Corte di Cassazione, sentenza n.13781 depositata il 18 maggio 2023
Tributi – Invito al pagamento – Sanzione e interessi – Prescrizione – Termine
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza n. 955/03/19 del 19/09/2019, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da S.M. nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Asti (di seguito CTP) n. 107/01/17, la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente avverso un invito al pagamento concernente plurime cartelle di pagamento per vari tributi erariali.
1.1 Come emerge anche dalla sentenza impugnata, il contribuente aveva contestato la regolare notificazione delle prodromiche cartelle di pagamento nonché la prescrizione quinquennale dei tributi di cui alle cartelle medesime.
1.2 La CTR respingeva l’appello di S.M. osservando che: a) il termine di prescrizione dell’azione di riscossione scaturente dal titolo esecutivo era quello ordinario decennale, «in assenza di espressa previsione per l’azione di riscossione», esprimendosi in tal senso anche gli artt. 19 e 20 del d.lgs. 1999 n. 112; b) il predetto termine non era decorso tra la data di notifica delle cartelle di pagamento e quella dell’invito al pagamento, pur considerando la sospensione dei termini di prescrizione dal 01/01/2014 al 15/06/2014.
2. S.M. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi e depositava memoria ex 378 cod. proc. civ.
3. L’Agenzia delle entrate – Riscossione (di seguito AdER) resisteva con controricorso e depositava memoria ex 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va pregiudizialmente disattesa la richiesta di rinvio dell’udienza formulata dal ricorrente in ragione della costituzione di nuovo difensore. Invero, la rinuncia al mandato e la contestuale nomina di nuovo difensore è intervenuta in tempi idonei a garantire il deposito della memoria ex 378 cod. proc. civ., che ha affrontato il merito della questione controversa; né è stata evidenziata l’impossibilità di discutere oralmente la causa in mancanza della possibilità di proporre tempestiva istanza di trattazione.
2. Con il primo motivo di ricorso S.M. contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 623, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la sospensione dei termini di prescrizione in correlazione alla sospensione dell’attività di riscossione decorra dal 01/01/2014 al 15/06/2014, anziché dal 01/01/2014 al 15/03/2014.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’art. 2948 civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il termine di prescrizione di interessi e sanzioni maturate sui tributi sia di dieci anni anziché di cinque anni.
2.2 Con il terzo motivo di ricorso si contesta la falsa applicazione degli artt. 19 e 20 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente richiamato, ai fini della prescrizione, disposizioni riguardanti il rapporto interno tra ente impositore e agente della riscossione.
2.3 Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dei principi di diritto espressi dalle decisioni della Corte cost. n. 352 del 2004 e n. 280 del 2005, pronunciate in materia di decadenza dell’azione esecutiva dell’Amministrazione finanziaria.
2.4 Con il quinto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame su di un fatto decisivo e controverso costituito dal mancato deposito in primo grado, da parte di Equitalia Nord s.p.a., non costituitasi, della documentazione concernente la regolare notificazione delle cartelle di pagamento.
3. Il quinto motivo ha carattere preliminare ed è inammissibile
3.1 La CTR, infatti, dà conto, nella parte in fatto, della questione, posta in primo grado, concernente la mancata notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche all’emissione dell’invito e, riportandosi alla data di notificazione delle cartelle medesime, ha rigettato implicitamente il rilievo concernente la regolare notificazione delle stesse.
3.2 Il contribuente si duole della circostanza che la CTR non avrebbe tenuto conto del fatto che AdER, non costituitasi in primo grado, non avrebbe prodotto alcuna documentazione utile ad avvalorare la notificazione delle cartelle di pagamento.
3.3 In realtà, la questione è preclusa dall’esistenza di una doppia conforme di merito.
3.3.1 Invero, «le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. , si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito» (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).
3.3.2 Tali disposizioni si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018) e, dunque, anche al presente giudizio, introdotto con appello depositato il 22/11/2017, come si evince dalla sentenza impugnata.
3.4 È vero che la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di una serie di fatti rilevanti e che, nel caso di omessa considerazione dei fatti, non opera il principio sotteso all’art. 348 ter proc. civ. (Cass. n. 29222 del 12/11/2019).
3.4.1 Tuttavia, il fatto decisivo che deve essere omesso per integrare la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è quello che costituisce l’oggetto della prova nel giudizio di merito e, nel caso di specie, le circostanze rilevanti ai fini della decisione (notificazione delle cartelle di pagamento) sono state esaminate sia dal giudice di primo grado che dal giudice di appello.
3.5 Va aggiunto, in ogni caso, che il ricorrente non chiarisce quale sia l’oggetto specifico della propria doglianza, sicché il motivo si rivela altresì generico.
3.5.1 Invero, dal contesto del ricorso si evince che l’Agente della riscossione si è costituito in grado di appello depositando le relate di notifica delle Orbene, non si comprende se il ricorrente si dolga della decisione del primo giudice, di una produzione inammissibile in secondo grado ovvero della (tacita) decisione della CTR in ordine alla regolarità della notifica delle cartelle.
3.5.2 Nel primo caso, il motivo è chiaramente inammissibile perché non rivolto alla sentenza impugnata, ma alla sentenza della CTP; nel secondo si tratta di una doglianza infondata, giusta la sicura ammissibilità della produzione (Cass. n. 18103 del 24/06/2021; Cass. n. 29087 del 13/11/2018; Cass. n. 3661 del 24/02/2015; n. 655 del 15/01/2014) e, dunque, la legittimità della valutazione della stessa da parte della CTR; nel terzo caso, infine, il motivo è inammissibile per difetto di specificità, perché il ricorrente – oltre a non allegare le relate di notifica – non spiega le ragioni per cui le notifiche prodotte non sarebbero valide.
4. Il primo motivo è infondato.
4.1 La CTR ritiene correttamente la sospensione del termine di prescrizione per il periodo 01/01/2014-15/06/2014, in ragione delle modifiche apportate all’art. 1, comma 623, del l. n. 147 del 2013 ad opera dell’art. 2 del l. 6 marzo 2014, n. 16, conv. con modif. nella l. 2 maggio 2014, n. 68.
5. Il secondo e il terzo motivo possono essere congiuntamente esaminati, riguardando problematiche connesse, e sono fondati nei termini appresso precisati.
5.1 La questione concernente la prescrizione di sanzioni e interessi è stata affrontata funditus da Cass. n. 2095 del 24/01/2023, le cui motivazioni possono essere in questa sede integralmente riproposte.
5.2 Quanto alle sanzioni, occorre partire dalla previsione dell’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, per il quale «il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni». La norma, sostanzialmente rimasta immutata nel tempo, prevede al primo comma anche un analogo termine di decadenza di cinque anni (31 dicembre del quinto anno successivo in cui è avvenuta la violazione o diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi).
5.3 Come osservato in dottrina, l’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 costituisce norma generale in tema di decadenza e prescrizione delle sanzioni tributarie o, più precisamente, disciplina unitaria della decadenza e della prescrizione dei crediti derivanti dall’irrogazione di sanzioni tributarie, affidata a una specifica norma di legge. Il legislatore ha mantenuto l’impostazione tradizionale in tema di prescrizione di sanzioni (già disciplinata dall’art. 17, comma 1, della l. 7 gennaio 1929, n. 4, che prevedeva la prescrizione quinquennale della riscossione delle «pene pecuniarie»), assoggettando la prescrizione delle sanzioni tributarie a una disciplina autonoma e indipendente dalla prescrizione dei crediti nascenti dal rapporto tributario.
5.3.1 Diversamente, l’art. 24 del d.lgs. n. 472 del 1997 non introduce una espressa norma disciplinante la prescrizione (o decadenza) dei crediti nascenti da sanzioni, ma si limita a disporre che per la riscossione delle sanzioni (pertanto, in fase esecutiva e non di accertamento) si applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce.
5.4 Orbene, la giurisprudenza di questa Corte distingue tra: i) il diritto alla riscossione delle sanzioni derivante da provvedimento giurisdizionale irrevocabile, per il quale si applica l’art. 2953 cod. civ. e, conseguentemente, la prescrizione decennale (Cass. S.U. n. 25790 del 10/12/2009; n. 8105 del 22/03/2019; Cass. n. 5577 del 26/02/2019; Cass. n. 11941 del 13/07/2012), non essendo nemmeno applicabili i normali termini di decadenza e/o prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativa tributaria (Cass. n. 9076 del 07/04/2017; Cass. n. 16730 del 09/08/2016; Cass. n. 21623 del 23/10/2015; Cass. n. 330 del 09/01/2014; Cass. n. 5837 del 11/03/2011); ii) il diritto alla riscossione delle sanzioni in caso di assenza di provvedimento giurisdizionale irrevocabile, in cui trova applicazione la disposizione speciale dell’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 e, conseguentemente, la prescrizione è quinquennale (Cass. n. 7486 del 08/03/2022; Cass. n. 12740 del 26/06/2020; Cass. n. 28576 del 29/11/2017; in materia di IVA, Cass. n. 15665 del 09/07/2014).
5.4.1 Tali principi sono stati affermati anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo cui le sanzioni – come alcuni tributi non erariali – hanno prescrizione quinquennale e possono, al più, beneficiare dell’effetto dell’allungamento delle prescrizioni brevi in forza dell’actio iudicati a termini dell’art. 2953 cod. civ.; principio, questo, radicato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto esaustiva la disciplina prescrizionale di diritto speciale prevista dall’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997, in ragione del carattere speciale dell’illecito tributario (Cass. n. 12989 del 02/10/2000).
5.4.2 Questa Corte ha, altresì, ritenuto la disciplina speciale della prescrizione in materia di sanzioni tributarie conforme al sistema e alle norme di contabilità pubblica, ove si è osservato che la disciplina speciale rispetto a quella di diritto comune trova «fondamento nei vincoli di competenza del bilancio della Stato, in forza dei quali l’amministrazione finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e mezzi (bilancio di previsione)» (Cass. S.U. n. 25790 del 10/12/2009; conf. Cass. n. 16730 del 09/08/2016).
5.5 Di converso, come osservato in dottrina, la generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di irrogazione della sanzione stessa. Soccorre sul tema, inoltre, l’interpretazione dello stesso Ufficio (Circolare Min. Finanze del 10 luglio 1998 n. 180), secondo cui il diritto alla riscossione delle sanzioni, quali che siano gli atti di contestazione o di irrogazione, si prescrive nel termine di cinque anni.
5.6 Il regime prescrizionale, in quanto generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio, non può, infine, essere limitato alle sole sanzioni non contestuali all’atto impositivo e costituisce principio generale dell’ordinamento tributario, non ravvisandosi in merito alcun contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.
5.7 Con riferimento, invece, agli interessi dovuti per il ritardo nell’esazione dei tributi, il relativo credito, integrando un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale, suscettibile di autonome vicende (da ultimo, si veda Cass. S.U. n. 22281 del 14/07/2022, punto 9.4.1.), rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948, primo comma, n. 4, cod. civ. (Cass. n. 27055 del 14/09/2022; Cass. n. 13258 del 28/04/2022; Cass. n. 7486 del 2022, ; Cass. n. 1980 del 24/01/2022; Cass. n. 31283 del 03/10/2021; Cass. n. 22351 del 15/10/2020; Cass. n. 20955 del 10/07/2020; Cass. n. 12740 del 2020, cit.; Cass. n. 30901 del 27/11/2019; Cass. n. 17020 del 25/07/2014; Cass. n. 5954 del 14/03/2007; Cass. n. 14049 del 16/06/2006; in termini analoghi si vedano, altresì, Cass. n. 7127 del 21/03/2013 e Cass. n. 25047 del 27/11/2009).
5.8 AdER è ben conscia dell’esistenza di questo prevalente indirizzo giurisprudenziale ma ne chiede la rivisitazione. Viene evidenziato analiticamente in memoria che la disciplina tributaria in materia di interessi abbia natura speciale e appaia più “frammentata” rispetto a quella di diritto comune, che già conosce separatamente gli interessi corrispettivi e quelli moratori. Osserva, in particolare, la controricorrente come in materia tributaria vi siano diverse categorie di interessi, differenziate in ragione della fonte degli stessi, quali:
- gli interessi da ritardato pagamento delle imposte sino alla consegna dei ruoli al concessionario (art. 20 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);
- gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo decorrenti dalla notifica della cartella di pagamento (art. 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602);
- gli interessi di mora in materia di imposta di registro (art. 55, comma 4, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131);
- gli interessi da ritardato pagamento per liquidazione automatica e controllo formale (art. 2 del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, disciplinati dall’art. 6 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009, per delegificazione operata dall’art. 1, comma 150, della l. 24 dicembre 1997, n. 244) e gli interessi da rateizzazione (art. 3, comma 3-bis, del d.lgs. n. 462 del 1997).
5.8.1 Da questa frammentarietà della disciplina degli interessi in materia tributaria, differenziata in funzione della fonte dell’obbligazione principale (scadenza della data di pagamento dell’obbligazione tributaria, consegna dei ruoli all’agente della riscossione, natura speciale dell’imposta di registro, procedimento di liquidazione dell’imposta), AdER intende, in primo luogo, enucleare una disciplina speciale della prescrizione in materia tributaria, sganciata dalla disciplina ordinaria.
5.8.2 In secondo luogo, la controricorrente ritiene di estrarre il principio secondo cui la prescrizione degli interessi è omologa a quella del tributo cui essi accedono. Sicché, ove i tributi fossero soggetti alla prescrizione ordinaria (come i tributi erariali), anche l’obbligazione degli interessi dovrebbe essere assoggettata alla medesima disciplina prescrizionale.
5.8.3 AdER, inoltre, sottolinea – sotto quest’ultimo profilo – come nella stessa giurisprudenza di questa Corte si siano ravvisati, in alcuni casi, gli estremi per l’applicazione della prescrizione ordinaria in tema di interessi, ove si è ritenuto che la prescrizione quinquennale, prevista dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. viene applicata ai soli interessi accessori a una obbligazione principale di natura periodica o di durata, laddove in caso di interessi dovuti per una prestazione unitaria o, comunque eseguibile uno actu, si applicherebbe la prescrizione decennale ordinaria (Cass. n. 18432 del 16/09/2005, seguita acriticamente da Cass. n. 13815 del 20/05/2021); giurisprudenza (rimasta comunque isolata) applicata da questa Corte anche in tema di interessi da ritardato pagamento del prezzo dell’appalto ai sensi dell’art. 33 e ss. (applicabili ratione temporis) del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (Cass., n. 14080 del 01/07/2005; n. 17197 del 09/10/2012; Cass. n. 22276 del 03/11/2016).
5.9 È opinione di questa Corte che le argomentazioni di AdER (differenziazione del regime prescrizionale in ragione della fonte degli interessi e omologazione della disciplina della prescrizione degli interessi a quella del capitale) non siano convincenti, risultando estranee alla stessa disciplina di diritto comune, da cui conviene prendere le mosse.
5.9.1 La disposizione di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ. prevede che si prescrivono in cinque anni «gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi». La norma relativa alla prescrizione degli interessi è, pertanto, norma speciale rispetto alla prescrizione della sorte capitale e si applica a tutte le categorie di interessi, anche perché non viene operata una distinzione di regolamentazione in ragione della natura o della fonte degli interessi.
5.9.2 La rilevanza di una disciplina unitaria della prescrizione dell’obbligazione di interessi appare significativa, in considerazione del fatto che il codice civile conosce diverse categorie di interessi, quali gli interessi corrispettivi, dovuti in caso di debiti liquidi ed esigibili (Cass. n. 11655 del 16/06/2020), gli interessi moratori, quale corrispettivo del ritardato adempimento (Cass. n. 14214 del 05/05/2022) e gli interessi compensativi, diretti a compensare il pregiudizio subito dal creditore per mancato godimento di beni o servizi (Cass. n. 28930 del 05/10/2022), quali quelli previsti dall’art. 1499 cod. civ. (Cass. n. 11605 del 14/05/2018).
5.9.3 Una analoga impostazione del legislatore si rinviene in tema di collocazione nel grado ipotecario. L’art. 2855, secondo comma, civ. dispone che il privilegio ipotecario opera «qualunque sia la specie di ipoteca», collocando nello stesso grado gli «interessi dovuti»; che si tratti, pertanto, di interessi prodotti da capitale di ipoteche iscritte su fonte volontaria (dove gli interessi sul capitale sono di natura corrispettiva) o di ipoteche giudiziali, derivanti da provvedimenti giurisdizionali (dove gli interessi prodotti sono di natura moratoria), vi è sempre collocazione privilegiata sul ricavato del bene liquidato, quale che sia la natura, corrispettiva o moratoria, dell’interesse prodotto (Cass. n. 17044 del 28/07/2014).
5.9.4 Deve, pertanto, ritenersi che il legislatore non abbia adottato (a livello di principio) una disciplina selettiva della prescrizione dell’obbligazione di interessi, introducendone una disciplina unitaria applicabile alle diverse categorie di interessi (corrispettivi, propri del diritto commerciale, e moratori, quelli del tradizionale diritto civile), indipendentemente dalla fonte e dalla natura degli stessi. Il che appare conforme a quel fenomeno giuridico frutto della codificazione del 1942, investigato da antica dottrina come commercializzazione del diritto privato, che aveva inteso estendere al diritto privato istituti propri del diritto commerciale, armonizzando e unificando le originarie e distinte discipline.
5.9.5 La generalizzata applicazione della disciplina della prescrizione quinquennale agli interessi risponde, peraltro, a una più risalente ragione storica (e di più antica codificazione) – come osservatosi in dottrina – che era quella di sganciare la riscossione dell’obbligazione “accessoria” degli interessi da quella del capitale. Benché le due prestazioni (capitale e interessi) appaiano omogenee (entrambe essendo prestazioni pecuniarie) e benché la prestazione degli interessi scaturisca dall’obbligazione pecuniaria, l’obbligazione di interessi si aggiunge alla originaria prestazione in sorte capitale e aggrava la posizione del debitore. Il legislatore ha inteso liberare il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal creditore, di questa prestazione accessoria in termini più rapidi rispetto all’obbligazione principale; e lo ha fatto differenziando il periodo di esigibilità dell’obbligazione accessoria rispetto a quella principale, attraverso l’introduzione di una disciplina prescrizionale più breve di quella ordinaria, prevista per la sorte capitale. Echi di tale più rapida estinzione dell’obbligazione degli interessi rispetto all’obbligazione principale si rinvengono, ad esempio, in materia di regole legali di imputazione del pagamento (art. 1194 civ., che prevede la preventiva imputazione del pagamento a estinzione del debito prima agli interessi e poi al capitale), quale conseguenza automatica del pagamento, inteso quale estinzione satisfattiva dell’obbligazione pecuniaria (Cass. n. 10692 del 20/05/2005).
5.10 Del tutto avulso dalla giurisprudenza di questa Corte appare, inoltre, l’ulteriore assunto del ricorrente, secondo cui la prescrizione dell’obbligazione degli interessi risulterebbe agganciata a quella dell’obbligazione in sorte capitale. Questa Corte ritiene – in conformità a quanto osservatosi in dottrina – che il carattere dell’accessorietà dell’obbligazione degli interessi attiene unicamente all’aspetto genetico di tale obbligazione, la quale sorge unitamente all’obbligazione principale e, conseguentemente, cessa con l’estinzione dell’obbligazione principale stessa. Peraltro, una volta sorta l’obbligazione di interessi (per effetto del sorgere dell’obbligazione principale), il flusso produttivo di interessi vive di vita propria in virtù della sua progressiva maturazione; man mano che maturano, gli interessi vanno a costituire una obbligazione autonoma e rimangono indipendenti dall’obbligazione principale dalla quale sono sorti, per cui possono essere suscettibili «di autonome vicende rispetto all’obbligazione tributaria configurata a carico del contribuente» (in termini, Cass. S.U. n. 22281 del 2022, ; conf. Cass. n. 8892 del 18/03/2022; Cass. n. 24295 del 30/09/2019; Cass. n. 17020 del 2014, cit.; Cass. n. 4554 del 22/03/2012; Cass. n. 13080 del 15/06/2011; Cass. n. 5954 del 2007, cit.; Cass. n. 16123 del 18/08/2004).
5.11 La conclusione che si trae è che la disciplina della prescrizione, che attiene alla fase in cui gli interessi, in quanto sorti già separati dal capitale, vengono a maturazione, deve necessariamente essere risolta in base al principio dell’autonomia, con la conseguenza che il termine prescrizionale è quello quinquennale stabilito dall’art. 2948, n. 4, cod. civ., il quale prescinde sia dalla tipologia degli interessi, sia dalla natura dell’obbligazione principale.
5.12 Non appare, invero, enfatizzabile l’argomento secondo cui gli interessi sarebbero soggetti a prescrizione quinquennale solo se l’obbligazione principale fosse di natura periodica o di durata e non anche ove gli interessi fossero dovuti per una prestazione elargita in unica soluzione o uno actu. La formulazione della norma di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ. evidenzia, invero, come la prescrizione dell’obbligazione degli interessi sia affiancata a quella delle altre prestazioni di cui alla medesima disposizione («gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi»), ma non sia sovrapponibile a queste ultime. L’utilizzo della congiunzione «e» lascia intendere come la disciplina della prescrizione quinquennale riguarda gli interessi in quanto tali e viene ad affiancarsi a quella delle prestazioni periodiche, con la quale non può essere confusa.
5.12.1 La periodicità dell’obbligazione degli interessi, per il vero, non attiene alla sorte capitale dalla quale gli interessi scaturiscono, ma al meccanismo di produzione del flusso finanziario, legato alla maturazione degli stessi in ragione del decorrere del tempo; solo in tal senso (e non anche in ragione della natura della sorte capitale dalla quale gli interessi scaturiscono e dalla quale si separano nel momento in cui l’obbligazione del capitale è insorta) gli interessi possono essere accomunati alle altre prestazioni periodiche.
5.13 Se questo è il quadro che si trae dalla disciplina ordinaria, deve dedursi che per gli interessi che sorgono in materia tributaria si deve ritenere il termine di prescrizione quinquennale, al pari delle sanzioni, nonostante l’assenza di norme speciali. Né si evidenziano particolari ragioni sistematiche che consentano di differenziare la disciplina della prescrizione delle diverse categorie di interessi che sorgono dalle varie fattispecie tributarie previste dalla legge rispetto al diritto Deve, pertanto, riconfermarsi la maggioritaria e del tutto consolidata giurisprudenza di questa Corte che applica la prescrizione quinquennale agli interessi in materia tributaria.
6. Il quarto motivo resta assorbito dall’accoglimento dei due motivi che precedono.
7. In conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo e il quinto, assorbito il quarto; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il quinto motivo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.