CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25690 depositata il 4 settembre 2023
IRPEF – Redditi percepiti nella seconda parte dell’anno d’imposta – Istanza di rimborso – Conflitto di residenza – Convenzione Italia Francia – Principio del frazionamento del periodo d’imposta
Rilevato che
I.Z. chiedeva, in base all’art. 24 della Convenzione tra Italia e Francia contro le doppie imposizioni, il rimborso della maggiore IRPEF versata nel 2012, per avere nella dichiarazione erroneamente tenuto conto dei redditi percepiti nella seconda parte dell’anno d’imposta, pur avendo trasferito nel mese di luglio la propria residenza in Francia.
Il contribuente impugnava quindi il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso, deducendo l’esistenza di una situazione di conflitto di residenza, risultando egli residente sia in Italia che in Francia nella seconda parte dell’anno 2012; tale conflitto, secondo il ricorrente, doveva risolversi con l’applicazione del principio del frazionamento del periodo d’imposta di cui alla Convenzione Italia – Francia, come interpretato dal Modello OCSE e dal relativo Commentario.
La Commissione tributaria provinciale di Pescara rigettava il ricorso e la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo confermava, con la sentenza indicata in epigrafe, la decisione di primo grado.
Premesso che l’art. 2 comma 2 del tuir stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile, osservava la CTR che il contribuente nel 2012 aveva avuto la residenza in Italia per 199 giorni ed era pertanto soggetto a tassazione in detto Stato. Riteneva che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Modello OCSE e il relativo Commentario non avevano valenza di fonte del diritto, mentre ciò che rilevava era la Convenzione tra Italia e Francia, la quale non contemplava il principio del frazionamento del periodo d’imposta, riconoscendo invece al contribuente, per evitare una doppia imposizione, un credito d’imposta nei confronti del fisco francese.
Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 4, paragrafi 1 e 2, e dell’art. 24 della Convenzione tra Italia e Francia contro le doppie imposizioni, nonché dell’art. 2, comma 2, tuir. Osserva che, a seguito della variazione di residenza effettuata nel 2012, il contribuente era considerato fiscalmente residente per la seconda parte dell’anno anche in Francia, in forza dell’art. 166 del Code general des impots che prevede che se un contribuente in passato residente all’estero trasferisce la propria residenza in Francia, il reddito colpito dalla tassazione è contato dal giorno dello stabilimento. Erroneamente, secondo il ricorrente, la CTR aveva applicato le disposizioni italiane sulla base dell’art. 4, paragrafo 1, della Convenzione tra Italia e Francia, senza considerare che il successivo paragrafo 2 introduce, nel caso in cui il contribuente in base al paragrafo 1 possa ritenersi fiscalmente residente in entrambi gli Stati, specifici meccanismi volti ad evitare una duplicazione della tassazione escludendo l’una o l’altra residenza a seconda dei casi. Ove alla stregua di tali criteri il conflitto non possa essere risolto, soccorre il paragrafo 2.10 del Commentario all’art. 4 del Modello OCSE – da considerare quale fonte del diritto internazionale tributario integrante le singole disposizioni OCSE – il quale sancisce l’applicazione del principio del frazionamento del periodo d’imposta nel caso di trasferimento nel corso dell’anno: pertanto, per i redditi percepiti in Italia il ricorrente doveva essere assoggettato al pagamento dell’RPEF;
per i redditi percepiti nel territorio francese doveva corrispondere i tributi in Francia.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della Cost., artt. 10 e 117, del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 75 e della Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969. Deduce il ricorrente di aver già adempiuto in Francia agli oneri fiscali relativi al reddito prodotto nella seconda parte dell’anno 2012, sicché aveva diritto al rimborso delle imposte corrisposte in Italia in relazione a tale periodo, soltanto parzialmente compensate dal credito d’imposta.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 45, 49, 56 e 63 del T.F.U.E. nonché dell’art. 220 del Trattato CEE. Sostiene il ricorrente che l’interpretazione della Convenzione tra Italia e Francia alla luce delle norme comunitarie sulle libertà di circolazione comportava l’applicazione al caso di specie del principio del frazionamento del periodo d’imposta in corso d’anno.
4. I tre motivi, esaminabili congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
4.1. Secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 2, tuir., ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
L’art. 4, par. 1, della Convenzione Italia – Francia del 5 ottobre 1989, ratificata con l. n. 20 del 1992, stabilisce che l’espressione “residente di uno Stato” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga.
Non è controverso tra le parti che il contribuente, nell’anno 2012, sia stato residente in Italia per 199 giorni, di modo che, ai sensi della normativa sopra richiamata, deve ritenersi soggetto a tassazione nello Stato italiano per l’intero anno.
Poiché il par. 1 dell’art. 4 cit. fa riferimento al concetto di residenza secondo la legislazione propria di ciascuno Stato ed essendo il contribuente per lo Stato italiano residente in Italia per l’intero periodo d’imposta, deve escludersi che possa trovare applicazione nella fattispecie in esame il successivo par. 2, il quale detta il criterio suppletivo invocato dal ricorrente nel caso in cui il contribuente sia residente in entrambi gli Stati.
4.2. L’assetto normativo sopra delineato non può peraltro essere derogato o integrato – come sostiene il ricorrente – dal paragrafo 2.10 del Commentario all’art. 4 del Modello OCSE il quale sancisce l’applicazione del principio del frazionamento del periodo d’imposta nel caso di trasferimento nel corso dell’anno, introducendo la nozione di c.d. residenza “parziale”.
Invero, il Commentario OCSE contro le doppie imposizioni non ha valore normativo e costituisce una raccomandazione diretta ai Paesi aderenti (in termini, Cass. n. 6242 del 2020), i quali, tuttavia, nel delineare la disciplina convenzionale, sono liberi di darvi attuazione. Le disposizioni contenute nel Commentario, non vincolanti ed aventi natura di soft law, fungono da strumento di indirizzo ed ausilio nell’interpretazione dell’esatto contenuto e delle finalità delle convenzioni internazionali basate sul relativo Modello (Cass., sez. un., n. 8500 del 2021).
Nel caso di specie, tuttavia, le norme interne e convenzionali non presentano alcuno spazio interpretativo da colmare.
L’art. 24 della Convenzione Italia – Francia stabilisce che “Gli utili e gli altri redditi (revenus positifs) che provengono dall’Italia e che sono ivi imponibili conformemente alle disposizioni della Convenzione, sono parimenti imponibili in Francia allorché sono ricevuti da un residente della Francia. L’imposta italiana non è deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia.
Ma il beneficiario ha diritto ad un credito di imposta nei confronti dell’imposta francese nella cui base detti redditi sono inclusi”.
Sussiste dunque la possibilità per il contribuente di recuperare l’imposta versata in Italia utilizzando un credito di imposta in Francia, eliminando così il rischio di doppia imposizione.
La facoltà di avvalersi del credito d’imposta esclude in radice qualsivoglia contrasto tra la Convenzione Italia – Francia e le norme unionali sulle libertà di circolazione.
4.3. Non essendo nella fattispecie in esame ipotizzabile alcuna violazione del divieto di doppia imposizione né la ricorrenza di altri profili discriminatori, non si palesa necessario sollevare questione di legittimità costituzionale né disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, come richiesto dal ricorrente, peraltro in modo del tutto generico, senza alcun riferimento a specifici parametri normativi.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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