CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 giugno 2018, n. 14571
Tributi – Accertamento catastale – Rettifica della rendita proposta – Conteggi estimativi – Validità
Ritenuto in fatto
A seguito di un ampliamento del proprio complesso industriale, I.P. s.r.l. presentava un nuovo documento DOCFA proponendo una rendita catastale di € 38.222,50. L’Agenzia del Territorio con avviso di accertamento notificato in data 1.9.2007 accertava una maggiore rendita pari a € 60.933,00.
La Commissione Tributaria Provinciale di Potenza davanti la quale è stato impugnato l’avviso, con sentenza n. 17/01/2008 accoglieva il ricorso della contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale della Basilicata con sentenza n. 203/3/2010 depositata il 14.10.2010 accoglieva l’appello dell’ufficio sul presupposto che l’attribuzione della nuova rendita catastale fosse stata debitamente motivata sulla base del conteggio estimativo allegato alla notifica e operata con i criteri previsti dalla legislazione in materia.
La contribuente propone ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi ed illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..
L’agenzia del Territorio resiste con controricorso;
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del suo ricorso I.P. s.r.l. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 16 comma 3, 20 comma 2 e 53 comma 2 del D.Lgs n. 546 del 1992 nonché degli artt. 3 e 4 della legge 20.11.1982 n. 890 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
Lamenta la ricorrente che la CTR non si era pronunciata sulla eccezione di inammissibilità dell’appello per inesistenza della notificazione effettuata, a mezzo posta in busta chiusa, anzicchè in plico senza busta.
La censura non è fondata.
1 a. Va premesso che la CTR ha disatteso implicitamente l’eccezione di nullità della notifica dell’atto di appello decidendo nel merito la controversia. Nel processo tributario, la spedizione del ricorso o dell’atto d’appello a mezzo posta in busta chiusa, pur se priva di qualsiasi indicazione relativa all’atto in esso racchiuso, anziché in plico senza busta come previsto dall’art. 20 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, costituisce una mera irregolarità se il contenuto della busta e la riferibilità alla parte non siano contestati, essendo, altrimenti, onere del ricorrente o dell’appellante dare la prova dell’infondatezza della contestazione formulata, (da ultimo, Cass. 19864/16; Cass. n. 15309 del 2014). Nella specie è pacifico, sulla base della stessa doglianza di parte ricorrente, che né il contenuto della busta né la sua riferibilità alla parte siano stati contestati.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 comma 2 del DPR n. 600 del 1973, dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 2697 c.c.; omessa motivazione circa un 26 aprile 1986 n. 131, dell’art. 3 legge 7 agosto 1990 n. 241, art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212 e art. 13 D.lgs. 347/1990, l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.. In particolare la ricorrente lamenta la mancata allegazione del foglio dei conteggi estimativi all’avviso di accertamento e il conseguente difetto di motivazione dell’avviso stesso.
La censura non è fondata.
2 a. La CTR con motivazione congrua ha accertato che il conteggio estimativo della nuova rendita catastale era stato allegato alla notifica dell’atto di accertamento e che la rettifica era stata effettuata a seguito dell’ampliamento del complesso industriale sulla base della dichiarazione DOCFA del 16.12.2005 con la quale era stata proposta dalla contribuente una nuova rendita catastale inferiore a quella già censita, di talché l’accertamento di fatto operato risulta insindacabile nella presente sede.
Peraltro, con la doglianza relativa al fatto che il foglio dei conteggi estimativi non fosse allegato all’avviso di accertamento ma alle controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate, la parte lamenta un errore di fatto riconducibile all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; lamenta, infatti, un errore di percezione, o una mera svista materiale, che ha indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto decisivo, che risulterebbe, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa.
L’errore in questione, presupponendo il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali. (Cass. n. 22171 del 2010), avrebbe dovuto essere fatto valere come vizio revocatorio.
3. Con il terzo motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. degli artt. 28 e 30 del DPR 1142/1949 nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.. Si duole la ricorrente della violazione della normativa in tema di classamento catastale per mancanza di stima diretta dell’immobile.
La censura non è fondata
Per gli immobili a destinazione speciale, come quello in esame (opificio cat. D), l’atto di classamento costituisce l’esito di un procedimento specificamente regolato dalla legge, che prevede la partecipazione del contribuente e che, per gli immobili appartenenti alla indicata categoria, trova il proprio presupposto in una “stima diretta” eseguita dall’ufficio, in relazione alla quale, esprimendo essa un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano non già a fini della legittimità, ma della attendibilità concreta del giudizio accennato, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa indicata in motivazione (Cass. n. 5404 del 2012).
La CTR ha adeguatamente motivato sul punto, accertando la correttezza della procedura di stima adottata che è diretta in quanto fondata sulla attribuzione dei valori unitari per le tre tipologie di opere edilizie; la stima diretta è stata anche supportata da una comparazione con i costi unitari di ricostruzione di opere di fabbricati della medesima tipologia riferiti al biennio 1988-1989. Il tasso del 2,5% è uguale a quello proposto dalla contribuente nel DOCFA
Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €4.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.
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