Corte di Cassazione sentenza n. 21306 depositata il 5 luglio 2022
IVA – diritto alla detrazione – operazioni soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti – onere della prova – acquisti a prezzi inferiori a quelli di mercato
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento per le annualità 2006 e 2007 sul presupposto di indebita deduzione costi, indebita detrazione iva, e soprattutto partecipazione a frodi carosello . In particolare la società M. si sarebbe avvalsa, per l’importazione di vari veicoli, di società cartiere partecipando alle relative frodi; tali importazioni ammontavano per il 2006 ad € 1.349.749,94 oltre iva per € 270.954,00; e per il 2007 ad € 132.166,66 oltre iva per € 26.433,33, il tutto da riferirsi a fatturazioni soggettivamente inesistenti. La società ricorreva alla CTP allegando la regolarità di fatturazioni ed acquisti; che i prezzi d’acquisto dei veicoli non erano di particolare favore; che l’art.60- bis del d.P.R. n.633/1972, che aveva introdotto la responsabilità solidale del cessionario nel versamento dell’iva, era inapplicabile essendo entrato in vigore il primo gennaio 2005; che i costi non potevano essere disconosciuti trattandosi di operazione semmai solo soggettivamente fittizie. La CTP respingeva il ricorso e quindi il contribuente ricorreva in appello.
2. La CTR accoglieva l’appello, osservando che i costi relativi a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti erano senz’altro deducibili con effetto retroattivo, come da circolare 32 del 3 agosto 2012; l’iva era detraibile, salva l’ipotesi di malafede del contribuente, consistente nella conoscenza o conoscibilità da parte del contribuente di star partecipando alla frode, e il relativo onere probatorio era stato assolto producendosi alcuni modelli F24 attestanti l’avvenuto pagamento dell’imposto da parte dei cedenti, e osservando altresì come tali modelli non si palesassero ictu oculi come falsi.
3. Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La società M. srl resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale l’Agenzia delle Entrate denunzia violazione e falsa applicazione degli 2729 e 2697 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma n.3, cod. proc. civ.
In particolare si lamenta come la sentenza d’appello, dopo aver evidenziato la frequenza degli acquisti con società prive di reale sede sociale e in presenza di prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli di mercato, abbia tuttavia concluso per l’assenza di malafede basandosi sulla presenza di F24, dei quali l’Agenzia non avrebbe dimostrato la falsità rilevabile ictu oculi. A parere dell’Agenzia poiché a carico del contribuente è posto “un obbligo di diligenza nella scelta del fornitore e di attenzione ai requisiti del soggetto cedente non formali ma sostanziali” (efficiente struttura operativa e capacità di fornire autonomamente i beni) fondandosi su elementi obiettivi (in negativo assenza di strutture, di clientela qualificata, mancanza di indici di capacità commerciale) (Cass. 12/05/2011, n.10414) deve escludersi che lo stesso possa appunto limitarsi a produrre dei falsi modelli F24, senza dover dimostrare invece di aver svolto le verifiche sopra indicate. Nella specie la società con cui la contribuente trattò, Club2006, aveva sede a un numero civico inesistente all’incirca corrispondente con un cantiere per l’adeguamento igienico sanitario di uno stabile, non presentava dichiarazioni dei redditi, non aveva mai versato iva, era rappresentata da dei prestanomi nullatenenti. Così valeva all’incirca per tutte le società con cui la M. aveva avuto rapporti dal 2003, allorché cessava di essere concessionaria Ford.
Insomma la sentenza non prendeva in considerazione gli indizi nel loro insieme come prescritto (Cass. 19/09/2012, n.15741), ma ciascuno isolatamente
2. Con i motivi secondo e terzo l’Agenzia deduce nullità per violazione dell’art.36, comma 2, d. lgs. 31/12/1992, n.546, 132 codi civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art.360, n.4 o, in subordine, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art.360, n.5, cod. proc. civ.
In particolare il ragionamento della CTR è fittizio e solo apparente, fondando l’accoglimento sulla semplice produzione di modelli di versamento che essa stessa riconosceva come falsi. In ogni caso è omessa la motivazione non esplicitando il percorso logico/giuridico seguito
3. Col quarto motivo l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art.60-bis del d. P.R. n.633/1972 e dell’art.2697 cod. civ., in relazione all’art.360, n.3, cod. proc. civ.
In effetti la CTR avrebbe ritenuto la prevalenza dei principi comunitari rispetto alla disciplina di cui alla norma indicata, ma si osserva che un conto è provare di non essere a conoscenza del meccanismo di prova, altro è provare che il prezzo inferiore è determinato da eventi rilevabili o sulla base di disposizioni di legge.
4. Nel proprio controricorso, la difesa della contribuente, sottolineava come intanto e a tutti gli effetti i modelli F24 dovevano considerarsi veri, la relativa falsità non essendo stata affermata dalla CTR, per cui già per tal via era impossibile catalogare come cartiere le società che avevano operato con la controricorrente. D’altronde si sottolinea come non si possa porre a carico del contribuente un’autentica attività investigativa come preteso dalla ricorrente. Sul secondo motivo se ne allega l’inammissibilità in quanto con esso si tende a vagliare un vizio motivazionale, e in ogni caso l’Agenzia qui a ben vedere pretende un diverso apprezzamento delle prove. Sul quarto motivo si osserva che era stato dimostrato in realtà come i prezzi non fossero affatto inferiori a quelli di mercato
5. il primo motivo è fondato e va accolto. Ritiene il collegio che effettivamente, al fine di ritenere fondato il diniego del diritto alla detrazione, proprio perché la stessa forma oggetto di un principio fondamentale del sistema unionale (Corte 6 luglio 2006, in C-439/04 e C-440/04, 6 dicembre 2012, in C-285/11, 31 gennaio 2013, in C-642/11) è necessario in capo al cessionario la consapevolezza o la conoscibilità, usando la diligenza mediamente richiedibile ad un operatore del settore, che l’operazione si inseriva in un’operazione consistente in una frode fiscale. Da ciò consegue che è onere dell’Amministrazione fiscale provare, a fronte di fatturazione ad operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, anche per mezzo di praesemptio hominis, che le operazioni stesse nel primo caso non sono state effettuate o, nel secondo (operazioni soggettivamente inesistenti, che ricorrono nella specie), che il contribuente stesso, al momento della cessione, sapeva o avrebbe dovuto sapere dell’evasione operata dal cedente.
In proposito va richiamata la seguente “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto” (Cass. 20/07/2020, n.15369).
Ora nella specie emerge la sussistenza quantomeno della prova della conoscibilità della frode, dal momento che le cessioni a partire dal 2003 venivano costantemente poste in essere con società cartiere, prive di sede sociale reale e, come afferma anche qui la stessa CTR, gli acquisti avvenivano a dei prezzi inferiori a quelli di mercato. D’altro canto emerge altresì la produzione degli F24 – peraltro privi di riscontro all’anagrafe tributaria non risultando dall’interrogazione SERPICO (pag.7 del ricorso e già allegata in primo grado, circostanza non contestata). Tale produzione, avvenuta in sede di osservazioni al PVC, si riferisce, secondo quanto dedotto (pag. 9 del ricorso) e non contestato, ad annualità antecedenti a quelle qui di interesse, rimanendo peraltro ignoto se tali elementi vennero acquisiti al momento delle cessioni o successivamente (si ricorda che il PVC risale al 2008), laddove come detto gli elementi caratterizzanti lo stato soggettivo del cessionario devono essere riferiti al momento della cessione.
Risultando così assolto l’onere probatorio gravante sull’amministrazione e non invece quello, conseguente, del contribuente, il motivo merita accoglimento, non avendo la CTR fatto buon governo delle norme in tema di distribuzione dell’onere probatorio e di fondatezza della presunzione la cui violazione è stata denunziata.
6. I restanti motivi risultano così assorbiti dall’accoglimento del primo. Il ricorso dev’essere accolto con cassazione della sentenza e rinvio alla medesima commissione in diversa composizione, cui va demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il ricorso e cassa la sentenza rinviando alla commissione regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio
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