CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 279 depositata il 4 gennaio 2024
Lavoro – Differenze retributive – Cooperativa datrice – Retribuzione inferiore ai minimi previsti dal CCNL – Prescrizione quinquennale del credito – Difetto di atto interruttivo – Rigetto
Rilevato che
1. con sentenza 10 marzo 2021, la Corte d’appello di Torino ha rigettato l’appello proposto dal lavoratore indicato in epigrafe avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua domanda di condanna della cooperativa datrice alle differenze retributive spettantigli – per essere stato remunerato in misura inferiore ai minimi previsti dal CCNL Logistica Trasporto Merci e Spedizioni applicato – e a quella relativa al T.f.r.;
2. essa ha rilevato la prescrizione quinquennale del credito del lavoratore, in difetto di alcun atto interruttivo (avendo la lettera del 6 giugno 2014 riguardato soltanto l’impugnazione del licenziamento intimatogli con decorrenza dal 29 marzo 2014) prima della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, in data 13 maggio 2019;
3. con atto notificato il 10 settembre 2021, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, mentre la società intimata non ha svolto attività difensiva;
4. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Considerato che
1. il ricorrente ha dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 343 e 346 c.p.c. e loro violazione o falsa applicazione, quale error in iudicando, per avere la Corte territoriale – a fronte della reiezione nel merito della propria domanda, implicitamente rigettando l’eccezione di prescrizione, pur formulata dalla datrice cooperativa – rigettato il proprio appello, in applicazione del principio della ragione più liquida, in base all’eccezione di prescrizione riproposta dalla seconda, in difetto peraltro di un suo appello incidentale (primo motivo);
2. esso è infondato;
3. in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso, a norma dell’art. 345, secondo comma c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, secondo comma c.p.c.); né è sufficiente la mera riproposizione, invece utilizzabile, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi altresì che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio a norma dell’art. 345, secondo comma c.p.c. (Cass. s.u. 12 maggio 2017, n. 11799; Cass. 28 agosto 2018, n. 21264; Cass. 11 maggio 2022, n. 14899);
3.1. nel caso di specie, né dalla sentenza impugnata, né dalla trascrizione (per la parte d’interesse, alle sue pagine 1 e 2) di quella di primo grado (dal penultimo capoverso di pg. 9 al secondo di pg. 10 del ricorso) risulta che il Tribunale abbia disatteso l’eccezione preliminare di merito di prescrizione neppure “attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza”. Sicché, tenuto anche conto dell’affermazione di questa Corte, secondo cui: “se la domanda, in presenza di un’eccezione di prescrizione del convenuto, viene rigettata dal giudice di primo grado, perché egli ritiene che i fatti costitutivi non sono stati provati, non è predicabile nemmeno in astratto che il tenore della decisione implichi una valutazione (sebbene astratta) di infondatezza dell’eccezione di prescrizione, e ciò perché un diritto di cui non è stata dimostrata l’insorgenza non si può prescrivere o non prescrivere” (Cass. s.u. 12 maggio 2017, n. 11799, in motivazione sub p.to 9.3.3.1), è stata reputata sufficiente la riproposizione in appello dell’eccezione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., senza necessità di un appello incidentale;
4. il ricorrente ha dedotto falsa applicazione dell’art. 2948, n. 4 e n. 5 c.c., anche in relazione ad omesso esame di fatti decisivi, per non avere la Corte territoriale preso in debita considerazione le prove documentali versate in atti attestanti l’intervenuta interruzione del decorso del termine prescrizionale, avendone piuttosto fornito un’erronea valutazione, né considerato l’espressa riserva di agire per il credito azionato con il giudizio odierno con i prodotti ricorsi R.G. 9589/14 e R.G. 8996/15, entrambi ritualmente notificati, oltre che la data di deposito (4 dicembre 2018), anziché di notificazione, del ricorso introduttivo del giudizio, quale atto con effetto interruttivo della prescrizione erroneamente dichiarata (secondo motivo);
5. in disparte il suo difetto di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c. – anche interpretato in modo non formalistico, alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 (Cass. S.U. 18 marzo 2022, n. 8950) – per la mancata specifica indicazione, né tanto meno trascrizione del“le prove documentali versate in atti attestanti l’intervenuta interruzione del decorso del termine prescrizionale”, né trascrizione o specifica indicazione della sede di produzione dei ricorsi R.G. 9589/14 e R.G. 8996/15 (contenenti l’espressa riserva di agire per il credito azionato con il giudizio odierno), anch’esso è infondato;
6. deve, infatti, essere esclusa l’efficacia interruttiva della riserva, contenuta in un atto di citazione, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità e ipoteticità, non può in alcun modo essere equiparata ad un’intimazione o ad una richiesta di pagamento, posto che, per avere efficacia interruttiva, l’atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. 30 novembre 2006, n. 25500; Cass. 25 agosto 2015, n. 17123; Cass. 31 maggio 2021, n. 15140);
6.1. d’altro canto, l’effetto interruttivo della prescrizione esige, per prodursi, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore. E pertanto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, esso non si produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la sua notificazione al convenuto (Cass. 6 marzo 2003, n. 3373; Cass. 24 giugno 2009, n. 14862; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24031);
7. per le suesposte ragioni il ricorso deve essere rigettato, senza alcun provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il lavoratore intimato svolto attività difensiva e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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