CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 18642 depositata il 3 luglio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IVA – Maggiore imponibile – Disconoscimento di un credito – Omessa presentazione dichiarazione annuale – Mancata esibizione fatture – Requisiti sostanziali del diritto alla detrazione – Mancato rispetto dei requisiti formali – Art. 2724, n. 3 c.c. – Rigetto
Fatti di causa
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza emessa dalla CTP di Messina, che aveva accolto il ricorso proposto della (…) s.a.s. di (…) e C. avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato accertato un maggiore imponibile IVA, per l’anno 2011, a seguito del disconoscimento di un credito IVA (derivante dalla differenza fra l’IVA calcolata sulle vendite e quella assolta sugli acquisti), avendo la società contribuente omesso di presentare, per quell’anno, la dichiarazione IVA annuale e non avendo esibito le relative fatture.
Dalla sentenza impugnata si evince che:
– il primo giudice aveva annullato l’atto impositivo, perché la documentazione versata in atti era stata verificata da professionisti esterni e dal Tribunale che aveva omologato il concordato preventivo, proposto dalla società; la mancata esibizione delle fatture era dipesa da eventi di forza maggiore, come era stato dimostrato mediante la produzione di denunce e di rilievi fotografici;
– la CTR ha confermato l’annullamento della ripresa affermando che non si poteva disconoscere il credito IVA, a causa dell’omessa presentazione della dichiarazione IVA annuale;
– la sussistenza del credito era stata, infatti, dimostrata dalla “contabilità generale, vagliata da professionisti indipendenti e sulla base della quale il Tribunale fallimentare ha omologato l’istanza di concordato preventivo, nonché attraverso i registri IVA, nei quali sono state annotate le operazioni di costi e ricavi, oneri e spese, liquidazioni periodiche IVA, documentazione ritenuta attendibile anche dai verbalizzanti”;
– la richiamata documentazione costituiva “una prova presuntiva su base documentale che rientra tra quelle previste dall’art. 2724 n. 3, richiamato dall’appellante, non essendo ammissibile nel processo tributario la prova testimoniale.”
Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo.
La contribuente resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo, l’Agenzia deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del d.p.r. n.633 del 1972, artt. 19, 25, 39 e 55 del d.p.r. n. 600 del 1973, 22, 2697 e 2724 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto provata, tramite presunzioni, l’esistenza del credito IVA, sebbene la (…) non avesse presentato la dichiarazione annuale IVA e non avesse prodotto le fatture o non avesse dimostrato di essersi trovata nell’incolpevole impossibilità di produrle o di acquisirne copia presso i fornitori, omettendo così di valutare la spettanza della detrazione IVA, alla luce dei principi di competenza ed inerenza, nonché l’inserimento delle fatture nella liquidazione IVA.
2. Il motivo è infondato.
3. Secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte (ex plurimis, Cass. sez. un., n. 17757 dell’8/09/2016), “nel complesso normativo e nel formante giurisprudenziale dell’UE emerge, dunque, che il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta. L’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi“.
3.1 L’Amministrazione finanziaria non può, quindi, pretendere la restituzione dell’IVA per ragioni meramente formali, se non risultano mancanti anche i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione, come viene richiesto anche dalla giurisprudenza unionale (causa C 590/13 I.L.I. s.r.l.), secondo la quale “i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, quali previsti all’art. 17 della sesta direttiva” (punto 41), mentre “i requisiti formali del diritto a detrazione disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, quali gli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione. Tali requisiti sono contenuti negli artt. 18 e 22 della sesta direttiva” (punto 42). Pertanto, “per quanto riguarda gli acquisti intracomunitari di beni imponibili, i requisiti sostanziali esigono, come emerge dall’art. 17, paragrafo 2, lettera d) della sesta direttiva, che tali acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili” (punto 43).
3.2 La questione investe, dunque, il piano probatorio, nel senso che occorre verificare se, nonostante il mancato rispetto dei requisiti formali (omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA), il contribuente, in quanto acquirente, sia in grado di provare di avere diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa, dimostrando in concreto che gli acquisiti sono stati fatti da un soggetto passivo d’imposta in possesso di fattura, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili (Cass. n. 17757/2016 cit.).
3.3 A tale proposito occorre ribadire che, se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna, grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione, negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili, l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova; mentre, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. n. 7576 del 15/04/2015; Cass. n. 6921 del 17/03/2017).
4. Per quanto riguarda la prova del diritto alla detrazione, l’accertamento in fatto da parte del giudice di merito deve essere svolto con la latitudine suggerita dalla giurisprudenza unionale (C 85/95, R.), non essendo sufficienti le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorrendo anche l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra documentazione utile (Cass. n. 6921/2017 cit.).
4.1 Deve, tuttavia, osservarsi che, sebbene la detrazione sia subordinata, in caso di contestazione da parte dell’Ufficio, alla relativa prova, che deve essere fornita dal contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate, “ove lo stesso dimostri di trovarsi nell’incolpevole impossibilità di produrre tali documenti e di neppure essere in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724, n. 3 c.c., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti” (Cass. n. 9611 del 13/04/2017).
4.2 La CTR si è attenuta ai principi di diritti sopra richiamati, avendo verificato, con un accertamento di fatto che non può essere rivalutato nel giudizio di legittimità, la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto alla detrazione, sulla base della prova presuntiva desunta dalla complessiva documentazione prodotta dalla contribuente, che era stata esaminata anche ai fini del riconoscimento del credito IVA in sede di omologazione del concordato preventivo.
5. In conclusione, il ricorso va, dunque, rigettato e la parte ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della (…) s.a.s. di (…) e C. in liquidazione e concordato preventivo, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
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