CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 gennaio 2019, n. 175
Rapporto di lavoro – Dirigente – Sussistenza della giusta causa delle dimissioni – Accertamento – Dequalificazione
Svolgimento del processo
1) Con sentenza del 9.3.2016 la corte d’Appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda di A.B., dirigente dipendente della W. srl volta a far accertare la sussistenza della giusta causa delle dimissioni rassegnate il 24.4.2009 in ragione della dequalificazione subita, con condanna della datrice di lavoro all’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare, oltre che del danno non patrimoniale subito.
2) Il primo giudice aveva escluso che fossero emerse prove sufficienti per ritenere che le mansioni di studio, a cui era stato adibito il B. con comunicazione del 20 dicembre 2008, fossero dequalificanti e non equivalenti a quelle operative svolte in precedenza. La corte di merito, ha invece accertato il demansionamento, ritenendo che le precedenti mansioni di responsabile vendite per il Lazio e l’Abruzzo avevano implicato il coordinamento e la direzione del personale addetto a tali vendite, l’effettuazione di nuove assunzioni, la disposizione di piani ferie, la programmazione degli orari di apertura e chiusura dei punti vendita, la realizzazione di congressi con i venditori e il personale dei punti vendita, mentre a seguito della citata comunicazione il lavoratore era stato per qualche tempo inoperoso, per poi essere adibito, dai primi di marzo 2009 e sino alle dimissioni, a mansioni di semplice venditore, circostanza non contestata di fatto dalla società, la quale si era limitata a contestare soltanto quanto dedotto dal B. circa l’incarico di mero studio di vendite del settore auto, attività a dire della società funzionale all’assunzione di decisioni di alta amministrazione.
3) Secondo la corte territoriale, poi, l’esistenza di una giusta causa di dimissioni non veniva inficiata dalla circostanza che il B. fosse stato assunto dopo una settimana da altra azienda, non trattandosi di motivo illecito o dimostrativo di uno sviamento della causa dell’atto di dimissioni. E’ stato pertanto riconosciuto il diritto del dirigente al pagamento delle indennità richieste, mentre è stata respinta la domanda di riconoscimento del danno non patrimoniale, in particolare di danno all’immagine, non essendo stati dedotti per la corte di merito fatti specifici idonei a fornire la prove del dedotto pregiudizio.
4) Per la cassazione della sentenza propone ricorso principale la società affidato a due motivi, poi illustrato con memoria; resiste B. con controricorso, svolgendo altresì ricorso incidentale e ricorso incidentale condizionato, affidati ad un unico motivo.
Motivi della decisione
5) Con il primo motivo di ricorso principale la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 414, 416 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c.. Secondo la società avrebbe errato la corte territoriale nell’affermare che vi era stata una 1 mancata contestazione delle allegazioni contenute nel ricorso introduttivo di primo grado, aventi ad oggetto l’adibizione a mansioni di semplice venditore, con conseguente raggiungimento della prova su tale fatto. Per la ricorrente le allegazioni sarebbero state del tutto generiche, mentre nella memoria di costituzione la società aveva ben descritto quali fossero state le nuove mansioni affidate al B., consistenti in un importante incarico di studio e di ricerca da svolgere alle dirette dipendenze dell’Amministratore delegato, incarico consistito nei primi giorni nel relazionare in ordine al sistema vendita relativamente al settore cooperazioni clienti/auto per le regioni Lazio e Abruzzo. Secondo la ricorrente il presupposto logico – giuridico della non contestazione è la specificità dell’ allegazione, che non esisteva nel caso in esame, perché i fatti dedotti non sarebbero stati esaustivi, tali da poter far ritenere l’esistenza di un demansionamento.
6) Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n.4 c.p.c., in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.: per la ricorrente la sentenza sarebbe nulla per incoerenza e contraddottorietà della motivazione, laddove avrebbe ritenuto pacifico lo svolgimento di mansioni di “semplice venditore”, non avendo mai il B. nel ricorso introduttivo dedotto tale circostanza, ma avendo solo dedotto di aver svolto mansioni “sostanzialmente di venditore”, consistenti nel “prendere appuntamenti con gli addetti agli acquisti di società o enti per tenere pubbliche relazioni, oppure per sollecitare le vendite nell’ambito di un accordo quadro con prezzi già prestabiliti”. Per la ricorrente si tratterebbe di deduzioni del tutto generiche, mentre il fatto storico non considerato dalla Corte consisterebbe nell’essere stato il dirigente ancora destinatario, nel periodo gennaio – aprile 2009, di un provvedimento di assegnazione a mansioni di studio e di ricerca, il cui contenuto non era mai stato revocato in alcun modo con attribuzioni di mansioni diverse da questa ultime.
7) Il primo motivo del ricorso non merita accoglimento: la società lamenta sostanzialmente che la corte distrettuale abbia ritenuto non contestata un’ allegazione del ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c., che invece era generica.
L’assunto è infondato perché la deduzione del B., esaminata e trascritta in sentenza dalla corte di merito, specifica sufficientemente in cosa erano consistite le mansioni del dirigente nei mesi di marzo ed aprile 2009 – in particolare attività di semplice venditore per telefono, con compito di prendere appuntamenti telefonici con gli addetti per acquisti da parte di società o di enti, oppure per sollecitare le vendite) ritenute non equivalenti alle mansioni precedentemente svolte. Tali specifiche deduzioni non risulta siano state oggetto di espressa contestazione da parte della società con la memoria di costituzione in primo grado.
8) Ed infatti nel caso in esame le deduzioni della memoria di costituzione di primo grado, che la ricorrente società ha trascritto nel ricorso di legittimità, non fanno riferimento agli specifici fatti prima evidenziati, ma contengono altre argomentazioni relative all’incarico affidato al dirigente con la comunicazione del 20.12.2008, avente ad oggetto lo studio e le ricerche concernenti il sistema di vendita.
9) Il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione esatta degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova (così Cass. n. 20637/2016).
9) Il secondo motivo di ricorso principale è in parte inammissibile nella parte in cui deduce una nullità della sentenza, che tuttavia non viene specificata ed individuata correttamente in termini di assenza di qualsiasi motivazione su di j un preciso punto di domanda.
10) Ma comunque il motivo infondato, perché la società lamenta un omesso esame di un fatto a suo dire decisivo, che sembra individuare nel conferimento dei compiti di ricerca e di studio assegnati con la lettera del 20.12. 2008 e del quale il B. era comunque destinatario, anche nel periodo da gennaio ad aprile 2009, accanto alle mansioni di venditore.
Tuttavia fatto storico, pur volendolo ritenere tale nonostante non appaia sufficientemente delineato, non assume nell’iter argomentativo della corte di merito alcun carattere di decisività, essendosi la corte, nell’ accertare l’esistenza del demansionamento, riferita in particolare a quelle mansioni di venditore che erano risultate concretamente svolte negli ultimi due mesi e che ha ritenuto decisamente dequalificanti e quindi giustificative delle dimissioni per giusta causa.
11) con il motivo di ricorso incidentale A.B. deduce la violazione degli artt. 114, 112 e 115 c.p.c., dell’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 4 c.p.c. per avere la corte erroneamente respinto la domanda di risarcimento del danno per asserita assenza di specifiche allegazioni sul danno non patrimoniale per demansionamento. In particolare secondo il B. nel ricorso introduttivo di causa sarebbe stata dedotta, e sarebbe dovuta pertanto essere oggetto di prova, la circostanza in ordine al tipo di pregiudizio subito, contenuta nel capitolo di prova di cui al ricorso di primo grado, trascritto nel presente ricorso di legittimità ed avente ad oggetto l’allegazione delle conseguenze prodottesi, a causa della sua retrocessione a venditore, in termini di diffusione tra i colleghi di dubbi sulle sue capacità professionali, dubbi che si diffondevano anche all’esterno dell’azienda nell’ambito di altre ditte operanti nel settore.
12) Con un secondo motivo di ricorso incidentale condizionato e il B. deduce la violazione dell’art. 2013 c.c., degli art. 115 e 116 cpc, per non avere accertato la corte che le mansioni di studio e di ricerca non erano comunque equivalenti a quelle di dirigente responsabile di tutta la forza vendite.
13) Il primo motivo è infondato. La corte di merito ha correttamente ritenuto che fossero assenti nel ricorso idonee allegazioni dirette a fornire la prova del danno all’immagine ritenendo l’estrema genericità dell’unico capitolo che sorreggeva la deduzione attorea. Ed infatti le conseguenze pregiudizievoli in termini di danno all’immagine a causa di determinati comportamenti, devono pur sempre provarsi in base a fatti significativamente descritti e precisati, non attraverso affermazioni tautologiche, che non fanno riferimento alcuno al come, dove e quando tali fatti si siano verificati.
13) Il ricorso principale e quello incidentale devono essere pertanto respinti, restando assorbito il ricorso incidentale condizionato.
14) le spese del presente giudizio possono essere compensate, stante la reciproca parziale soccombenza tra le parti.
P.Q.M.
Respinge il ricorso principale ed il ricorso incidentale , assorbito il ricorso incidentale subordinato. Compensa le spese tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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