all’esito di una sufficiente disamina di tutta la documentazione, e non solo delle emergenze del giudizio penale”;
tale specifico accertamento in ordine alle ragioni della decisione del giudice di primo grado, oggetto di doglianza da parte dell’amministrazione finanziaria, è stato quindi compiuto dal giudice del gravame, sicchè non può ragionarsi in termini di violazione dell’art. 112, cod. proc. civ.;
né può ritenersi che la motivazione sia apparente;
il giudice del gravame ha tenuto conto del contenuto della statuizione del giudice di primo grado ed ha espressamente evidenziato che le prove testimoniali assunte in sede penale avevano “categoricamente smentito il presupposto dell’accertamento, confermando l’effettiva esecuzione dei lavori da parte della varie imprese sub-appaltatrici per conto della New Picture snc, nonché i pagamenti tramite assegni o bonifici”;
inoltre, proprio con riferimento agli ulteriori elementi dedotti dall’amministrazione finanziaria, il giudice del gravame ha ritenuto che il giudice di primo grado aveva “correttamente concluso per l’accoglimento del ricorso in quanto gli elementi addotti a sostegno dell’accertamento non sono risultati idonei a sminuire la valenza probatoria delle suddette prove. Al di là della confusione contabile, è infatti emerso che i costi sono stati effettivamente sostenuti dalla società”;
pertanto, non solo il giudice del gravame, mediante il riferimento alla pronuncia del giudice di primo, ha ritenuto che gli elementi di prova derivanti dal processo penale potessero avere rilevanza anche nel giudizio tributario, ma ha, altresì, ritenuto che l’idoneità probatoria degli stessi non poteva recedere rispetto agli elementi di prova presuntiva posti a fondamento della pretesa impositiva;
questa Corte ha precisato che, in tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma primo., n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., la motivazione solo apparente che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Cass. civ., 25 ottobre 2018. n. 27112);
nel caso in esame, non solo, come visto, il giudice del gravame ha preso espressamente in considerazione la ragione di doglianza dell’amministrazione finanziaria, ma ha ritenuto che, alla luce delle prove testimoniali assunte nel processo penale, era “emerso che i costi in questione sono stati effettivamente sostenuti dalla società”, non assumendo rilevanza gli elementi di prova presuntiva posti a fondamento della pretesa;
vi è, dunque, un’autonoma valutazione delle risultanze probatorie che non consente di ritenere viziata la pronuncia per motivazione apparente;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 56, comma 5, d.P.R. n. 633/1972, e dell’art. 654, cod. proc. pen., nonché dell’art. 7, d.lgs. n. 546/1992, per avere basato la decisione sulle risultanze probatorie acquisite nel processo penale, in quanto i fatti accertati nel giudizio penale non hanno immediato valore probatorio nel giudizio tributario, ma si rende necessaria una autonoma valutazione, procedendo ad un loro apprezzamento anche in relazione agli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio;
evidenzia, inoltre, parte ricorrente che il giudizio penale non aveva statuito in ordine a tutti i fatti in contestazione in sede tributaria, avendo riguardato solo una parte dei costi di lavorazione contestati per l’anno 2004 e 2005;
il motivo è infondato;
la sentenza censurata ha provveduto ad un esame della valenza probatoria delle risultanze del processo penale anche mediante il richiamo alla valutazione già espressa dal giudice di primo grado; quest’ultima pronuncia, in particolare, aveva già esaminato la rilevanza, nel processo tributario, delle prove testimoniali assunte nel giudizio penale, ed aveva ritenuto, a seguito di specifica analisi delle stesse, che le suddette prove testimoniali avevano evidenziato, “in maniera inequivocabile che le fatture pagate dai diversi fornitori ed imprese per le attività indicate nelle fatture medesime (ed oggetto di contestazione da parte dell’ufficio finanziario) si riferivano a prestazioni effettivamente eseguite e che i pagamenti avvenivano a mezzo di assegni e bonifici”;
il contenuto della suddetta pronuncia, come detto, è stato fatto proprio dal giudice del gravame che, proprio alla luce delle risultanze probatorie già esaminate e valutate dal giudice di primo grado, ha ritenuto che era emerso che i costi in questione erano stati effettivamente sostenuti dalla società;
non può, quindi, ragionarsi in termini di violazione di legge, non essendo stata fatta un’automatica trasposizione nel giudizio tributario delle conclusioni del giudizio penale, atteso che le prove testimoniali sono state valutate con un autonomo giudizio critico, anche alla luce degli ulteriori elementi presuntivi fatti valere dall’amministrazione finanziaria (descrizione sintetica dei lavori contenuta nelle fatture; assenza di autorizzazione da parte degli enti appaltanti di eseguire lavori in subappalto; fittizietà dei pagamenti, come ricavabili dalle movimentazioni bancarie dei conti correnti intestati ai soci ed alle loro coniugi);
sotto quest’ultimo profilo, proprio l’accertamento in ordine alla effettività dell’esecuzione delle prestazioni comporta la irrilevanza delle generiche indicazioni contenute nelle fatture ovvero dell’assenza di autorizzazione al subappalto, avendo assunto rilievo, nella logica della pronuncia censurata, la verifica in fatto della sussistenza sostanziale dell’operazione;
lo stesso deve dirsi con riferimento alla prova presuntiva relativa ai pagamenti, avendo sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado accertato che gli stessi erano effettivamente avvenuti;
né può rilevare il profilo di censura relativo alla parziale non corrispondenza tra quanto statuito nel processo penale ed i fatti in contestazione in sede tributaria: lo stesso, invero, costituisce una questione di accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame laddove ha ritenuto che tutte le prestazioni risultavano eseguite alla luce delle risultanze delle prove assunte nel giudizio penale;
in conclusione, i motivi sono infondati, con consegue rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dei controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di T.P.s di B.G. & c. s.a.s., nonché T.P. di B. G. e R. E. s.n.c., nonché di B.G., che si liquidano in complessive euro 15.000,00, oltre spese generali nella misura del quindici per cento, euro 200,00 per esborsi, ed accessori, nonché in favore di E.R. che si liquidano in complessive euro 15.000,00, oltre spese generali nella misura del quindici per cento, euro 200,00 per esborsi, ed accessori.