CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 febbraio 2022, n. 3266
Tributi – Trasferimenti di impianti e rami d’azienda – Settore radiotelevisivo – D.Lgs. n. 177 del 2005 – Atti precedenti all’emanazione della norma – Art. 27, co. 7-bis, del D.Lgs. n. 177 del 2005 – Validità e non rettificabilità ai fini tributari
Fatti di causa
1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano (n.340/21/2013), che aveva accolto il ricorso presentato dalla A. P. s.n.c., nonché dai soci A. R. e R. V. contro l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, ai fini Iva, dalla Agenzia delle entrate, che aveva ritenuto che il contratto stipulato dalla A. P. (acquirente) con la società R. R. s.r.l. (venditrice), avente ad oggetto l’impianto di radiodiffusione sonora mediante scrittura privata registrata, costituiva una cessione di ramo d’azienda assoggettata all’imposta proporzionale di registro, e non una cessione di beni da sottoporre al regime Iva. Era stata, dunque, contestata alla società contribuente la detrazione dell’Iva relativa alla fattura n. 1 dell’11 gennaio 2006 per euro 16.000,00. In particolare, il giudice d’appello evidenziava che, ai sensi dell’art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 del 2005 (l’art. 40, comma 9-bis del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, ha inserito il comma 7-bis all’art. 27 del d.lgs. n. 177/2005), la cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda; l’Agenzia aveva riqualificato l’atto negoziale di cessione del singolo bene in cessione di ramo d’azienda, in quanto non vi era stata solo la cessione di un singolo impianto radiofonico, ma anche il trasferimento di tutti i contratti di utenza e di ogni altro contratto connesso direttamente o indirettamente con l’attività, oltre al trasferimento dei diritti di uso delle frequenze telefoniche ed anche dell’avviamento. La Commissione regionale, quindi, con riferimento al secondo periodo dell’art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 del 2005, reputava sussistente una “clausola di salvaguardia”, che, nel rispetto del principio del legittimo affidamento, considerava validi e, in ogni caso, non rettificabili gli atti relativi a trasferimenti di impianti e di rami d’azienda, come definiti dalla nuova disciplina, posti in essere dagli operatori del settore prima dell’entrata in vigore della stessa. Non si trattava, però, di un “mini condono” alle operazioni poste in essere prima dell’entrata in vigore del decreto-legge; di qui, l’accoglimento dell’appello dell’Ufficio.
2. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione la società ed i soci.
3. L’Agenzia delle entrate si “costituisce ” solo ai fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, c.p.c..
4. La controversia, esaminata da questa Corte in sesta sezione, è stata trasmessa alla sezione quinta, non sussistendo gli elementi di cui all’art. 375 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con un unico motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la “violazione dell’art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 del 2005, introdotto dall’art. 40, comma 9-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 12 delle preleggi e all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 “. In particolare, il giudice d’appello, pur facendo ricorso alla disposizione di cui al primo periodo dell’art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 2005, sopravvenuta in corso di giudizio, ha poi omesso di applicare il successivo periodo della predetta norma, con riferimento agli atti relativi a trasferimenti di impianti e di rami d’azienda posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni, che erano in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari. La Commissione regionale, si è infatti limitata ad affermare che la nuova normativa non costituiva un “mini condono” alle operazioni poste in essere prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Invero, la questione relativa alla qualificazione giuridica della cessione di impianti radiofonici, talora ritenuta una vera e propria cessione d’azienda o di ramo d’azienda, con conseguente applicazione dell’imposta di registro proporzionale, in altri casi reputata una mera cessione di beni, con applicazione del regime dell’Iva, costituiva oggetto di interpretazioni contrastanti anche da parte dell’Agenzia delle entrate (cfr. Risoluzione della VI Commissione-Finanze della Camera dei Deputati n. 7/00544 del al proprio 2011 “gli uffici finanziari…per quanto riguarda gli atti assoggettati ad imposta di registro, hanno in alcuni casi accertato un maggior valore della cessione, ed hanno in altri casi contestato la mancata applicazione dell’Iva, mentre per gli atti assoggettati ad Iva, hanno chiesto l’applicazione dell’imposta di registro”).
1.2. L’art. 40, comma 9-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, in vigore dal 28 dicembre 2011, ha inserito all’art. 27 del d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, il comma 7-bis, in base al quale: “la cessione anche di uno solo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli atti relativi a trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari”.
2. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha ritenuto che tale disposizione ha stabilito, per le future cessioni di impianti radiofonici, un rigido criterio di qualificazione, ma, al contempo, ha inteso assicurare l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse (come la presente, che risale all’anno 2006), onde garantire certezza di programmazione ed operatività agli operatori di un settore economico reputato di particolare rilevanza e delicatezza (Cass., sez. 5, 30 luglio 2021, n. 21838; Cass., sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34698; Cass., sez. 5, 9 gennaio 2019, n. 360; Cass., sez. 5, 26 gennaio 2018, nn. 1968 e 1969; Cass., sez. 5, 28 dicembre 2017, nn. 31071 e 31072; Cass., sez. 5, 26 luglio 2017, n. 18489; Cass., sez. 5, 14 luglio 2017, n. 17515)
3. La Risoluzione della Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle entrate n. 33/E del 10 aprile 2012, ha chiarito l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse, per le quali resta ferma la qualificazione giuridica datane dalle parti (” vi è cessione di ramo d’azienda tutte le volte in cui il trasferimento abbia ad oggetto anche un singolo impianto radiotelevisivo purché lo stesso non sia costituito dalle sole attrezzature. A maggior ragione, vi è trasferimento di ramo d’azienda tutte le volte in cui la cessione riguardi più impianti. Si deve, quindi, ritenere che la cessione delle attrezzature unitamente ad altre risorse [quali frequenze, marchi, brevetti] configuri una cessione di azienda o di ramo d’azienda, come tale esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, mentre il trasferimento delle sole attrezzature configuri una cessione di beni, rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. La norma fa salvi, comunque, i comportamenti pregressi adottati dagli operatori del settore, riconoscendo in ogni caso la validità della qualificazione giuridico-tributaria attribuita agli atti relativi alla cessione di impianti radiotelevisivi come definiti dalla disposizione in esame, posti in essere prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa”).
4. Nella fattispecie in esame la società contribuente A. P. s.n.c. ha acquistato dalla società R. R. nell’anno 2006 un impianto di radiodiffusione, reputando l’operazione come una mera cessione di beni, con conseguente applicazione dell’Iva; l’Agenzia delle entrate, invece, sul presupposto che tale vendita dovesse essere qualificata come cessione di ramo d’azienda e non di singoli beni, ha ritenuto applicabile, non l’Iva, ma l’imposta proporzionale di registro ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 e dell’art. 2, comma 3, lettera b) del d.P.R. n. 633 del 1972, accertando in capo alla contribuente, per l’anno di imposta 2006, una minore Iva detraibile pari ad euro 16.000,00, irrogando contestualmente sanzioni pari ad euro 20.000,00.
5. Pertanto, proprio in ragione dello ius superveniens costituito dal comma 7-bis dell’art. 27 del d.lgs. n. 177 del 2005, introdotto dall’art. 40 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214 del 2011, non era consentito all’Agenzia delle entrate rettificare, ai fini dell’applicazione dell’imposta, la qualificazione giuridica data dalle parti all’operazione commerciale in esame, qualificata come cessione di singoli beni e non come cessione di azienda di ramo d’azienda; sicché era corretta la detrazione dell’Iva da parte della società acquirente il bene. Il giudice di appello, invece, è incorso nel vizio di violazione di legge, laddove ha consentito alla Agenzia delle entrate di rettificare ai fini tributari la qualificazione giuridica data dai contraenti al negozio di cessione dell’impianto di radiodiffusione, da cessione di bene a cessione di azienda.
6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, ma non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere definita nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con l’accoglimento del ricorso originario dei contribuenti.
7.La definizione della controversia in base alla normativa sopravvenuta impone la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità e di quelle relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità e dei gradi di merito.
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