CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27810 depositata il 2 ottobre 2023
Tributi – Avviso di liquidazione – Maggiore imposta di registro e ipotecaria – Atto notarile costituzione di servitù – Accoglimento
Rilevato
1. C.P., previo pagamento dell’importo richiesto, ha impugnato l’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro ed ipotecaria relativa ad atto notarile di costituzione di servitù di metanodotto su terreno agricolo, ritenendo applicabile l’art. 1, primo periodo, della tariffa della Parte Prima allegata al d.p.r. n. 131 del 1986 e, quindi, l’aliquota dell’8% in luogo di quella pretesa dall’Amministrazione, in conformità alla risoluzione n. 92/E/2000 ed alla Circolare n. 18/2013, di cui al terzo periodo dello stesso articolo, pari al 15%.
2. Il ricorso è stato accolto in primo grado, con compensazione delle spese di lite.
3. L’Agenzia delle Entrate, dopo aver proposto appello, stante il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale favorevole al ricorrente e la nuova risoluzione n. 4/E/2021, ha rinunciato alla pretesa impositiva e restituito le somme riscosse in eccedenza.
4. La Commissione tributaria regionale ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere D.Lgs. n. 46 del 1992, ex art. 46 (ndr D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 46) compensando le spese di lite.
5. In ordine alla compensazione delle spese di lite, nella sentenza impugnata si legge “per quanto riguarda le spese del giudizio, il Collegio, essendo pervenuto alla conclusione di decidere per la emissione di declaratoria di estinzione del giudizio, ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 per cessata materia del contendere, e che, comunque, nessun ulteriore importo risulta dovuto dal Fisco al soggetto contribuente, nulla è ancora dovuto dal Fisco a favore dello stesso soggetto contribuente; tutto ciò porta, inevitabilmente, a concludere nel senso che le spese del presente giudizio ben possano essere qui compensate tra le parti in causa”.
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’originario ricorrente, formulando due motivi e concludendo per la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito per la liquidazione delle spese di tutti i gradi di giudizio e la condanna al risarcimento del danno per lite temeraria. Risulta depositata ulteriore memoria del ricorrente.
7. L’Agenzia si è costituita con controricorso.
8. La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 26 settembre 2023.
Considerato
1. Il ricorrente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 44 comma 1, e art. 46 comma 3, in quanto l’Agenzia ha rinunciato all’appello senza adottare alcun provvedimento di sgravio e che il contribuente ha insistito per la condanna alle spese e al risarcimento del danno per lite temeraria della controparte, non sussistendo, pertanto, la cessazione della materia del contendere, sicché si sarebbe dovuto applicare l’art. 44 e non il successivo art. 46, e che, comunque, anche in caso di cessazione della materia del contendere, sono assenti i presupposti per la compensazione delle spese di lite, essendo il provvedimento impugnato manifestamente illegittimo sin dalla sua adozione; 2) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo la Commissione esaminato la memoria difensiva del notaio C. del settembre 2021 e non avendo, quindi, tenuto conto delle conclusioni e della le argomentazioni ivi contenute, che escludono la cessazione della materia del contendere.
2. In ordine al primo motivo, deve premettersi che il giudice di appello ha correttamente applicato il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46 in quanto l’Amministrazione finanziaria non si è limitata a rinunciare all’appello proposto avverso la sentenza di primo grado e, quindi, al processo in corso, ma, preso atto dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale e del mutamento della stessa posizione dell’Agenzia delle Entrate, ha radicalmente rinunciato alla maggiore pretesa tributaria avanzata nei confronti del contribuente. E’ irrilevante la questione dell’adozione di un atto di sgravio, visto che, comunque, l’avviso di liquidazione era già stato annullato all’esito della sentenza di primo grado e la maggiore somma riscossa restituita al contribuente e che l’Amministrazione non ha più avanzato ulteriore pretesa.
Tuttavia, pur versandosi nella ipotesi della cessazione della materia del contendere, la compensazione delle spese non può essere automatica, essendo stata dichiarata incostituzionale, con sentenza della Consulta n. 274 del 2005, l’originaria versione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46 comma 3, sostituita dal d.lgs. n. 156 del 2015 con quella attuale, in virtù della quale non in tutte le ipotesi di cessazione della materia del contendere, ma solo “nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”. Pertanto, come precisato da questa Corte (v., Cass. sez. V, 14 febbraio 2017, n. 3950), in tema di processo tributario, nell’ipotesi di estinzione del giudizio d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46 comma 1, per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15 medesimo D.Lgs., secondo la versione applicabile ratione temporis (nel caso di specie, art. 15, comma 2: “Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”), trattandosi di una ipotesi diversa dalla compensazione ope legis prevista dal comma 3 dell’articolo citato, quale conseguenza automatica di qualsiasi estinzione del giudizio, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 274 del 2005.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata si è limitata a compensare le spese di lite quale conseguenza della cessazione della materia del contendere e del rimborso operato dall’Amministrazione finanziaria a favore del contribuente (comportamento dovuto in virtù della sentenza di primo grado), senza individuare, come richiesto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15 comma 2, le gravi ed eccezionali ragioni che possono determinare tale scelta, anche alla luce degli orientamenti di questa Corte (si rinvia, da ultimo, a Cass., Sez. 5-6, 28 aprile 2021, n. 24841).
Il primo motivo è, quindi, parzialmente fondato, con conseguente assorbimento del secondo.
3. In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, assorbito il secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente al capo delle spese con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, cui è rimessa anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e cassa la sentenza impugnata limitatamente al capo delle spese, rinviando sul punto alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, cui è rimessa anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
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