CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 dicembre 2021, n. 38057
Accertamento – Tributi – Riscossione – Intimazione di pagamento – PVC
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate notificava il 5.12.2007 alla Pizzeria L.F. Srl di Roma (già R.B. Srl), l’intimazione di pagamento n. 097 2002 0315330567, attinente ad Ires, Ilor ed accessori, per un importo complessivo di Euro 254.477,96 (ric., p. 2) in relazione all’anno 1995. L’originario accertamento aveva tratto origine da Processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza nel novembre dell’anno 1996.
2. La società impugnava l’ingiunzione di pagamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma che accoglieva il ricorso, ritenendo che la notifica fosse stata effettuata irregolarmente, perché recapitata alla via del Corso n. 247 in Roma, e non al civico n. 248 ove la società aveva la sede legale. Reputava anche fondata la contestazione relativa alla irritualità della notifica della presupposta cartella di pagamento e la tardività della notificazione dei prodromici avvisi di accertamento.
3. Spiegavano appello, innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sia l’Agenzia delle entrate sia l’Incaricato per la riscossione, Equitalia Sud Spa, affermando la tardività del ricorso proposto avverso l’intimazione di pagamento dalla società. L’Agenzia osservava, inoltre, che la società aveva trasferito il proprio domicilio fiscale al civico n. 248 soltanto successivamente alla notificazione della presupposta cartella esattoriale (4.2.2003), e produceva visura camerale per provare la circostanza. Evidenziava, ancora, che la cartella esattoriale non era stata affatto impugnata.
La Ctr riscontrava che, effettivamente, la sede della società era stata trasferita al civico n. (..) solo in data 26.6.2007, mentre in precedenza si trovava proprio alla via del C. n. (.), dove erano state effettuate le notifiche. Valutava quindi ammissibile la produzione documentale cui aveva provveduto l’Incaricato per la riscossione soltanto in sede di secondo grado del giudizio. Più specificamente, in relazione all’impugnazione dell’intimazione di pagamento, rilevava la tardività della proposizione del ricorso da parte della società, che aveva ricevuto notifica il 5.12.2007, come da documentazione in atti, ed aveva spedito il ricorso soltanto in data 7.2.2008. Dichiarava pertanto il ricorso inammissibile, riformando la decisione dei primi giudici, e riaffermava la legittimità ed efficacia dell’intimazione di pagamento.
4. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione sfavorevole conseguita in grado d’appello la società, affidandosi a tre strumenti di impugnazione. Resistono mediante controricorso l’Agenzia delle entrate ed Equitalia Sud Spa. Il P.M., s. Procuratore Generale R.M., ha fatto pervenire le proprie conclusioni, ed ha domandato il rigetto del ricorso.
4.1. La società ha quindi depositato comparsa di costituzione di ulteriore difensore, con allegata documentazione volta a dimostrare l’intervenuta definizione agevolata della controversia, e successiva memoria con la quale ha domandato dichiararsi cessata la materia del contendere.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la contribuente lamenta il sostanziale difetto di esame, da parte dei giudici dell’appello, di dodici motivi di contestazione proposti, essendosi la Ctr limitata a sintetizzarne il contenuto, senza però procedere all’analisi degli stessi.
2. Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la violazione dell’art. 145 cod. proc. civ., in cui è incorsa la Ctr per aver ritenuto valida la notifica della “intimazione di pagamento … effettuata non solo fuori dalla sede sociale … in Roma via del C. n. (..) … la sede operativa ed effettiva era solo quella di via del C. (..) … basandosi su una informale visura storica della CCIAA … ma anche nelle mani di persona non abilitata a ricevere, ovvero la signora C.C., che si era qualificata “figlia del titolare” (ric., p. 25).
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente contesta la violazione dell’art. 329 cod. proc. civ., in cui è incorsa la Ctr per non aver rilevato che la decisione di primo grado aveva annullato la pretesa impositiva anche per l’intervenuta prescrizione/decadenza dal potere impositivo, autonoma ragione della decisione che non era stata fatta oggetto di impugnazione ad opera delle controparti.
4. Non sussistono le condizioni per procedere all’esame nel merito del giudizio. La ricorrente, infatti, ha depositato una documentata istanza (datata 13.10.2021) mostrando il proprio sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del processo, avendo aderito, in relazione all’accertamento fiscale relativo all’anno 1995, alla definizione agevolata di cui all’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, come conv. L’istante ha pure depositato copia del calcolo degli oneri effettuato dall’incaricato per la riscossione, e copia dei talloncini di versamento degli oneri. Con successiva memoria datata il 27.10.2021 ha esplicitato la richiesta di voler dichiarare cessata la materia del contendere.
5. Invero la contribuente ha prodotto documentazione non esaustiva, non sussistendo elementi per ritenere dimostrata la certa riferibilità dei versamenti effettuati alla definizione della controversia per cui è causa, e comunque non ha provveduto ad assicurare prova di aver notificato proprio la documentazione allegata alle controparti, l’Agenzia delle entrate ed Equitalia Spa, ai sensi degli artt. 372 e 390, ult. parte, cod. proc. civ., rivenendosi prova di invii telematici, ma non risultando esplicitato il contenuto dei messaggi trasmessi.
6. Difettando, nel caso di specie, dei requisiti prescritti dalle norme su richiamate, l’atto depositato non sarebbe di per sé idoneo a determinare l’estinzione del processo, non essendo il Collegio in condizione di verificare che ogni ragione di contestazione sia rimasta soddisfatta in conseguenza della ricordata adesione alla definizione agevolata ma, essendo inequivocabilmente indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso da parte della contribuente, comporta comunque la sopravvenuta inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Cass. sez. U, sent. 18.02.2010, n. 3876).
7. Può essere accordata la compensazione delle spese di lite, in considerazione delle ragioni della decisione.
8. La ricorrente non deve essere onerata del pagamento del c.d. “doppio contributo”, in applicazione del principio che questa Corte ha già avuto occasione di chiarire e ribadire, spiegando che “l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse)”, Cass. sez \/I-II 2.7.2015, n. 13636 (conf. Cass., sez. Ill, 10.2.2017, n. 3542, Cass. sez. V, 7.12.2018, n. 31732).
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità sopravvenuta per carenza di interesse alla pronuncia, in relazione al ricorso proposto dalla Pizzeria L.F., in persona del legale rappresentante prò tempore.
Dichiara compensate tra le parti le spese di lite.
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