Corte di Cassazione sentenza n. 16661 depositata il 23 maggio 2022
giudizio di ottemperanza
FATTI DI CAUSA
1. C.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania di cui all’epigrafe, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’ottemperanza dell’Amministrazione finanziaria agli obblighi derivanti dalla sentenza n. 647/5/17 del medesimo organo giudicante, che aveva riconosciuto allo stesso contribuente il rimborso pari al 90% dell’IRPEF versata in eccedenza negli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 Costituitasi nel giudizio d’ottemperanza proposto dal contribuente,
La sentenza impugnata ha ritenuto che non sussistesse alcun titolo giudiziale contenente la condanna dell’Ufficio e suscettibile di essere posto in esecuzione in quanto la sentenza di cui si chiedeva l’ottemperanza era sentenza di mero accertamento del diritto al rimborso.
L’agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, 3 e 4 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 69, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 per avere ritenuto inammissibile il ricorso nonostante il carattere condannatorio e quindi esecutivo della sentenza azionata
2. Con il secondo motivo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., degli artt. 37, secondo comma, 38 terzo comma d.P.R. n. 1973 n. 602, dell’art. 70 ultimo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per avere mal qualificato la sentenza a quo e per non aver esercitato correttamente il potere-dovere di integrare il dictum giudiziale ai fini della sua integrale esecuzione.
3. I due motivi da esaminare insieme per connessione sono fondati.
4. Con riferimento agli aspetti tipici del giudizio di ottemperanza del giudicato in materia tributaria, merita ricordare: primo, che i limiti al rimborso spettante al contribuente per il credito fiscale di cui si discute non sono elementi costitutivi, e neppure impeditivi, modificativi o estintivi, del diritto sostanziale al rimborso accertato nel giudizio di cognizione, ed integrano piuttosto delle modalità attuative di tale diritto, dettate direttamente dalla Pertanto, la verifica dei presupposti e delle modalità con i quali essi devono operare appartiene piuttosto al procedimento di attuazione del comando giudiziale, e non è riducibile alla rigorosa applicazione degli oneri di allegazione e di prova rimessi alle parti; secondo, la precipua natura “attuativa” del giudizio di ottemperanza, e in particolare di quello tributario, nel senso che (Cass. 20/06/2019, n. 16569, in motivazione) «Tale giudizio presenta, quindi, connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile, dal quale si differenzia, perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo (Cass. n. 646 del 18/1/2012; Cass. n. 4126 del 1/3/2004; Cass. n. 20202 del 24/9/2010), compiendo gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della sentenza. […] Ciò comporta che, se da un lato, il potere del giudice dell’ottemperanza sul comando definitivo inevaso non può che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita con il giudicato, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (cd. «carattere chiuso del giudizio di ottemperanza»), dall’altro lato, può – e deve – essere enucleato e precisato da quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendosene il reale significato (Cass. n. 22188 del 24/11/2004; Cass. n. 28944 del 10/12/2008; Cass. n. 11450 del 25/5/2011; Cass. n. 15827 del 29/7/2016). […] La sentenza e gli obblighi che da essa scaturiscono segnano, dunque, il limite dell’oggetto del giudizio in questione, potendo il ricorso per ottemperanza essere proposto solo per far valere le statuizioni che sono contenute nel giudicato o, comunque, per conseguire posizioni giuridiche che dallo stesso discendono come autonoma conseguenza di legge, ma non per trattare questioni nuove o indipendenti rispetto al giudizio conclusosi con la sentenza di cui si chiede la esecuzione; il giudice dell’ottemperanza, tuttavia, al fine di assicurare la piena attuazione del giudicato, può enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato (come, ad esempio, può avvenire con riguardo agli accessori del credito consacrato nel decisum che, per loro natura, devono essere considerati ricompresi nella pronuncia da eseguire). In sostanza, anche quando il comando non risulta ben definito, il giudice dell’ottemperanza può compiere un’attività cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza ormai definitiva, che non è, invece, consentita nel giudizio esecutivo civile.».
5. È dunque in questo contesto dell’attività̀ cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza ormai definitiva che il giudice dell’ottemperanza ha in ogni caso il potere ed il dovere di compiere gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare, che nel caso di specie si estendono alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano il rimborso da erogare, in considerazione delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 16-octies, e del conseguente provvedimento direttoriale.
6. Si tratta, a ben vedere, della medesima verifica che dovrebbe inderogabilmente compiere ex lege l’Amministrazione, in sede di spontanea attuazione della sentenza de qua, nella quale si sostituisce quindi il giudice dell’ottemperanza, servendosi, se necessario, del commissario ad acta.
7. La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità, in ragione del fatto che, nel dichiarare inammissibile il ricorso perché la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza sarebbe una decisione di mero accertamento, si discosta dai princìpi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità
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