Corte di Cassazione sentenza n. 1627 depositata il 21 gennaio 2018
TRANSAZIONE – FORMA ACCETTAZIONE TACITA – CONFIGURABILITÀ – CONDIZIONI – FATTISPECIE
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La S. s.p.a. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 1024/2012 del 31 agosto 2012. La P. s.r.l. resiste con controricorso.
Con citazione del 25 ottobre 2005 la S. s.p.a. convenne innanzi il Tribunale di Bergamo la P. s.r.l., assumendo di avere da questa acquistato una partita di adesivi da apporre su cassonetti per conto di un cliente finale e che, avendo quest’ultimo contestato che gli adesivi presentavano problemi di aderenza, li aveva dovuti sostituire. L’attrice domando’ percio’ la condanna della P. al risarcimento dei danni. La convenuta P. s.r.l., nel costituirsi in giudizio, rilevo’ che la mancanza di aderenza dipendeva da un’errata modalita’ di applicazione e non dagli adesivi in se’; assunse, peraltro, che tra le parti si fosse raggiunta una transazione in virtu’ della quale S. aveva accettato, a tacitazione di ogni danno, una nuova partita di adesivi in sostituzione di quella contestata; affermo’, inoltre, che la denuncia dei vizi era stata tardiva, in quanto non intervenuta nei termini previsti dalle condizioni generali del contratto. All’esito dell’istruttoria, il Tribunale, con sentenza dell’8 febbraio 2007, rigettata l’eccezione di decadenza dalla denuncia dei vizi ed escluso che tra le parti fosse intervenuto un accordo transattivo, condanno’ la P. al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 8.627,89, oltre interessi, compensando per meta’ le spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza propose appello la S., chiedendo, in parziale riforma, il risarcimento dei danni per la retribuzione giornaliera corrisposta al dipendente che aveva sostituito gli adesivi, quantificati in Euro 11.659.56, e per la sostituzione di ulteriori adesivi difettosi, quantificati in Euro 3.412,50. La P. pregiudizialmente dedusse l’inammissibilita’ della domanda svolta in appello con cui era stata chiesta la liquidazione del danno in via equitativa, nel merito resistette all’impugnazione principale, chiedendone il rigetto, e formulo’ appello incidentale, invocando la condanna della S. alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 1024/2012 del 31 agosto 2012, rigetto’ l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, respinse le domande proposte dalla S. s.p.a., condannandola alla restituzione, in favore della P. s.r.l., della somma ricevuta in esecuzione della sentenza del Tribunale.
La Corte d’Appello espose: a) che sulla base della missiva inviata il 14 marzo 2005 dalla P. alla S. (con la quale la prima, pur dicendosi “non totalmente responsabile del difetto”, attesa la “natura del polietilene”, aveva manifestato la disponibilita’ a “fornire, a totale risarcimento, 20.000 fasce in pellicola rinfrangente classe 2^ con water marker serigrafato come da voi richiesto”), nonche’ della incontroversa accettazione senza riserve, da parte dell’acquirente, della proposta sostituzione, e tenuto conto delle testimonianze assunte in primo grado ( O. e B.), era risultato dimostrato che tra le parti fosse intervenuta una transazione; b) la S., avendo accettato l’ulteriore fornitura in adesione per comportamento concludente alla proposta transattiva, non aveva percio’ piu’ titolo per pretendere i danni invocati, avendone fatto richiesta solo dopo il perfezionamento della transazione.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Il primo motivo di ricorso della S. s.p.a. denuncia l’erronea e falsa applicazione degli artt. 1965 e 1967 c.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che la proposta transattiva formulata dalla P. fosse stata da essa accettata mediante comportamento concludente consistente nel ritiro delle pellicole offerte in sostituzione di quelle difettose, nonostante le reciproche concessioni dell’accordo transattivo debbano risultare da atto scritto (non potendo essere provate per presunzioni), mentre la missiva del 14 marzo 2005, peraltro, di provenienza unilaterale, non conteneva alcun esplicito riferimento ad esse.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio, per aver la Corte di Brescia ritenuto essersi perfezionata la transazione, nonostante vi fosse stata una successiva richiesta, da parte della S., di risarcimento dei danni, e per aver la stessa escluso che le testimonianze assunte in primo grado fossero idonee a provare che essa avesse preteso dalla P. il risarcimento dei danni in aggiunta alla sostituzione degli adesivi risultati difettosi.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione e si rivelano infondati.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, poiche’ la transazione richiede la forma scritta unicamente “ad probationem” (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all’art. 1350 c.c., n. 12), la prova del contratto puo’ anche essere fornita da un documento sottoscritto da una sola parte, ove risulti il consenso anche soltanto tacito, purche’ univoco, dell’altra parte, consenso che si manifesti mediante attuazione integrale dei relativi patti (Cass. Sez. 2, 28/04/2011, n. 9455; Cass. Sez. 1, 13/07/1998, n. 6825; Cass. Sez. L, 16/05/1996, n. 4542; Cass. Sez. 3, 17/05/1985, n. 3013).
La Corte d’Appello di Brescia, a fronte della proposta transattiva inviata dalla P.con la missiva del 14 marzo 2005 (il cui contenuto, indicato in sentenza, prevedeva l’offerta della venditrice di “fornire, a totale risarcimento, 20.000 fasce in pellicola”, pur ritenendosi “non totalmente responsabile del difetto”, ribadendosi ulteriormente che “la nostra proposta e’ a totale risarcimento di quanto ci avete contestato”), ha ravvisato il consenso tacito della S., che accetto’ la fornitura sostitutiva. Solo dopo che la transazione doveva cosi’ ritenersi conclusa, alle condizioni offerte dalla P., con il ritiro degli adesivi da parte della S., quest’ultima, a dire del teste B., richiese altresi’ il risarcimento dei danni, pretesa ormai rinunciata in forza dell’avvenuta definizione transattiva della res litigiosa.
Spetta, peraltro, all’apprezzamento del giudice di merito, in quanto accertamento di fatto, l’accertamento dell’avvenuta conclusione e la determinazione del contenuto di un negozio transattivo, attingendo alle varie circostanze idonee a precisarne e chiarirne i termini, e tale apprezzamento e’ insindacabile in sede di legittimita’ se, come nel caso in esame, esso risulti correttamente e congruamente motivato, sia sotto il profilo della coerenza formale della motivazione stessa, sia quanto all’equilibrio dei vari elementi che ne costituiscono la struttura argomentativa (indicativamente, Cass. Sez. 3, 10/06/2005, n. 12320).
In particolare con il secondo motivo, la ricorrente intende censurare i vizi di motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nella specie, nel testo antecedente al D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. nella L. n. 134 del 2012, “ratione temporis” applicabile), facendo in realta’ valere la non rispondenza della ricostruzione del contenuto dell’accordo transattivo e delle vicende di causa operata dalla Corte d’Appello al proprio diverso convincimento soggettivo. Tale motivo di ricorso si risolve percio’ in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dei giudici del merito, e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto. L’efficacia preclusiva della transazione conseguente alla lettera del 14 marzo 2005 rispetto alle pretese risarcitorie della S. viene, invero, confutata nel secondo motivo di ricorso con la mera prospettazione di un migliore e piu’ appagante coordinamento dei dati istruttori acquisiti, ma tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso va percio’ rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.
Non sussiste l’obbligo del versamento, per la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 trattandosi di ricorso per cassazione notificato in data anteriore al 30 gennaio 2013.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
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