CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 marzo 2018, n. 5942
Licenziamento in tronco – Mansioni – Ritardo pagamento di determinate polizze di assicurazione – Grave lesione del vincolo fiduciario
Svolgimento del processo
1) La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva respinto la domanda di Marco S. diretta a far accertare l’illegittimità del licenziamento in tronco comminatogli con lettera del 10.11.2011 a seguito di contestazione disciplinare con la quale gli si addebitava di non aver provveduto al corretto e puntuale pagamento di determinate polizze di assicurazione in scadenza e nell’avere omesso di comunicare al superiore gerarchico il ritardo nel pagamento stesso.
2) Secondo la Corte territoriale gli esiti dell’istruttoria svolta in primo grado non consentivano di affermare l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, atteso che pur essendo stato provato l’evento del tardivo pagamento dei premi nella sua materialità, non poteva ritenersi corretto l’assunto del primo giudice che aveva ritenuto ascrivibile al S. la responsabilità dell’accaduto in base alle circostanze che rientrasse nei compiti del dipendente anche il pagamento dei premi e che nell’ufficio di assegnazione vigesse un’organizzazione basata su commistione di compiti. Secondo la Corte territoriale l’addebito disciplinare implica che il fatto contestato sia imputabile al lavoratore come autore cosciente e volontario, dunque che sia a lui ascrivibile esclusivamente a titolo di dolo o di colpa grave per il mancato o inesatto adempimento, non diversamente da quanto previsto per l’illecito penale o , amministrativo. Spettava quindi alla datrice di lavoro fornire la prova del ritardato pagamento delle polizze proprio da parte del S., ma tale prova, di cui la società era onerata, non era stata fornita.
3) La sentenza impugnata ha precisato che le testimonianze raccolte in primo grado non avevano infatti consentito di provare l’effettivo autore di tale ritardato pagamento, essendo per contro emerso da tale istruttoria una disorganizzazione dell’ufficio con totale commistione di compiti tra i vari addetti, così che tali ritardati pagamenti non potevano ricondursi neanche a scarsa diligenza disattenzione del lavoratore.Ciò che secondo la Corte aveva in realtà contribuito a confermare la scelta datoriale nei confronti del S. era unicamente il suo essersi proclamato non colpevole dell’inadempimento contestatogli.
5) Avverso la sentenza ha proposto ricorso la società R.F. spa con due motivi, poi illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.; ha resistito S. con controricorso, a cui ha fatto seguito memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
6) Con il primo motivo di ricorso la società deduce l’omesso esame dell’effettivo motivo che ha indotto alla sanzione espulsiva e sua idoneità a ledere la fiducia, ai senso dell’art. 360 c. 1, n. 5 c.p.c. secondo la società ricorrente la corte avrebbe omesso di valutare il comportamento tenuto dal lavoratore, non solo in sede disciplinare ma anche nel procedimento, che aveva negato che fosse stato a lui demandato il compito di effettuare i pagamenti delle polizze. In particolare la corte avrebbe fatto riferimento solo al fatto storico in sé del ritardato pagamento e non invece alla generale condotta tenuta dal S. che ha negato recisamente di avere anche mansioni che includevano il pagamento di polizze.
Sarebbe stata quindi omessa la valutazione di un fatto decisivo, ossia la colpa del lavoratore, desunta dalla negazione di aver avuto tra le mansioni attribuitegli anche quella del pagamento dei premi delle polizze. Il lavoratore infatti si sarebbe difeso negano radicalmente la sussistenza dei compiti allo stesso attribuiti, ciò risultando anche dalle testimonianze raccolte il primo grado. Inoltre la sentenza impugnata non avrebbe poi considerato che la massima sanzione erogata, in luogo della sanzione conservativa irrogata ad altro collega F., era dipesa dalla circostanza che quest’ultimo aveva riconosciuta la propria responsabilità a differenza del S. e dunque dal diverso elemento soggettivo che aveva caratterizzato le condotte. Vi sarebbe stato quindi un’ insufficiente valutazione dell’elemento psicologico – la colpa – del lavoratore, che andava ritenuto come fatto decisivo che la mansione del pagamento della polizza era specificamente prevista dal mansionario, a differenza di quanto sostenuto dal lavoratore.
7) Il motivo non merita accoglimento. Secondo la ricorrente la corte territoriale non avrebbe esaminato un elemento essenziale ai fini della decisione ed oggetto di discussione tra le parti consistente nella negazione da parte del S. di un suo obbligo di effettuare i pagamenti delle polizze, mansione a suo dire non rientrante nelle sue mansioni. L’assunto è infondato per due ordini di motivi: in primo luogo tale dichiarazione è stata esaminata dalla sentenza, ma è stata ritenuta non decisiva perché di fatto non pertinente con riferimento agli addebiti così come contestati al lavoratore.
8) La corte territoriale invero ha motivato rilevando che, pur avendo la società datrice di lavoro precisato nella contestazione che rientrava nelle mansioni del S. anche il puntuale pagamento di polizze assicurative, il precipuo addebito mosso al dipendente era quello di non aver effettuato, nei perentori termini previsti ai fini dell’ operatività dell’assicurazione, il pagamento di due specifici premi, così causando un danno per la società, che aveva dovuto accollarsi l’indennizzo dei due sinistri. I giudici di appello hanno ritenuto quindi che non esisteva la materialità dell’addebito, non avendo la società provato che fosse riconducibile proprio al S. l’inadempimento contestato che concerneva il ritardato pagamento proprio delle due polizze oggetto dell’addebito contestato.
9) La corte territoriale peraltro, nel pieno rispetto di quanto la nuova formulazione del vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c prevede, con una motivazione reale e non manifestamente illogica, ha esaminato e valutato anche la condotta del S. tenuta nel procedimento disciplinare seguito alla contestazione, in cui il lavoratore aveva negato che fosse sua mansione anche il pagamento dei premi. La corte territoriale ha invero precisato che tale comportamento non aveva finalità di contrasto in modo surrettizio delle indagini della datrice di lavoro durante la fase istruttoria, o di occultamento di prove, ma costituiva una mera e legittima finalità difensiva.
10) Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2014, 2016, 2119 c.c., dell’art. 7 legge n. 300, degli artt. 220 e 225 del CCNL, in relazione art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c. La corte avrebbe errato nella prospettazione giuridica del fatto laddove non ha attribuito valore di grave lesione del vincolo fiduciario al comportamento tenuto dal S., il quale aveva negato in radice che la mansione afferente al pagamento delle polizze fosse di competenza del suo ufficio Divisione prodotto. Il comportamento tenuto dal lavoratore , nella fattispecie correttamente qualificata,non solo rientrava tra quelli previsti dall’art. 2104 c.c., ma si configurava tra quelli che creano situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa. L’esatta qualificazione giuridica della fattispecie, che ha indotto la società al licenziamento, andava individuata quindi nel comportamento del S., fermamente ed insistentemente negatorio dei propri doveri e delle mansioni allo stesso affidate. Tale condotta rientrerebbe , a dire della ricorrente, in quelle che l’art. 220 del CCNL del settore prevede come suscettibili di essere sanzionate con il licenziamento in tronco, sulla base della valutazione di ragionevolezza e di proporzionalità della sanzione in base al fatto addebitato.
11) Il motivo è inammissibile. La ricorrente fa discendere da quella che a suo dire sarebbe la corretta qualificazione dell’addebito, ossia la negazione in radice da parte del S. del compito anche di pagare i premi, la particolare gravità della condotta che la corte non avrebbe correttamente valutato alla luce anche delle ipotesi di illeciti disciplinari che la contrattazione collettiva, agli artt. 225 e 220 del CCNL settore terziario, sanziona con il licenziamento senza preavviso, stante la loro valenza ampiamente lesiva della fiducia. Tuttavia in violazione dell’art. 366 c. 1 n. 6 e dell’art. 369 c. 2, n. 4 c.p.c. la ricorrente non deposita il contratto collettivo nazionale indicato in ricorso . Tuttavia tale onere può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, trattandosi di un adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.; peraltro non può considerarsi sufficiente neanche il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, senza un preciso elenco degli atti e una puntuale indicazione del documento (cfr Cass. n. 4350/ 2015, cfr Cass. n. 195/2016).
Il ricorso deve essere pertanto respinto, con condanna della ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese del grado, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 giugno 2019, n. 16598 - Licenziamento per giusta causa per ripetitività delle condotte irregolari poste in essere dal lavoratore comportante la lesione del vincolo fiduciario - La giusta causa di licenziamento deve…
- MINISTERO dell' AGRICOLTURA - Decreto ministeriale n. 124922 del 27 febbraio 2023 - Modalità attuative e invito a presentare proposte per le campagne assicurative 2021-2022 - Polizze a copertura dei rischi sulle strutture aziendali, dei costi di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 8737 depositata il 28 marzo 2023 - Nei licenziamenti in tronco i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l'elemento…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2019, n. 11702 - Licenziamento per violazione dei doveri di collaborazione, diligenza e fedeltà - Lesione del vincolo fiduciario
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 646 depositata il 12 gennaio 2023 - Le polizze con “cedola” recanti la corresponsione di un capitale a scadenza, sono assimilabili alle “polizze vita” di cui alla nota dell’Agenza n. 954-148814 del 3 novembre 2006
- TRIBUNALE di FOGGIA - Ordinanza del 3 aprile 2023 - La giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti - al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo - le previsioni dei contratti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…