CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2018, n. 7040
Tributi – Accertamento sintetico – Indici di capacità contributiva – Acquisto di azioni – Contratto simulato a causa onerosa apparente – Natura gratuita – Onere di prova – Condizioni
Rilevato che
nella controversia originata dall’impugnazione da parte di M.O. di avviso di accertamento, emesso ai sensi dell’art. 38 d.p.r. 600/1973 e relativo a Irpef anno 2002, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi C.T.R.) rigettava l’appello proposto dalla contribuente avverso la decisione di primo grado (di rigetto dell’originario ricorso);
in particolare la C.T.R., riteneva che, a fronte dell’onerosità dell’acquisto di azioni (posto a base dell’accertamento) quale risultante dagli atti, nessuna contraria valenza probatoria poteva attribuirsi alla dichiarazione (prodotta in appello) del venditore delle azioni (di non avere ricevuto alcun corrispettivo), in primis, perché non avente le caratteristiche di dichiarazione sostitutiva di atto notorio e, comunque, perché inammissibile ai sensi dell’art. 7, comma 4, d.lgs. 546/1992;
avverso la sentenza M.O. propone ricorso su unico motivo;
l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ., introdotti dall’art.Ibis del d.l. 31 agosto 2016 n.168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n. 197;
Considerato che
l’unico motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.p.r. 600/73, art. 2700, 2697 c.c. e 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. – è palesemente infondato e, prima, ancora inammissibile;
premesso il fatto, pacifico in atti, posto a base dell’accertamento (acquisto di azioni per il prezzo dichiarato, in atto notarile, come già precedentemente versato), la tesi della contribuente svolta con il mezzo di impugnazione (secondo cui in atti era stata fornita idonea documentazione atta a dimostrare che nessun prezzo in realtà era stato pagato) non può trovare accoglimento;
non sussiste, infatti, la dedotta violazione di legge laddove è consolidata giurisprudenza di questa Corte che l’accertamento del reddito con metodo sintetico, ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore e, nello specifico, che <<in tema di accertamento del reddito con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è ammessa la prova contraria da parte del contribuente, che può consistere anche nella dimostrazione che i beni o gli importi contestati quali indici di capacità contributiva non siano effettivamente entrati nella sua disponibilità, in quanto derivanti da un atto simulato, che non ne implica la corrispondente e reale disponibilità economica>>(Cass. n. 21442 del 10/10/2014);
tra le prove contrarie è, poi pacificamente ammessa, per quanto qui direttamente rileva, anche quella che il versamento degli importi contestati non è avvenuto e che, quindi, non sussiste una reale disponibilità economica, essendo questa meramente apparente, per avere l’atto in questione natura simulata: questa Corte ha già affermato, al riguardo, in fattispecie di spese per acquisto di immobili, che è consentito al contribuente dimostrare che manca una disponibilità patrimoniale in quanto il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita, anziché quella onerosa apparente (Cass. nn. 8665 del 2002 e 5991 del 2006);
nella specie, la C.T.R. ha correttamente applicato tali principi ma, con idonea, logica e sufficiente motivazione, non ha ritenuto, a fronte dell’incremento patrimoniale costituito dall’acquisto di azioni per il prezzo di lire 400.000 dichiarato nell’atto notarile come già corrisposto, che tutti gli elementi forniti dalla contribuente, ed integralmente esaminati, fossero idonei a provare la dedotta simulazione;
di contro tale accertamento non viene idoneamente contrastato con il ricorso che, anzi , nei termini in cui è formulato, tende inammissibilmente ad una ricostruzione in fatto diversa rispetto a quella operata dal Giudice di merito;
ne consegue il rigetto del ricorso con condanna della ricorrente, soccombente, alle spese del giudizio liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese liquidate in complessivi euro 3.500,00 oltre spese prenotate a debito.
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