CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2018, n. 7030
Tributi – Accertamento – Reddito d’impesa – Riscossione – Registrazioni contabili – Fatture
Fatti di causa
S. Snc di G.F. & C., nonché i soci F.G. e L.D., impugnavano gli avvisi di accertamento per Irap ed Iva nonché, rispettivamente, Irpef per l’anno 2003, con cui veniva rettificato il reddito d’impresa in ordine alla deducibilità di costi per operazioni premio perché non di competenza e – con riguardo ad ulteriori dodici fatture, qualificate in bilancio come spese incentivazione vendite – perché anch’esse erano riferibili ad operazioni premio e non integralmente deducibili.
Il giudice di primo grado accoglieva le impugnazioni limitatamente al secondo rilievo.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, peraltro, riuniti i procedimenti, parzialmente riformava la decisione di primo grado ritenendo errata la ripresa a tassazione solo per due fatture.
La contribuente ricorre per cassazione con un motivo, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con un motivo.
Il giudizio, con ordinanza interlocutoria n. 16781 del 2017, veniva rinviato a nuovo ruolo per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci.
Ragioni della decisione
1. Va dato atto dell’avvenuta regolare ottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci.
2. L’unico motivo del ricorso principale denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione dell’art. 116 c.p.c.
La società lamenta, in particolare, che il giudice d’appello, attesa la produzione di due sole fatture delle dodici contestate, non abbia ritenuto comunque assolto l’onere della prova in ordine alla qualificazione dei costi di tutte e dodici le fatture come prestazioni di servizi, essendo non contestato dall’Agenzia delle entrate che tutte riportavano la medesima dicitura “compensi ns prestazioni diffusione marco C.”.
2.1. Il motivo è infondato.
La censura, in primo luogo, è carente di autosufficienza quanto all’asserita “non contestazione” sul contenuto delle diciture apposte sulla totalità delle fatture o, comunque, che la circostanza fosse “pacifica” tra le parti, non avendo il ricorrente indicato “in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica” (v. Cass. n. 24062 del 12/10/2017; Cass. n. 12840 del 22/05/2017).
Per contro, come risulta dall’avviso di accertamento (riprodotto in parte qua per autosufficienza) e, poi, dall’atto di gravame dell’Agenzia (di identico contenuto), l’Ufficio aveva avanzato una radicale contestazione affermando che “si tratta di costi relativi ad operazioni a premi, come chiaramente specificato nelle relative fatture, sicché la circostanza non poteva dirsi incontroversa.
Né può essere invocata la prospettazione operata dal giudice di primo grado, la cui generica valutazione è stata proprio oggetto di revisione da parte del giudice d’appello.
2.2. Il ragionamento decisorio del giudice d’appello, inoltre, appare immune da censura atteso che, a fronte della ritenuta riferibilità “a prestazioni di servizio per diffusione marchio e non alle operazioni premio” con riguardo alle due fatture prodotte in atti, ha escluso, per le restanti dieci fatture, di poter raggiungere una analoga conclusione per l’assenza di qualsiasi elemento idoneo a suffragare, anche solo in via presuntiva, un simile riscontro (“Il contribuente ha portato solo generiche negazioni di tale qualità, pur ammettendo la conduzione di operazioni a premio, e non ha dato prova della natura dei costi in discussione”), elementi, del resto, in alcun modo dedotti anche nel ricorso per cassazione.
3. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione per non aver la CTR spiegato le ragioni per cui le fatture n. 240 e 367 sarebbero da riferirsi a prestazioni di servizi pur avendo, al contempo, ritenuto sfornita la prova della deducibilità in relazione a tutte e dodici le fatture.
3.1. Il motivo è infondato.
La CTR, infatti, ha chiaramente enunciato le ragioni per le quali i costi di due delle dodici fatture erano correttamente deducibili “in quanto entrambe si riferiscono a prestazioni di servizio per diffusione marchio e non alle operazioni a premio”, specificando altresì che “Il riferimento operato nelle stesse fatture ai punti elettronici va considerato solo un parametro per determinare il corrispettivo”, con un accertamento in fatto, correlato all’esame della documentazione depositata in atti, neppure censurato dall’Ufficio.
Neppure sussiste la dedotta contraddizione: l’accertata carenza di prova sulla deducibilità delle fatture, infatti, non è riferita a tutte e dodici le contestate fatture ma solo, come del resto già sopra evidenziato, “ai restanti costi e relative fatture”.
4. Ne deriva che entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, vanno respinti e le spese, attesa la reciproca soccombenza, integralmente compensate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese.
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