Corte di Cassazione ordinanza n. 32024 depositata il 28 ottobre 2022
efficacia probatoria delle dichiarazioni rese da terzi
Rilevato che:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, con un motivo, contro LO.MA. S.r.l., che resiste con controricorso, illustrato con una memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Campania che ha accolto l’appello della LO.MA. s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso della società contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, per il periodo di imposta 2014, in materia di Ires, Irap e Iva, in ragione della ritenuta inesistenza oggettiva di alcune operazioni;
2. secondo la C.T.R. l’onere dell’Amministrazione di provare, anche in via indiziaria, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, dimostrando la natura di “cartiera” delle tre imprese fornitrici, con conseguente trasferimento alla contribuente dell’onere di provare il contrario, non era stato validamente assolto mediante la riproduzione, con una serie di “omissis”, nell’accertamento emanato nei confronti della LO.MA. S.r.l., delle dichiarazioni degli amministratori delle medesime società cedenti che, per quanto dedotto dalla stessa Agenzia delle entrate, non sarebbero state verbalizzate in un p.v.c., con la conseguenza che non sarebbe stato possibile verificare se e quando esse fossero state assunte da un pubblico ufficiale, il loro contenuto originario, comprensivo dei passi che l’Ufficio aveva ritenuto di omettere nella motivazione dell’avviso;
3. per il giudice tributario d’appello, in sostanza, (cfr. pag. 5 della sentenza) «la mancata (ed incontestata) redazione del processo verbale di constatazione incide sulla formazione delle fonti di prova minandole alle fondamenta», il che si riflette sulla carenza di motivazione dell’avviso nella parte relativa alla individuazione delle tre società cedenti;
4. con ordinanza interlocutoria n. 10407/2022 la sesta sezione civile della Corte ha rimesso la causa a questa sezione;
Considerato che:
1. con l’unico motivo la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. c), d.P.R. n. 600 del 1973; 109 P.R. n. 917 del 1986; 19 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972;
4,5 ed 11 d.lgs. n. 446 del 1997; 270, 2727, 2729 e 2697 cod. civ. In sintesi, la ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che la mancanza di processi verbali, aventi ad oggetto le predette dichiarazioni di terzi e le risultanze delle ispezioni e degli accertamenti effettuati in loco presso le cartiere, precludesse la rilevanza di tali elementi istruttori ai fini della prova, anche indiziaria, della natura di “cartiera” delle cedenti e quindi dell’inesistenza delle operazioni, nei limiti nei quali essa grava sull’Ufficio;
1.1 il motivo è fondato;
innanzitutto, è priva di fondamento l’eccezione, sollevata dalla società nella memoria da ultimo depositata, di inammissibilità del ricorso dell’ufficio che non avrebbe attinto tutte quante le autonome rationes decidendi della sentenza d’appello. In realtà, a giudizio di questa Corte, la sentenza poggia sull’unica ratio decidendi rappresentata dall’irrilevanza delle fonti di prova poste a base dell’accertamento;
venendo all’esame del motivo di ricorso, è orientamento pacifico della Corte, che va qui ribadito, che «In tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate […]» (Cass. 18/10/2021, n. 28628);
ciò premesso, la sentenza impugnata erra quando nega qualsiasi “valenza probatoria” alle convergenti dichiarazioni dei terzi per il solo fatto che esse non siano state trascritte in un p.v.c., dotato di fede privilegiata. Al riguardo, va enunciato il seguente principio di diritto:
«In tema di applicazione delle imposte dirette e indirette, l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese da terzi, testualmente riportate in un avviso di accertamento (quale provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo di applicazione dell’imposta), non può essere disconosciuta, tamquam non esset. Le dichiarazioni di terzi rilevano come fonti di conoscenza, come fatti o indizi, che spetta al giudice di merito valutare insieme con gli altri elementi presuntivi che completano il quadro probatorio a sostegno della pretesa tributaria, al fine di decidere se l’Ufficio abbia soddisfatto l’onere della prova a suo carico, con conseguente trasferimento al contribuente dell’onere della prova contraria»;
2. in conclusione, accolto l’unico motivo di ricorso, la sentenza deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo, perché riesamini la causa attenendosi al principio di diritto che precede, ed anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.