Corte di Cassazione ordinanza n. 23360 depositata il 26 luglio 2022
non corrispondenza del collegio – motivazione dell’atto di riclassamento da parte dell’amministrazione finanziaria
RILEVATO CHE
D.V. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 6216/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento con il quale, a seguito di presentazione di DOCFA, era stato confermato il classamento già attribuito all’immobile di proprietà del contribuente;
l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
il ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1 con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (artt. 3 comma 58 L. n. 662/1996 e 7 L. n. 212/2000) per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di accertamento impugnato, in rettifica di una proposta di variazione DOCFA per diversa distribuzione dei suoi spazi interni, sebbene fossero in esso riportati solo i dati catastali variati rispetto a quelli denunciati;
1.2 con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli 20 e 17 R.D. n. 652/1939, 40 ss. Reg. n. 1142/1949, 20 R.D. n. 652/1939, 1 ss. DM n. 701/1994 per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso che la ristrutturazione di un immobile con ridistribuzione degli spazi interni comporti una variazione con aggiornamento della classe e categoria catastale;
1.3 le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese;
1.4 va premesso, al riguardo, che nella fattispecie viene in considerazione un avviso di accertamento che ha rideterminato classe, e rendita catastale, di un’unità immobiliare oggetto di dichiarazione di variazione (del 5 marzo 2016) per diversa distribuzione degli spazi interni (r.d.l. n. n. 652 del 1939, art. 3; d.p.r. n. 1142 del 1949, art. 56);
1.5 va, ancora, considerato che la Corte ha interpretato in termini modulari la generale portata precettiva dell’obbligo di motivazione, termini, questi, correlati alle specifiche discipline di ciascun tributo, alla funzione assolta da ciascun atto impositivo e, conclusivamente, alla maggiore o minore articolazione della medesima fattispecie costitutiva del potere (v., ex plurimis, , 17 maggio 2017, n. 12251; Cass., 16 marzo 2015, n. 5190; Cass., 28 novembre 2014, n. 25329; Cass., 20 giugno 2013, n. 15495; Cass., 3 agosto 2012, n. 14027; Cass., 10 giugno 2009, n. 13335; Cass., 7 maggio 2008, n. 11082; Cass., 16 dicembre 2005, n. 27758);
1.6 in tale prospettiva vanno, quindi, lette le diverse ricostruzioni che sono emerse nella giurisprudenza della Corte quanto alla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento catastale, congruità riconosciuta, – in relazione, così come nella fattispecie, alla dichiarazione presentata dal contribuente, – sulla base dell’indicazione della consistenza, della categoria e della classe acclarati dall’ufficio tecnico erariale, posto che siffatti dati sono sufficienti a porre il contribuente nella condizione di difendersi (v. Cass., 3 aprile 1992, n. 4085 cui adde Cass., 30 giugno 2011, n. 14379; Cass., 11 gennaio 2006, n. 333; Cass., 1 luglio 2004, n. 12068), laddove ad analoghe conclusioni si è pervenuti quanto alla dichiarazione presentata secondo la procedura cd. Docfa – anche qui rilevando come sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile (v., ex plurimis, Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319), – salvo l’obbligo di specifica motivazione della rettifica dei dati esposti nella dichiarazione, con conseguente necessità di una motivazione più approfondita volta ad evidenziarne le ragioni, ove immutati gli «elementi di fatto» indicati nella proposta formulata dal contribuente (v., ex plurimis, Cass., 28 ottobre 2020, n. 23674; Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237);
1.7 solo a fronte di una più complessa articolazione delle fattispecie costitutive del potere (di riclassamento delle unità immobiliari), si è venuto quindi a delineare, in termini speculari, un più esteso ambito delle ragioni giustificative dell’esercizio del potere stesso e, con queste, della motivazione che le racchiude, motivazione, questa, che allora deve estendersi agli (specifici) presupposti giustificativi del riclassamento, ed alle conseguenti ricadute, non potendosi più risolvere nella sola indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (v., con riferimento alla 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, c. 58, Cass., 23 ottobre 2017, n. 25037; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2184; Cass., 30 luglio 2014, n. 17322; Cass., 20 settembre 2013, n. 21532; in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, v., altresì, Cass., 31 ottobre 2014, n. 23247; Cass., 3 luglio 2013, n. 16643; Cass., 8 marzo 2013, n. 5784; Cass., 13 giugno 2012, n. 9629);
1.8 nella fattispecie, per come esposto nello stesso motivo di ricorso, non è dubbio che il riclassamento sia conseguito da una difforme valutazione economica dell’unità immobiliare, da parte dell’amministrazione, e senza alcuna immutazione dei dati fattuali esposti nella dichiarazione di variazione (immutazione che, difatti, non viene nemmeno prospettata);
1.9 la CTR, quindi, ha correttamente escluso la sussistenza di una variazione effettiva dello stato dell’immobile che implichi modifica nella consistenza delle singole unità immobiliari essendo incontestato che la richiesta di variazione era stata presentata dal contribuente unicamente per una variazione che riguardava la diversa distribuzione degli spazi interni inidonei, come tali, ad intaccare l’originario classamento in A1 e quindi a giustificare una variazione al ribasso della classe, tenendo conto della sua situazione preesistente (caratteristiche costruttive dell’immobile e contesto urbanistico in cui si colloca);
1.10 ne consegue che risultava soddisfatto l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita;
2.1 con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione del principio di immutabilità del Giudice naturale, avendo la Commissione Tributaria Regionale escluso la nullità della sentenza di primo grado pur essendo stata decisa la causa da un collegio di giudici diverso da quello innanzi al quale si era tenuta l’udienza di discussione, come risultava dall’intestazione della sentenza di primo grado;
2.2 la doglianza va disattesa;
2.3 è ben vero che, come richiamato dal ricorrente, in tema di deliberazione collegiale della decisione i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali si è tenuta l’udienza di discussione, conseguendone la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo;
2.4 tuttavia, la non corrispondenza del collegio, così come riportato nell’epigrafe della sentenza, con quello innanzi al quale si è tenuta la discussione della causa è causa di nullità della decisione solo in caso di effettivo mutamento del collegio medesimo (cfr. Cass. nn. 24427/2019, 24951/2016);
2.5 la composizione del collegio riservatosi per la decisione risulta, infatti, dal verbale dell’udienza di discussione, atto pubblico, che fa fede fino a querela di falso (cfr. Cass. n. 5831/1999);
2.6 dall’intestazione della sentenza di primo grado, nel caso di specie, risulta una diversa composizione del collegio deliberante, e tuttavia, l’intestazione della sentenza è atto privo di alcun valore probatorio qualificato, dovendo perciò presumersi, in caso di discordanza tra le due indicazioni, la coincidenza tra collegio che ha assunto in decisione la decisione e collegio deliberante stante anche il controllo del Presidente sul punto, e dovendo ascriversi, in mancanza di elementi atti a vincere la presunzione, tra i quali non può farsi rientrare la diversa indicazione risultante dall’intestazione della sentenza, l’apparente non coincidenza a frutto di un errore materiale nell’intestazione della sentenza, emendabile con la procedura di correzione degli errori materiali (cfr. Cass. n. 15879/2010);
2.7 l’incompleta indicazione, inoltre, nel verbale di udienza del nominativo del relatore (mancando l’indicazione del prenome) non costituisce causa di nullità, per difetto del requisito prescritto dall’art. 132, comma 2, 1), c.p.c., che ricorre, invero, soltanto nell’ipotesi in cui ne derivi un’assoluta incertezza sull’identificazione dei componenti del collegio, la quale, invece, non sussiste quando il nominativo del magistrato sia desumibile dal verbale d’udienza o dai criteri prefissati nella tabella di organizzazione dell’ufficio, sicché incombe alla parte che faccia valere la nullità l’onere di dimostrare la detta incertezza, allegando e provando che, alla luce di tali riscontri, non è possibile in alcun modo risalire all’esatta composizione del collegio (cfr. Cass. n. 24585/2019), adempimento a cui il ricorrente si è sottratto;
3. il ricorso va pertanto rigettato;
4. le spese di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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