CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 marzo 2019, n. 6832
Accertamento – Reddito da partecipazione – Cessione ramo d’azienda – Dichiarazioni dei redditi – Modello Unico – Plusvalenza
Fatti di causa
l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, indicata in epigrafe, con la quale è stato accolto l’appello di A.G. ed annullato l’avviso di accertamento emesso, per l’anno d’imposta 2001, impugnato dal contribuente, cui veniva imputato un reddito da partecipazione, in relazione alla cessione, a decorrere dal mese di agosto 2001, da parte del medesimo e di F.L., nella loro qualità di soci della S. di L.F. & C. s.a.s., del ramo di azienda concernente l’esercizio dell’attività di stabilimento balneare, con annesso bar, sito in Sabaudia, al dichiarato prezzo di Lire 83.280.000, avendo l’Ufficio rilevato che nel Modello Unico 2002 presentato dalla predetta società, per l’anno d’imposta in questione, non risultava dichiarata la relativa plusvalenza, da cui derivava un reddito d’impresa di Lire 184.436.000 da imputare ai soci ai fini Irpef, essendo rimasto inevaso l’invito, notificato il 29/5/2007, a fornire chiarimenti, documenti e scritture contabili attinenti detta operazione, ai sensi dell’art. 32, d.p.r. n. 600 del 1973.
Il giudice di appello osservava che nella medesima udienza (17/6/2011) aveva disposto l’annullamento dell’analogo avviso di accertamento impugnato dalla società S. di L.F. & C., sul rilievo che non il registro dei cespiti ammortizzabili bensì il libro giornale, prodotto in copia, “costituisce la prova della corretta quantificazione della plusvalenza” essendo “l’unico registro previsto dalla normativa civilistica e fiscale idoneo a documentare le movimentazioni economiche e finanziarie di una azienda” e, quanto alla dimostrazione che “le perdite non erano state già compensate negli esercizi precedenti”, che “spettava all’ufficio, semmai, provare, mediante le dichiarazioni dei redditi in suo possesso, che quanto dichiarato era <falso> e non chiederne la dimostrazione” al contribuente, per cui, in via consequenziale (e per le stesse ragioni???), anche annullato anche l’atto impositivo impugnato dal socio.
Il contribuente in questa sede non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
La ricorrente Agenzia delle Entrate lamenta, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione degli artt. 41 bis, d.p.r. n. 600 del 1973, giacché il giudice di appello ha ritenuto di annullare la rideterminazione del reddito del socio sulla base del semplice presupposto dell’annullamento, disposto con la sentenza n. 585/40/2011, pronunciata in pari data nei confronti della società S. di L.F. & C., di analogo avviso di accertamento del reddito d’impresa relativo alla medesima annualità, senza considerare che si tratta di decisione non definitiva, ancora suscettibile di impugnazione, ed infatti oggetto di ricorso per cassazione (R.G. n. 25000/2012), e con il secondo subordinato motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 4, omessa applicazione dell’art. 295 c.p.c., applicabile anche al giudizio tributario, giacché il giudice di appello non ha ritenuto di sospendere il processo in attesa della definizione della controversia pregiudicante avente ad oggetto, appunto, l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della predetta società.
La sentenza si fonda su un giudicato esterno, allo stato insussistente, in quanto la CTR ha fatto derivare dall’annullamento dell’avviso di accertamento del maggior reddito d’impresa, riferito all’anno 2001, notificato alla S. di L.F. & C. s.a.s., l’annullamento “in via consequenziale” anche dell’avviso di accertamento del maggior reddito di partecipazione del socio A.G., oggetto della presente controversia, laddove la sentenza n. 585/40/2011, resa nella stessa data nei confronti della società, risulta ritualmente impugnata.
Questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, in tema di contenzioso tributario, va cassata con rinvio la sentenza che decida la causa pregiudicata in base alla decisione, non ancora passata in giudicato, della causa pregiudiziale, dovendosi, in tale ipotesi, disporre la sospensione del processo pregiudicato ex art. 295 c.p.c. (Cass. n. 22673/2015; 16615/2015).
Alla luce di quanto sopra esposto, consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, restando assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata, ed il rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale in diversa composizione procederà a nuovo esame della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.