CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 novembre 2018, n. 31090
Licenziamento – Contestazione disciplinare – Abbandono posto di lavoro – Sottrazione beni – Grave infrazione doveri di lealtà e correttezza
Fatti di causa
1.1. Con sentenza n. 2379/2017 la Corte di appello di Napoli, decidendo sui reclami proposti ai sensi della I. n. 92/2012 da D.I. e M.T. nei confronti di R.F. S.p.A., confermava la pronuncia del Tribunale di S. Maria C.V. che aveva respinto l’opposizione dei predetti avverso il provvedimento reso in sede sommaria con cui era stato rigettato il ricorso inteso ad ottenere la declaratoria d’illegittimità del licenziamento loro intimato in data 25/10/2012.
1.2. D.I. e M.T. erano stati licenziati a seguito di una contestazione disciplinare relativa a vari addebiti: l’aver abbandonato il posto di lavoro alle ore 19.45 del 3/12/2011, l’aver omesso di espletare la prestazione dallo ore 19.45 alle ore 21 del 3/12/2011, l’aver falsamente attestato la presenza in servizio sul mod. 36 in uso all’impianto e il passaggio di consegne alla squadra di manovra subentrante, l’essere stati trovati in possesso, al di fuori dello scalo, di otto taniche di gasolio di proprietà di RFI, come da informazioni assunte presso la Procura della Repubblica di S. Maria C.V. cui era stata inviata informativa dei Carabinieri della stazione di Maddaloni che proprio il giorno 3/12/2011 avevano fermato lo I. e il T. all’uscita dell’Interporto mentre si trovavano vicino alle proprie autovetture con i portabagagli aperti, nonostante la forte pioggia, con le taniche in parte occultate nel vano portabagagli di una autovettura in parte vicino all’altra autovettura.
1.3. La Corte territoriale concordava con il giudizio del Tribunale circa l’infondatezza dell’addebito relativo all’omesso espletamento della prestazione dallo ore 19.45 alle ore 21 (periodo i cui lo I. e il T. erano stati trattenuti dai Carabinieri). Poi, laddove il Tribunale aveva ritenuto particolarmente grave la condotta di falsificazione, la Corte territoriale, invertendo l’ordine dell’esame degli addebiti, considerava il possesso delle otto taniche di gasolio, nella migliore ipotesi di incerta provenienza ma con ogni probabilità sottratte al datore di lavoro, una gravissima infrazione ai doveri di lealtà incombenti sul lavoratore certamente idonea a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario. A tal fine valutava come poco credibile e contraddittoria la ricostruzione dei fatti operata dai dipendenti e rivalutava il giudizio di non rilevante gravità espresso dal Tribunale con riguardo all’abbandono del posto di lavoro alle 19.45 considerando che tale allontanamento fosse stato finalizzato all’appropriazione di merce di dubbia provenienza.
2. Per la cassazione della sentenza ricorrono D.I. e M.T. con due motivi.
3. R.F.I. S.p.A. resiste con controricorso.
4. Non sono state depositate memorie.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano error in procedendo – nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia – violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. per mancata pronuncia, da parte dei giudici di merito sul motivo di reclamo inerente la tardiva contestazione degli addebiti e la tardiva adozione del provvedimento disciplinare in violazione della disposizione di cui all’art. 66 del c.c.n.l. e dell’art. 7 dello St. dei lav..
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. dell’art. 64 lett. k) del c.c.n.I., dell’art. 24 Cost., dell’art. 7 della I. n. 300/1970 nonché dei principi di specificità e immodificabilità della contestazione e del principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione ex art. 2106 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. ed ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ..
2. E’ fondato il primo motivo e determina l’assorbimento del secondo.
2.1. Innanzitutto il ricorso non merita le censure di inammissibilità e improcedibilità formulate dalla controricorrente.
I motivi del ricorso in appello sono, infatti, riprodotti e così in particolare il sesto motivo (pagg. 9 e 10 del ricorso per cassazione) con cui era stato censurato il punto della sentenza di prime cure in cui il Tribunale, sull’eccepita intempestività delle infrazioni, aveva ravvisato la relatività del ritardo, compatibile con la valutazione della “gravità” degli addebiti mossi ai ricorrenti.
Inoltre è specificato, ai fini della procedibilità, dove risulti allegato il c.c.n.l. del 20/7/2012 depositato nella fase di merito (v. pag. 14 del ricorso).
2.2. Orbene su detto sesto motivo del ricorso in appello la Corte territoriale non si è pronunciata.
Vi è stato perciò un omesso esame concernente direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa – e, quindi, nel caso del motivo d’appello (id est di reclamo), uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello (id est di reclamo) -. v. Cass. 22 gennaio 2018, n. 1539: «La differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 cod. proc. civ. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ., applicabile “ratione temporis”, si coglie nel senso che, mentre nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa – e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello -, nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia».
3. Da tanto consegue la fondatezza del primo motivo di ricorso, né può questa Corte evitare sul punto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito, giacché la questione posta (preliminare rispetto alla stessa valutazione della legittimità del licenziamento) non è di mero diritto ma richiede ulteriori accertamenti di fatto, inerenti alla valutazione di circostanze quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa.
4. Va, pertanto, accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio alla Corte d’appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà all’esame della questione omessa (in via prioritaria rispetto al successivo esame del merito) e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
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