Corte di Cassazione ordinanza n. 30480 depositata il 2 novembre 2023
Rimborso Irpef – Licenziamento – Indennità sostitutiva – Tassazione separata – Contestazione dell’aliquota applicata – Termine di decadenza ex art. 38, Dpr 602/73
Fatti di causa
1. S.V. subiva il licenziato dalla CA Srl unipersonale il 15 maggio 2007, ed impugnava l’atto. Il giudice del lavoro ne disponeva la reintegra nel posto di lavoro. Il contribuente optava per il conseguimento dell’indennità sostitutiva, che veniva erogata applicandosi dal datore di lavoro l’aliquota del 32,33%. Vincenzo Scalzini riteneva che l’aliquota applicata fosse erronea ed eccessiva, reputando corretta l’applicazione dell’aliquota del 23%, in conseguenza proponeva istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria non rispondeva.
2. Formatosi il silenzio rifiuto, il contribuente lo impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. La CTP, nella contumacia dell’Ente impositore, riteneva fondati gli argomenti proposti dal contribuente ed accoglieva il suo ricorso, statuendo che il rimborso richiesto deve essere erogato.
3. L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La CTR rigettava il ricorso, reputando inammissibile la introduzione in sede di gravame dell’eccezione di tardiva proposizione dell’istanza di rimborso, dichiarando assorbita ogni ulteriore questione.
4. Avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo di impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente, che ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 38, comma secondo, del Dpr n. 602 del 1973, per avere la CTR ritenuto tardiva la censura relativa alla decadenza del contribuente dal potere di proporre l’istanza di rimborso, perché introdotta in grado di appello, incorrendo però in un errore di valutazione, perché trattasi di questione rilevabile d’ufficio.
2. L’Amministrazione finanziaria critica la decisione sfavorevole conseguita dalla CTR, perché il giudice del gravame ha trascurato che la censura relativa alla tardiva proposizione dell’istanza di rimborso è rilevabile anche d’ufficio, e non poteva quindi ritenersi tardiva l’introduzione in grado d’appello della questione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
2.1. Il contribuente replica che la questione della decadenza dal potere di proporre l’istanza di rimborso non è rilevabile d’ufficio, ed è stata effettivamente introdotta tardivamente dall’Amministrazione finanziaria, soltanto in grado di appello, e comunque il termine quadriennale non era decorso, perché se è vero che il sostituto d’imposta ha versato il tributo il 28.2.2011, non può trascurarsi che lo Scalzini ne ha ricevuto certificazione solo nel giugno del 2011, ed ha quindi comunque proposto tempestivamente la propria istanza “in data 28 maggio 2015” (controric., p. 5).
2.2. Il giudice dell’appello scrive in proposito, nella sua succinta motivazione, che “ai sensi dell’art. 57, 2° comma, D.lgvo n. 546/92, non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che vanno qualificate eccezioni le ragioni opposte dall’Amministrazione finanziaria alla pretesa di rimborso, con la conseguenza che l’Amministrazione soggiace al divieto di proporre eccezioni nuove in appello. Alla luce delle considerazioni che precedono, assorbito in esse ogni altro motivo, l’appello deve essere rigettato” (sent. CTR, p. II).
2.3. La decisione adottata dal giudice dell’appello si pone in contrasto con la consolidata e condivisibile giurisprudenza di questa Corte regolatrice sul punto. Si è già avuto modo di chiarire, infatti, che “in tema di contenzioso tributario, la decadenza del contribuente per il mancato rispetto dei termini fissati per richiedere il rimborso di un tributo indebitamente versato, in quanto materia sottratta alla disponibilità delle parti, è rilevabile di ufficio, ex art. 2969 cod. civ., in ogni stato e grado del giudizio, sicché è deducibile per la prima volta anche in appello”, Cass. sez. VI-V, 13.1.2015, n. 317; e non si era, già in precedenza, mancato di specificare che “in materia tributaria, la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni da questa non disponibili – perché disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti -, è rilevabile anche d’ufficio. Ne consegue che, alla luce dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ., è deducibile per la prima volta in appello la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per non aver presentato la relativa istanza nel termine previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, salvo che sul punto si sia già formato un giudicato interno”, Cass. sez. V, 25.1.2008, n. 1605; e si è pure spiegato che “in tema di contenzioso tributario, la decadenza nella quale il contribuente sia incorso per mancato rispetto dei termini per richiedere il rimborso di un tributo pagato per “errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione”, ai sensi dell’art. 38, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, salvo che si sia già formato sul punto il giudicato interno, essendo quei termini dettati per finalità di interesse pubblico e di essi non potendo neppure l’amministrazione disporre, con la conseguenza che la decadenza può essere rilevata di ufficio, ai sensi dell’art. 2969 cod. civ., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, per tale ritenendosi non soltanto quella che riguarda i diritti indisponibili, ma anche quella disciplinata da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi, rinunciarvi o comunque modificarlo”, Cass. sez. V, 14.1.2011, n. 791.
2.4. La tesi affermata dalla CTR appare quindi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità e non condivisibile, ed il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria è quindi fondato e deve essere accolto.
3. Avendo la CTR dichiarato “assorbito … ogni altro motivo”, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio nel rispetto dei principi esposti, e provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
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