Corte di Cassazione, sentenza n. 11315 depositata il 2 maggio 2023
legittimazione ad agire ex amministratore
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Brescia, aveva emesso nei confronti di G.C.M., ritenuta legale rappresentante della società G.T s.r.l., esercente all’epoca dei fatti il commercio di rottame metallico, un avviso di accertamento con il quale aveva recuperato a tassazione l’Iva, l’Ires e l’Irap evase nell’anno di imposta 2006.
2. La Commissione tributaria provinciale di Brescia, con la sentenza 81/15/13, aveva accolto il ricorso della contribuente sul presupposto, fra gli altri, che la stessa ricorrente non era più amministratore della società a far tempo dalla fine di novembre 2007, come documentalmente dimostrato e, quindi, era ravvisabile il difetto di legittimazione passiva della stessa.
3. La Commissione tributaria regionale, adita dall’Agenzia delle Entrate, ha rigettato l’appello affermando che:
-) l’ex amministratore di una società non poteva rappresentare la società in giudizio, in quanto con la decadenza dalla carica non era legittimato a far valere nulla che riguardasse la società;
-) la persona fisica che in passato aveva rivestito l’incarico di amministratore e legale rappresentante di una società di capitali era priva della legittimazione a far valere in giudizio un diritto spettante alla società, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23000 del 2015;
-) la notifica dell’atto amministrativo alla persona che aveva rivestito in passato la carica di legale rappresentante di una società era considerarsi nulla, perché erroneamente effettuata nei confronti di un soggetto che non aveva più il potere e la rappresentanza della persona giuridica cui era diretta la notificazione;
-) tuttavia, la persona fisica destinataria dell’atto «per conoscenza» poteva impugnare l’atto, anche a scopo cautelativo, al fine di evitare che lo stesso diventasse definitivo (per mancata impugnazione) e che potesse in qualche modo ripercuotersi su di essa;
-) da ciò derivava il rigetto del ricorso, con assorbimento e irrilevanza di ogni altra eccezione sia di diritto che di merito.
4. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
5. G.C.M. resiste con controricorso.
6. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo ed unico motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli 81, 100, 112, 145 cod. proc. civ.; dell’art. 60, comma primo, del d.P.R. n. 600/1973. La Commissione tributaria regionale, confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della sig.ra G.C.M. ed annullando l’avviso di accertamento notificato alla società G.T. s.r.l., pur dichiarando espressamente (e in modo corrispondente agli atti) che la sig.ra G.C.M. aveva agito in proprio e non quale ex legale rappresentante della società, aveva violato l’art. 81 cod. proc. civ., che vietava di agire in giudizio a tutela di diritti altrui. In secondo luogo, la Commissione tributaria regionale aveva violato l’art. 112 cod. proc. civ., che vietava al giudice di pronunciarsi su domande non proposte. La sig.ra G.C.M. aveva agito al solo scopo di far dichiarare che essa non poteva essere la destinataria della notificazione rivolta alla società, in quanto cessata dalla carica di amministratore dal novembre 2007 (mentre l’avviso di accertamento era stato notificato nel gennaio 2012), e che comunque non sussistevano gli estremi (evidentemente da ricondurre all’art. 36 d.P.R. n. 602/1973) per configurare una sua responsabilità personale. La domanda di accertamento della irritualità della notifica dell’accertamento alla società effettuata presso di lei, quale legale rappresentante cessato dalla carica anteriormente alla notifica dell’avviso stesso, era carente di interesse, potendo insorgere tale interesse solo in capo alla società, solo qualora il rilievo della nullità o inesistenza della notifica effettuata presso un legale rappresentante cessato dalla carica venisse dedotto come mezzo al fine di dedurre, altresì, la decadenza dell’amministrazione dalla pretesa impositiva per decorso dei termini di cui agli artt. 43 del d.P.R. n. 600/1973 e 54 del d.P.R. n. 633/1972 (il che, nella specie, non era accaduto). Infine, la sentenza impugnata violava gli artt. 100 e 145 cod. proc. civ., nonché l’art. 60, comma primo, del d.P.R. n. 600/1973. Invero, l’art. 145 cod. proc. civ. disponeva che le notificazioni degli atti giudiziari alle persone giuridiche erano effettuate mediante consegna al legale rappresentante. L’art. 60, comma primo, del d.P.R. n. 600/1973 richiamava, tra gli altri, l’art. 145 cod. proc. civ. tra le norme che disciplinavano la notificazione degli avvisi di accertamento e conseguiva da tutto ciò, ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ., che il legale rappresentante (cessato o in carica) raggiunto da un avviso di accertamento diretto alla società non aveva interesse ad impugnare in proprio l’avviso stesso. Era pacifico che nella specie non era stata iniziata alcuna azione di riscossione a titolo personale contro la sig.ra G.C.M., sicché la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto accogliere l’appello dell’Ufficio e dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse.
1.1 Va, in via preliminare, disattesa, l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso, unitariamente formulata sia per la violazione del principio di autosufficienza, sia per la violazione del disposto di cui all’art. 360 bis proc. civ.; la prima perché genericamente eccepita e priva di confronto con gli specifici profili di censura sollevati dall’Agenzia ricorrente che non richiedono la trascrizione dell’avviso di accertamento impugnato e dei documenti (che non sono stati nemmeno indicati), mentre la sentenza oggetto di censura è in atti; la seconda perché richiede, ai fini di ritenere integrata la condizione di ammissibilità indicata nell’art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ., introdotta dall’art. 47 della legge 69 del 2009, la specifica individuazione delle decisioni e degli argomenti sui quali si fonda il contrasto con la giurisprudenza di legittimità (Cass. 5 novembre 2018, n. 28070; Cass., 8 febbraio 2011, n. 3142), che, nel caso di specie, è del tutto mancante.
1.2 Ciò posto, il motivo è fondato.
1.3 Deve premettersi che, come emerge dagli atti (pagine 1 e 2 del ricorso per cassazione e pagine 2, 7, 8 e 17 del controricorso) la società G.T s.r.l., che si era costituita in data 13 febbraio 1990, con sede in Brescia, in data 29 novembre 2007, con atti notarili di cui ai repertori n. 81725/17452 e 81726/17453, aveva deliberato: 1) il trasferimento della sede legale della Società dall’Italia in Romania, Pitesti Arges, via Eremia Grigorescu, Pal. P10, scala A; 2) la nomina, quale nuovo Amministratore unico, del sig. A.M.; 3) la cessione dell’intero capitale sociale di euro 101.490,00 nominali della società Bas Invest r.l., unico socio della G.T s.r.l., al sig. A.M. per euro 20.000,00; 4) la cessazione di ogni attività in Italia e la delega al sig. S.F. a rappresentare la Società per i rapporti tributari e fiscali in Italia con i soli poteri di ritirare gli atti e le comunicazioni dell’Amministrazione Finanziaria. Con avviso di accertamento n. T9H03A104525 del 3 gennaio 2012, la Direzione provinciale di Brescia dell’Agenzia delle Entrate aveva accertato, per l’anno di imposta 2006, ai fini delle imposte sul reddito, un reddito d’impresa di euro 33.956.410,00 a fronte del reddito dichiarato di euro 385.797,00 (IRES pari ad euro 11.078.302,00); ai f ini dell’ IRAP un valore della produzione netta di euro 34.216.033,00 a fronte del valore dichiarato di euro 645.420,00 (IRAP pari ad euro 1.426.751,00); ai fini dell’IVA una maggiore imposta di euro 6.704.741,00 e sanzioni per euro 16.617.453,00.
1.4 Per quel che rileva in questa sede, la Direzione provinciale di Brescia dell’Agenzia delle Entrate aveva notificato l’avviso di accertamento n. T9H03A104525 alla G.T s.r.l., nella persona del legale rappresentante Aposto Mihai e a S.F., quale delegato a rappresentare la società per i rapporti tributari e fiscali in Italia; inoltre, la Direzione provinciale di Brescia, Ufficio controlli, aveva avvisato la Signora G.C.M. «… nella qualità di legale rappresentante di Tra S.r.l. di aver proceduto al controllo della posizione fiscale di G.T S.r.l., relativa all’anno 2006 …».
1.5 Tanto premesso, l’ambito cognitivo della presente controversia attiene alla legittimazione ad agire di G.C.M., nella qualità di legale rappresentante, nell’anno 2006, della G.T s.r.l., avuto specifico riguardo da un lato alla notifica dell’avviso di accertamento espletata nei suoi confronti dell’Agenzia delle Entrate in un momento temporale in cui la stessa non era più legale rappresentante della società contribuente e, dall’altro, alla domanda formulata specificamente in giudizio da G.C.M. di nullità dell’avviso di accertamento impugnato (cfr. 9 del controricorso nella parte in cui sono riportate le conclusioni rassegnate dalle parti nella sentenza di primo grado).
1.6 Ed invero, la questione in esame deve prendere avvio dal dato di fatto, accertato in entrambi i gradi di merito, che G.C.M., alla data in cui ha ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento non rivestiva più la carica di legale rappresentante ed amministratrice della società G.T s.r.l., effettiva destinataria dell’atto.
1.7 Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte «L’istituto della legittimazione ad agire o a contraddire in giudizio (legittimazione attiva o passiva) – invero – si ricollega al principio dettato dall’art. 81 cod. proc. civ., secondo cui nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e comporta – trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirandosi a prevenire una sentenza inutiliter data – la verifica, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (salvo che sulla questione sia intervenuto il giudicato interno) e in via preliminare al merito (con eventuale pronuncia di rigetto della domanda per difetto di una condizione dell’azione), circa la coincidenza dell’attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta» ( Cass., 24 dicembre 2020, n. 29505; Cass., 6 dicembre 2018, n. 31574; Cass., 10 maggio 2010, n. 11284). Orbene, questa Corte, in casi analoghi, ha affermato che, alla stregua dell’art. 81 cod. proc. civ., secondo cui «fuori di casi stabiliti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui», la persona fisica che abbia rivestito, ma non rivesta più, le cariche di amministratore e legale rappresentante di una società di capitale sia priva della legittimazione a far valere in giudizio un diritto spettante alla società e che il potere di far valere la nullità di una notificazione eseguita presso un soggetto non legittimato competa al soggetto cui è diretta la notificazione stessa, non a quello presso cui sia stata erroneamente eseguita la notificazione stessa (Cass., 28 settembre 2021, n. 26209; Cass., 18 dicembre 2008, n. 29628; Cass., 5 ottobre 2004, n. 19870;
Specificamente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che il potere di rappresentanza processuale può essere conferito soltanto a colui che sia investito anche di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicché il legale rappresentante di una società di capitali non conferisce validamente ad altro soggetto la rappresentanza processuale della società stessa, ove tale delega sia disgiunta dall’attribuzione di poteri di rappresentanza sostanziale (Cass., Sez. U., 8 maggio 1998, n. 4666).
1.8 In applicazione dei superiori principi, peraltro del tutto pacifici, G.C.M., non essendo titolare del rapporto sostanziale fatto valere in giudizio, perché era cessata dalla carica di amministratrice e legale rappresentante, non avrebbe potuto far valere alcuna questione afferente alla società, sicché, in ragione dell’originario difetto di legittimazione attiva, la causa non avrebbe potuto essere da lei proposta fin dal primo grado; nello specifico, la G.C.M., proprio perché non ne era più rappresentante legale non solo non aveva più il potere, ma neppure il diritto, di far valere in nome proprio gli interessi della società, e con riferimento specifico al processo, era priva di legittimazione; l’art. 81 cod. proc. civ. dispone, infatti, per quanto già detto, che «fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui» e quello di fare valere la nullità dell’avviso di accertamento per un vizio di notificazione, era sicuramente un diritto del soggetto cui era diretta la notificazione stessa e, di poi, l’avviso di accertamento (ovvero la società contribuente e, dunque, la G.T s.r.l.), non del diverso soggetto presso il quale la notifica era stata eseguita; ciò a prescindere se la notifica dell’avviso di accertamento fosse stata eseguita erroneamente o a titolo meramente conoscitivo, circostanza quest’ultima del tutto irrilevante ai fini della carenza di legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento, in quanto la ricorrente, pur avendo ricoperto in passato la carica di amministratrice e legale rappresentante della società di capitali, non la rivestiva più al momento della notifica e non era, dunque, legittimata a far valere in giudizio il diritto spettante alla società stessa; con il ricorso proposto in primo grado, la G.C.M. ha fatto valere ragioni che solo la società di capitali era legittimata a proporre, con il conseguente corollario che le sentenze emesse non arrecano alcun risultato utile né alla società, unica legittimata ad causam, né alla stessa G.C.M., in quanto sentenze emesse inutiliter data; i giudici di primo e di secondo grado, dunque, lungi dal riconoscere la legittimazione ad agire di G.C.M., in ragione dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento oggetto di impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, dovevano dichiarare il difetto di legittimazione passiva della G.C.M., in quanto, al momento della notifica dell’avviso di accertamento impugnato, non era il legale rappresentante della società G.T s.r.l..
1.9 I principi sopra richiamati portano all’assorbimento dell’ulteriore profilo di censura formulato ai sensi dell’art. 112 proc. civ., sotto lo specifico profilo della mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato e della carenza di interesse ex art. 100 cod. proc. civ..
2. Da quanto esposto, discende la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 382, comma terzo, cod. proc. civ., atteso che la causa non poteva essere proposta in primo grado e, pronunciando sul ricorso, va dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto da G.C.M. avverso l’avviso di accertamento n. T9H03A104525 dinanzi la Commissione tributaria provinciale di Brescia.
2.1 Le spese dei giudizi di merito vanno interamente compensate.
2.2 La controricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dall’Agenzia ricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa senza rinvio la decisione impugnata e, pronunciando sul ricorso, dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto da G.C.M. avverso l’avviso di accertamento n. T9H03A104525 dinanzi la Commissione tributaria provinciale di Brescia.
Compensa interamente fra le parti le spese dei giudizi di merito. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
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