Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, sez. n. 23, sentenza n. 2527 depositata il 10 agosto 2023
L’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere ex art. 46 D. Lgs. 546/1992, conseguente all’annullamento in autotutela dell’atto impositivo da parte dell’Amministrazione finanziaria, non comporta l’automatismo della compensazione delle spese di giudizio
SVOLGIMENTO DEI FATTI
xxxx S.r.l. ha presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo avverso avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bergamo relativamente a IRES, IRAP e IVA per l’anno 2013.
L’oggetto del contendere riguarda il recupero a tassazione di costi per operazioni di prestazioni pubblicitarie in competizioni rallistiche – rappresentate da noleggio di vetture per test pre gara e competizioni agonistiche – fatturate da xxxx S.r.l., ritenute oggettivamente inesistenti.
In sede di ricorso la società contribuente eccepiva la carenza di motivazione dell’atto impositivo e nel merito sosteneva l’infondatezza del recupero, evidenziando l’effettività delle prestazioni.
La Commissione adita, preso atto che nelle more del giudizio l’Ufficio ha emesso nuovo avviso di accertamento sostitutivo di quello impugnato, su richiesta di entrambe le parti ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. Compensava le spese del giudizio, ritenendo che i costi sostenuti dalla parte saranno oggetto di valutazione nel nuovo instaurando contenzioso.
Appella la società contribuente rilevando che in sede di richiesta cessazione della materia del contendere aveva chiesto la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio, in quanto l’Ufficio avrebbe potuto annullare l’avviso di accertamento durante la fase di accertamento con adesione o, in alternativa, successivamente alla notifica del ricorso ma prima della costituzione in giudizio della Società. Né può rilevare la valutazione circa l’impugnazione dell’avviso di accertamento sostitutivo, che comunque richiede attività che si aggiunge e non si sostituisce a quella effettuata nel presente procedimento. Ai fini della soccombenza virtuale, precisa che la Commissione Provinciale ha annullato il nuovo avviso di accertamento perché infondato nel merito. Insiste per la riforma della sentenza di primo grado in punto di spese di lite, con vittoria delle spese anche del presente grado di giudizio.
Si costituisce in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bergamo ritenendo legittima la compensazione delle spese stante l’intervenuta definizione dell’avviso di accertamento in autotutela da parte dell’Ufficio senza dichiarazione di soccombenza, considerato altresì che la sentenza di primo grado risulta specificamente motivata sul pW1to. Chiede il rigetto dell’appello, con vittoria di spese.
Avendo l’appellante proposto tempestiva istanza di discussione in pubblica udienza, regolarmente notificata a controparte, si procede in forma pubblica.
È circostanza non contestata che nelle more del giudizio di primo grado l’avviso di accertamento all’origine del presente procedimento sia stato annullato in autotutela dall’Ufficio e sostituito con altro, oggetto di altra impugnazione. Conseguentemente, la Commissione Provinciale ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 46 D.Lgs. 546/1992.
In questa sede, peraltro, la società contribuente si oppone alla compensazione delle spese del giudizio. La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza n. 274/05 ha dichiarato illegittimo l’art. 46 comma 3 D.Lgs. 546/92, laddove prevedeva la compensazione delle spese di lite nei casi di cessazione della materia del contendere diverse dalle ipotesi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge: “la previsione della compensazione ope legis delle spese nel caso di cessazione della materia del contendere… si traduce in un ingiustificato privilegio per la parte che pone in essere un comportamento di regola determinato dal riconoscimento della fondatezza delle altrui ragioni e, corrispondentemente, in un ingiustificato pregiudizio per la controparte, specie quella privata, obbligata ad avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore; privilegio tanto più intrinsecamente irragionevole, in quanto riferito all’ipotesi di ritiro dell’atto impugnato”. In forza di detto provvedimento è venuto a cadere l’automatismo tra definizione della lite e compensazione delle spese nel caso dell’autotutela operata dall’Amministrazione Finanziaria, venendo affidato all’organo giudicante ogni valutazione in punto di spese del giudizio.
Nel caso di specie, deve ravvisarsi un tardivo esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’Ufficio, il quale non ha annullato l’atto impositivo al momento dell’accertamento con adesione e neppure una volta notificatogli il ricorso avverso l’avviso di accertamento, ma vi ha proceduto soltanto una volta che la parte ha iscritto a ruolo il ricorso. Condotta che ha comportato per parte contribuente un aggravio di costi ricollegato alle attività richieste al difensore.
Né può essere confermata la motivazione della sentenza di primo grado, secondo la quale all’attività compiuta non si aggiungerebbe “ulteriore dispendio” nel procedimento relativo al nuovo avviso di accertamento. A prescindere dal contenuto del nuovo atto impositivo – che tra l’altro non si limita a reiterare il contenuto di quello annullato in questo giudizio, comprendendo anche fatture differenti – è evidente che la proposizione di un nuovo ricorso presuppone la reiterazione di una serie di attività che si aggiungono (e non si sostituiscono) a quelle già svolte nel presente giudizio: dalla notificazione all’iscrizione a ruolo, con conseguente nuovo versamento del contributo unificato.
In accoglimento dell’appello deve pertanto essere riconosciuta l’esistenza dei presupposti per condannare l’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese del primo grado di giudizio, che in considerazione della minor attività difensiva da espletarsi alla luce dell’annullamento dell’atto impositivo, si liquidano in complessivi Euro 2.000,00, oltre accessori di legge se dovuti.
Alla soccombenza dell’Ufficio nel presente grado di giudizio fa seguito la condanna a rifondere anche le spese dell’appello che, in considerazione del modesto valore della controversia (individuabile nella determinazione delle sole spese di lite) si liquidano in complessivi Euro 1000,00 oltre accessori di legge, se dovuti.
In parziale riforma della sentenza appellata, condanna l’Ufficio a rifondere le spese di lite di primo grado, liquidate in complessivi Euro 2000,00, oltre accessori di legge se dovuti. Condanna inoltre l’Ufficio a rifondere le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1000,00, oltre accessori di legge se dovuti.