CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 26673 depositata il 15 settembre 2023
Tributi – ICI – Riduzione dell’imposta comunale – Accoglimento
Rilevato che
1. oggetto del contendere è l’avviso di accertamento n. 1357, con cui il Comune di (…) aveva contestato all'(…) l’omesso versamento dell’ICI relativamente all’anno di imposta 2006 in relazione al possesso da parte della controricorrente degli immobili siti nel territorio del predetto Comune;
2. con l’impugnata sentenza la Commissione regionale della Puglia (Bari – Sezione distaccata di Lecce) rigettava l’appello proposto dal Comune di (…) contro la sentenza n. 1917/5/2015 della Commissione tributaria provinciale di Lecce, la quale aveva accolto parzialmente il ricorso della contribuente, riconoscendo solo l’agevolazione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8 assumendo – il Giudice regionale – che:
– la questione della predetta riduzione era stata risolta dalla Corte di Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 28160 del 26 novembre 2008;
– era priva di pregio l’argomento sviluppato dal Comune, secondo il quale detta agevolazione non era stata disposta dal regolamento comunale, in quanto la mancata previsione da parte della normativa secondaria “non può certo soverchiare una norma emanata dal legislatore, né (…)andare contro legem”, per cui “il Comune (…) avrebbe dovuto adeguarsi a quanto previsto dall’art. 8 seguendone il dettato e riconoscendo le agevolazioni nella misura del 50% dell’aliquota deliberata o quella che avesse ritenuto più idonea”;
– la mancata previsione da parte del Comune dell’agevolazione in esame comportava che la stessa dovesse essere applicata con la percentuale massima prevista dalla norma, “non essendo compito del giudice sostituirsi all’amministrazione e decidere per una aliquota inferiore che solo il Comune avrebbe potuto determinare” (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
3. con ricorso notificato in data 19 aprile 2019, il Comune di (…) proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando quattro motivi di censura, successivamente illustrati con la memora di cui all’art. 380-bis c.p.c., depositata il 7/8 maggio 2023;
4. A.S.S. resisteva con controricorso notificato il 24 maggio 2019, concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
Considerato che
1. con il primo motivo di impugnazione il Comune di (…) ha eccepito, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3, cod. prov. civ., la violazione e la falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 4, nella parte in cui il Giudice dell’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha erroneamente ritenuto spettante la riduzione di imposta invocata nella misura del 50%, ponendo – di contro – in evidenza come il comma 4 della predetta disposizione non prevedesse affatto alcuna specifica riduzione dell’imposta comunale, limitandosi, invece, a stabilire l’applicabilità delle disposizioni contemplate nei precedenti commi;
2. con la seconda censura l’istante ha dedotto, con riguardo all’art. 360, comma 1, num. 3, cod. prov. civ., la violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 3, nella parte in cui il Giudice dell’appello ha ritenuto spettante la riduzione di imposta nella misura massima del 50%, nonostante l’ente impositore non avesse esercitato la facoltà riconosciutole dal comma 3 della menzionata disposizione;
3. con la terza doglianza, l’ente territoriale ha denunciato, sempre con riferimento all’art. 360, comma 1, num. 3, cod. prov. civ., la violazione e la falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8 segnalando come il Giudice regionale sia incorso in una svista nella lettura della citata disposizione ed in particolare del comma 3 della stessa, ponendo altresì in evidenza come priva di senso risulterebbe il contenuto motivazionale dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha, da un lato, affermato la spettanza della riduzione dell’imposta, ma poi ne ha escluso la concreta rideterminazione della sua misura, contravvenendo al principio di romanistica memoria secondo cui “plus semper in se continet quod est minus” (v. pagina n. 8 del ricorso);
4. con la quarta ed ultima ragione di impugnazione, la ricorrente ha lamentato l’inconferente richiamo alla pronuncia della Corte di Cassazione, sez. Un ., 26 novembre 2008, n. 28160, giacché detta sentenza aveva avuto riguardo al diverso tema della spettanza o meno agli IACP dell’esenzione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett i);
5. i motivi di impugnazione possono essere unitariamente esaminati, in quanto connessi tra loro e di contenuto omogeneo ed osmotico; essi risultano fondati per le sottoindicate ragioni;
6. il quadro normativo di riferimento ratione temporis applicabile, costituito dal D.Lgs. n. 30 dicembre 1992 in tema di I.C.I., è il seguente:
– l’art. 6 (rubricato “Determinazione delle aliquote e dell’imposta”), stabiliva che “L’aliquota è stabilita dal comune, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l’anno successivo” (comma 1);
– l’art. 8 (rubricato “Riduzione e detrazioni di imposta”), prevedeva che “A decorrere dall’anno di imposta 1997, con la deliberazione di cui al comma 1 dell’art. 6, l’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento; in alternativa, l’importo di lire 200.000, di cui al comma 2 del presente articolo, può essere elevato, fino a lire 500.000, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio. La predetta facoltà può essere esercitata anche limitatamente alle categorie di soggetti in situazioni di particolare disagio economico-sociale, individuate con deliberazione del competente organo comunale” (comma 3);
– lo stesso art. 8 aggiungeva che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle unità immobiliari, appartenenti (…) agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari” (comma 4);
7. dalla piana lettura di tali disposizioni emerge che il legislatore affidava alla potestà discrezionale dei comuni la determinazione di applicare riduzioni dell’imposta in oggetto in relazione agli alloggi-abitazioni principali assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari, sulla base della delibera di cui al citato art. 6, comma 1, e secondo l’alternativa prevista dal menzionato art. 8, comma 3;
8. non può dubitarsi della natura discrezionale di tale potere, ove si consideri, sul piano letterale, l’uso del predicato “può” e della locuzione “facoltà”, che chiaramente postulano l’esercizio di una scelta, oltre che, sul versante interpretativo, il riferimento al principio del “rispetto dell’equilibrio di bilancio”, concepito, nel delineato contesto, non solo al fine di modulare l’entità e la modalità della riduzione di imposta, ma anche nella prospettiva di concederla o meno sulla base di una scelta amministrativa non vincolata;
9. le Sezioni Unite di questa Corte, con la pronuncia citata dalla Commissione regionale, hanno stabilito che “Agli immobili degli IACP non spetta l’esenzione prevista dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1, lett. i), (…), ma spetta esclusivamente la riduzione di imposta prevista dall’art. 8, comma 4, del medesimo Decreto“, aggiungendo che “Detti immobili, (ndr. solo) a decorrere dal 1 gennaio 2008, sono esclusi dall’imposta comunale sugli immobili per effetto della disposizione di cui al d.l. n. 93 del 2008, art. 1, comma 3, convertito con modificazioni con l. n. 126 del 2008“, avente carattere innovativo e, quindi, con efficacia non retroattiva (cfr. Cass. civ., sez. un., 26 novembre 2008, n. 28160 e, nello stesso senso, Cass., sez. T., 30 giugno 2010, n. 15444);
10. dette pronunce – diversamente da quanto opinato dal Giudice regionale – non hanno affermato il principio di una automatica riduzione dell’imposta in questione ai sensi del D.Lgs. n. citato, art. 8, come chiarito dalla successiva giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “le riduzioni e le detrazioni previste dall’art. 8 del D.Lgs. n. possono essere applicate, per esplicita disposizione del comma 4 del medesimo articolo, agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari” (così Cass., sez. 5, 16 ottobre 2019, n. 26189 e, in termini analoghi, Cass., sez. VI, 14 maggio 2020, nn. 8962, 8961, 8960, 8959 e 8958), così riconducendo il beneficio (con l’uso del predicato “possono”) all’esercizio di una facoltà dell’ente territoriale, come pure ribadito da successivi arresti in base ai quali “gli immobili medesimi possono (…) beneficiare della riduzione di imposta, prevista dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4, (Cass. Sez. un. 28160/2008; Cass. n. 13542/2016; Cass. n. 14226/2015; Cass. n. 3733/2010)” (così Cass., sez. T., 16 giugno 2021, n. 17005 e, nello stesso senso, Cass., sez. T., 16 febbraio 2021, n. 3981).
11. si comprende, allora, l’erronea interpretazione ed applicazione del suddetto impianto normativo da parte del Giudice dell’appello, nella parte in cui ha ravvisato in esse l’operatività in forma automatica e dovuta della riduzione dell’imposta, per di più nella sua massima misura, finendo così per operare, nonostante la diversa intenzione manifestata, una scelta amministrativa (anche sulla modalità della riduzione) che non compete al giudice effettuare;
12. per tali ragioni il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari accertamento in fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultimo periodo c.p.c., rigettando l’originario della contribuente;
13. il progressivo consolidarsi nel corso del giudizio del predetto orientamento giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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