Corte di Cassazione, ordinanza n. 30768 depositata il 6 novembre 2023
prescrizione decennale del credito d’imposta esposto nella dichiarazione dei redditi (eccedenze di imposte) – è corretto identificare «con il giorno della dichiarazione dei redditi quello di decorso della prescrizione ai fini del diritto al rimborso del credito di imposta»
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, di cui all’epigrafe, che ha accolto l’appello della s.p.a. A.N.E. contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva rigettato il ricorso della stessa contribuente avverso il rigetto dell’istanza con la quale la società, in data 19 febbraio 2013, aveva chiesto il rimborso del credito Irpeg emergente dalla dichiarazione dei redditi presentata il 31 ottobre 2000.
L’Amministrazione aveva infatti eccepito l’avvenuta prescrizione decennale del credito.
La contribuente rimane intimata.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo si denunzia «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c., nonché art. 36 bis DPR 600/1973 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) », per avere la CTR erroneamente ritenuto che la prescrizione del diritto al rimborso decorresse dal consolidamento del credito, conseguente al compimento, da parte dell’Amministrazione, del controllo positivo sui dati esposti nella dichiarazione, secondo la procedura di liquidazione delle imposte di cui all’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973; ovvero dal mancato esercizio, da parte dell’Ufficio, nei termini decadenziali di legge, del potere di rettifica della dichiarazione del contribuente.
Nel caso di specie, secondo la contribuente ed il giudice a quo, la decorrenza del termine di prescrizione decennale del diritto al rimborso avrebbe avuto inizio dal 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione dei redditi, ovvero solo una volta scaduto il termine entro il quale l’Ufficio avrebbe potuto procedere ad eventuali accertamenti e rettifiche.
2. Il motivo è fondato.
Infatti, in ordine alla specifica questione del dies a quo della prescrizione decennale del credito d’imposta esposto nella dichiarazione dei redditi dal contribuente, questa Corte ha già avuto modo di precisare che: «In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non occorrendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria. La relativa azione è pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide né il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, né il limite alla proponibilità della relativa eccezione, posto dall’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350: la prima disposizione è volta infatti ad imporre un obbligo all’Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all’esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice.» (Cass., Sez. U., 07/02/2007, n. 2687; conforme Cass. 27/03/2013, n. 7706, ex plurimis. Sulla circostanza che la domanda di rimborso o di restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente debba ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, si vedano altresì, ex plurimis, Cass. 12/09/2012, n. 15229; Cass. 22/02/2017,n. 4559; Cass. 07/09/2018, n. 21788).
Successivamente, questa Corte ha ribadito espressamente che è corretto identificare «con il giorno della dichiarazione dei redditi quello di decorso della prescrizione ai fini del diritto al rimborso del credito di imposta», argomentando che la giurisprudenza di legittimità «ha avuto modo di chiarire in più di una occasione (per tutte si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9524 del 22/04/2009) che «Il termine stabilito nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, entro il quale, l’Amministrazione Finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell’imposta, ha natura ordinatoria secondo l’interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato la L. 27 dicembre 1997, n. 449,art. 28, comma 1. Ne consegue che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perché l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, così come il diritto al rimborso del contribuente non è sottoposto al termine di decadenza, contenuto nel D.P.R. 27 settembre n. 1973, n. 602, art. 38, ma esclusivamente all’ordinario termine di prescrizione decennale, ferma restando la facoltà dell’Ufficio di opporre eccezioni alla domanda di rimborso» (Cass. 23/07/2013, n.17903, in motivazione).
Nello stesso senso, con specifico riferimento all’irrilevanza, rispetto al preteso effetto di consolidamento del credito per rimborso d’imposta esposto nella dichiarazione, della scadenza del termine decadenziale entro il quali l’Amministrazione può procedere ad accertamento, questa Corte ha ritenuto che: «In tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum“.» (Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5069; conformi Cass. 31/01/2018, n. 239; Cass. 12/10/2018, n. 25464; Cass. 06/02/2019, n. 3404).
Da tale principio è stata quindi tratta la conferma che il decorso dei termini in questione non incida sul decorso del termine di prescrizione del credito: « In tema di rimborso di imposta, lo svolgimento senza rilievi del controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per l’accertamento, sicché detto controllo non incide sul decorso del termine di prescrizione del credito.» (Cass. 13/03/2019, n. 7132, nella cui motivazione si rimanda alle citate Cass., Sez. U., 07/02/2007, n. 2687 e Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5069).
Nell’ ulteriore evoluzione di tale orientamento, è stato poi sottolineato che «alcuna disposizione fa divieto al soggetto, che ritenga di vantare un’eccedenza a credito, di far valere il proprio diritto negli ordinari termini di prescrizione e formulare istanza di rimborso, senza dover attendere lo spirare del termine fissato all’Amministrazione per l’accertamento ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43 (In tal senso già Sez. U. n. 2687 del 7/02/2007). Non sussiste, cioè, la necessità della preventiva scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio: termini di decadenza volti ad imporre un obbligo interno all’Amministrazione, ma non a porre un limite all’esercizio dei diritti del contribuente. Tale esercizio è, come detto, coltivabile nei termini di prescrizione ordinari, come disposto, dall’art. 2946 cod. civ., la cui decorrenza, ex art. 2935 cod. civ., prende avvio dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, salvo diversa diposizione di legge.» (Cass. civ. sez. trib., 03/03/2020, n.5796, in motivazione).
Nella stessa pronuncia, questa Corte ha altresì evidenziato le ragioni della non condivísibilità dell’opposta tesi, che vorrebbe far decorrere i termini di prescrizione del diritto dallo spirare del termine entro il quale l’Ufficio può procedere ad accertamento o rettifica, rilevando che «La diversa tesi della controricorrente sembra derivare dalla impropria sovrapposizione di due istituti che si collocano su piani diversi e separati: a) l’uno, relativo ai termini imposti all’Amministrazione per l’espletamento dell’attività di liquidazione, controllo formale e liquidazione, dettato dall’esigenza che la stessa vi provveda in tempi predefiniti, ponendo a tal fine un obbligo per la P.A. e non già un limite all’esercizio dei diritti del contribuente; b) l’altro, relativo al termine di prescrizione, rispondente all’esigenza che i rapporti giuridici si stabilizzino entro un termine definito, individuato nel decennio, onde evitare il protrarsi sine die di situazioni d’incertezza”, con la conseguenza che laddove i due istituti venissero tra loro confusi si determinerebbe “un ingiustificato ostacolo di quattro anni alla possibilità di far valere il diritto al rimborso, che deve, invece, ritenersi esercitabile decorsi 90 giorni dall’istanza, nel silenzio dell’Amministrazione» (Cass. 03/03/2020, n. 5796, cit., in motivazione).
Si è altresì rilevato che «in tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria potrebbe comunque contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum. Per cui, nell’ambito del giudizio volto ad ottenere il rimborso di imposte, è da escludere che, in assenza di contestazioni nei termini previsti dal d.P.R. n. 600 del 1973 artt. 36-bis e 43, i suddetti crediti debbano ritenersi definitivamente accertati.
In altri termini, lo svolgimento senza rilievi dell’attività di controllo e accertamento non equivale a riconoscimento implicito del credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per tali attività, che è da ritenere non incidano sul decorso del termine di prescrizione del credito» (Cass. 03/03/2020, n.5796).
Si pone quindi in contrasto con tale orientamento (che per le medesime argomentazioni sinora esposte ha trovato conferma anche in Cass. 03/02/2021, n. 2416), condiviso da questo Collegio, la decisione della CTR, laddove determina il dies a quo della decorrenza della prescrizione del credito per rimborso, esposto nella dichiarazione, in coincidenza con la scadenza del termine decadenziale entro il quale l’Ufficio avrebbe potuto procedere ad accertare e rettificare il reddito del contribuente per il medesimo anno d’imposta.
Né tale diversa interpretazione della CTR può ritenersi fondata in ragione delle pronunce da essa richiamate (Cass. 29/12/2010, n. 26318; Cass. 16/009/2011, n. 18898), o di Cass., Sez. U., 08/06/2012, n. 9339, secondo cui «Qualora il contribuente abbia presentato la dichiarazione annuale, ai fini della imposta sui redditi, esponendo un credito di rimborso, la Amministrazione finanziaria è tenuta a provvedere sulla richiesta di rimborso, salvo diversa espressa previsione normativa, nei medesimi termini di decadenza stabiliti per procedere all’accertamento in rettifica. Diversamente, decorso il termine predetto, senza che sia stato adottato alcun provvedimento da parte della P.A., il diritto al rimborso esposto nella dichiarazione si cristallizza nell’”an” e nel “quantum”, ed il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell’ordinario termine di prescrizione dei diritti, rimanendo preclusa all’Amministrazione finanziaria ogni contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso, salve le eccezioni volte a fare valere i fatti sopravvenuti impeditivi, modificativi, od estintivi del credito.». Infatti, tale arresto – che si poneva in consapevole contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità preesistente, che già escludeva che il credito d’imposta esposto in dichiarazione si consolidasse con lo spirare del termine previsto dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ovvero perché l’Amministrazione avesse omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel d.P.R. n.600 del 1973, art. 43 – è stato superato dalla citata Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5069, e dalla conseguente evoluzione giurisprudenziale ante illustrata. Né, comunque, la pronuncia in questione, nel ribadire che il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell’ordinario termine di prescrizione dei diritti, determinava univocamente anche il dies a quo dal quale computare la prescrizione.
Può quindi ribadirsi, in continuità con il citato orientamento, il seguente principio di diritto: « In materia di imposte dirette, in tema di rimborso del credito d’imposta esposto in dichiarazione, i termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento, sono volti ad imporre un obbligo all’Amministrazione, ma non pongono un limite all’esercizio dei diritti del contribuente e dunque non incidono sul decorso del termine di prescrizione del credito di quest’ultimo.».
3. Giova infine aggiungere che nella fattispecie in esame, relativa a dichiarazione presentata nel 2000, per l’anno d’imposta 1999, non può trovare comunque applicazione l’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 che, in deroga alla disciplina generale, stabiliva che l’Amministrazione non opponesse la prescrizione in relazione alle istanze di rimborso di crediti esposti nelle dichiarazioni presentate fino al 30 giugno 1997 (sulla natura eccezionale di detta disposizione, insuscettibile d’interpretazione analogica, cfr. Cass. 21/04/ 2011, n. 9223; Cass. 27/02/2009, n. 4786).
4. Tanto premesso, nel caso di specie è pacifico, risultando dalla sentenza impugnata, che la contribuente ha chiesto il rimborso di crediti maturati nell’ anno d’imposta 1999 ed esposti nella dichiarazione dei redditi presentata il 31 ottobre 2000. Altrettanto pacifico è che l’istanza di rimborso della contribuente, rigettata dall’Amministrazione ed impugnata con il ricorso introduttivo dinnanzi la CTP, è stata proposta il 19 febbraio 2013.
Pertanto, tra l’esposizione dei crediti nella dichiarazione e la proposizione della domanda di rimborso, è decorso il termine di prescrizione decennale (anche ove si tenesse conto del termine necessario alla formazione del silenzio—rifiuto impugnabile in sede giurisdizionale, in pendenza del quale il termine di prescrizione deve intendersi sospeso: Cass. 22/01/2018, n. 1543), come eccepito dall’Amministrazione.
La sentenza impugnata va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso introduttivo del contribuente va deciso nel merito e rigettato.
4. Le spese del giudizio di merito si compensano e quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la contribuente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
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