CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 febbraio 2019, n. 5319
Tributi locali – ICI – Accertamento – Immobili – Accatastamento – Allevamento animali – Carattere di ruralità
Rilevato che
1. La società S. impugnava l’avviso di accertamento relativo a ICI per l’anno 2003 (provvedimento n. 434 del 7.12.2009), sul presupposto che gli immobili oggetto di accertamento erano destinati all’allevamento di animali (capannoni avicoli) e che il socio unico era in possesso dei requisiti di imprenditore agricolo professionale, osservando che l’originario accatastamento in cat. D/7 era dipeso dalla circostanza che la cat. D/10 non era all’epoca ancora disponibile (come confermato dall’Agenzia); che a seguito di istanza di revisione presentata dal contribuente in data 18.03.2009, l’ufficio aveva provveduto alla variazione dalla cat. D/7 alla cat. D/10, con decorrenza dal classamento dal 10.12.1999.
Il Comune di Paliano deduceva che l’unico elemento necessario ai fini dell’imposizioni ICI era la classificazione in cat. D/7 nell’anno 2003.
La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, con sentenza impugnata dall’amministrazione comunale di Paliano dinanzi alla CTR del Lazio la quale respingeva l’appello, sul presupposto della intervenuta classificazione in cat. D/10, attribuita dall’Agenzia con effetto retroattivo alla data del classamento (10.12.1999), nonché del riconoscimento del carattere della ruralità agli immobili, in quanto sin dall’origine fabbricati strumentali agricoli, affermando che, poiché l’errore del classamento originario, era dipeso dalla medesima Agenzia, non poteva trovare applicazione l’art. 5 L. 504/92.
Rilevava altresì il decidente che la dedotta carenza del requisito della ruralità per cessazione dell’attività avicola confliggeva con il riconoscimento della ruralità da parte dell’Agenzia del territorio, con la conseguenza che in assenza di impugnazione del classamento da parte del Comune, doveva trovare applicazione il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale l’attribuzione della categoria catastale in cat.D/10 esonera il contribuente dall’imposizione dell’ICI.
Il Comune di Paliano ricorre, con un unico motivo, nei confronti della società S. per la cassazione della sentenza n. 929/39/15, illustrati con le memorie depositate in data 25.01.2019.
La società contribuente resiste con controricorso, opponendo il giudicato tra le medesime parti della sentenza della Cassazione n. relativa all’annualità 2001.
Considerato che
2. Con un unico motivo di ricorso l’ente comunale deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione dell’art. 9 co. 3 bis d.lgs 557/93 in combinato disposto con l’art. 23 bis del d.l. 2017/2008, nonché dell’art. 2 comma 1 lett.a) del d.lgs n. 50/92 e dell’art. 32 TUIR (DPR n. 917/86), e censura la motivazione in quanto insufficiente, contraddittoria ed illogica ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., per avere i giudici territoriali omesso di esaminare la documentazione prodotta con memoria illustrativa del 23.10.2014 dalla quale si evinceva che, in data 1.10.2014, l’Agenzia del territorio aveva variato a far data dal 1983, il classamento degli immobili di proprietà della contribuente dalla cat. D/10 alla cat. D/7, variazione determinata dall’annullamento dell’annotazione della ruralità per perdita dei requisiti sulla base della decisione della CTR n. 21/39/12 del rv 14/1172012.
Contesta, inoltre, il carattere rurale dei fabbricati de quibus, insistendo sulla circostanza che l’attività avicola non viene più esercitata in quegli immobili sin dall’anno 1983, individuando sulla scorta del cit. art. 32 i requisiti per il riconoscimento della ruralità.
3. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di giudicato opposta dalla contribuente con riferimento alla decisione n. 5627/2014 della Corte di cassazione, la quale, decidendo il rapporto di imposta dell’anno 2001, ha affermato che l’iscrizione in catasto, con effetto retroattivo, nella cat. D/10 escludeva la soggezione all’imposta comunale.
4. Essa va disattesa.
Il requisito della “ruralità” di un soggetto, la cui sussistenza è necessaria ai fini dell’imponibilità del reddito d’impresa, va accertato, in base ai suoi elementi costitutivi (che possono anche venire a mancare o essere, come nella specie, rivalutati dall’Ufficio competente), con riferimento a ciascun anno d’imposta, in ragione del possibile mutamento nel tempo di detti elementi: ne consegue che il giudicato esterno sulla sussistenza o meno di tale requisito relativamente ad uno o più anni d’imposta non può avere effetto con riferimento ad anni d’imposta diversi (v. Cass. n. 30033/2018; 9710 del 2018; Cass. n. 28059 del 2017).
Il vincolo oggettivo del giudicato esterno attiene solo i fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione del rapporto.
5. Il ricorso è inammissibile poiché la ricorrente opera una inestricabile mescolanza e sovrapposizione di ragioni eterogene, riferite indistintamente alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita prospettare una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello mentre il vizio di falsa applicazione della legge ed omessa e insufficiente motivazione.
In disparte detto profilo, rileva la Corte che la censura, mal rubricata sotto il profilo della vecchia formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., volta ad attingere la motivazione nella parte in cui il decidente avrebbe omesso di considerare la documentazione prodotta con le memorie nel giudizio di appello, e, precisamente, l’atto di variazione – emanato in data 1.10.2014 dall’Agenzia del territorio a seguito di istanza di revisione del Comune – dalla cat. D/10 alla cat /D/7, relativa agli immobili di proprietà della società S. – è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Difatti, quando sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (Cass. n. 5478/2018; 17399 del 2017; Cass. n. 12288 del 2016).
In mancanza, come nella fattispecie, è impedito alla Corte di esaminare non solo l’effettiva produzione del documento nel giudizio di merito, soprattutto laddove nella sentenza impugnata, come in questo caso, non se ne faccia menzione, ma principalmente la decisività del documento, che la parte non ha né trascritto né prodotto, non avendo allegato, in questo giudizio, né le memorie che avrebbe depositato nel giudizio di appello né la documentazione che assume di aver accluso.
6. In ogni caso, il documento la cui rilevanza avrebbe dovuto indurre il giudice di secondo grado ad accogliere l’appello, ha perso ogni rilievo (e decisività) a seguito della pronuncia n. 760/03/15 della CTP di Frosinone, munita di attestazione del passaggio in giudicato (prodotta in questo giudizio il 28.11.2016) che ha annullato l’accertamento catastale del 27.10.2014 emesso dall’Ufficio del Territorio che aveva nuovamente modificato il classamento degli immobili, questa volta in cat. D/7, negando agli immobili il carattere della ruralità.
7. Quanto alla dedotta violazione del cit. art. 9, è principio consolidato di questa Corte che in tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1 bis, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, sicché qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune x deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta (Cass. n. 5167 del 05/03/2014; n. 26617/17; n. 16280 del 2017).
Nel caso di specie, a seguito delle innumerevoli vicende processuali, gli immobili presentano – con decorrenza dall’anno 1999 – il requisito della ruralità.
8. La censura è, inoltre, soggetta a declaratoria di inammissibilità nella parte in cui l’ente ricorrente intende sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica delle valutazioni del giudice del merito che si risolverebbe in un inammissibile giudizio di fatto e si risolverebbe in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.
Conclusivamente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna il Comune di Paliano alla refusione delle spese di lite sostenute dalla società S. che liquida in eurol.400,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e accessori come per legge.
– Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.