CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 25359 depositata il 28 agosto 2023
Lavoro – Fondo di previdenza integrativa per i giornalisti – Indennità c.d. “ex fissa” – Insufficienti disponibilità di cassa del Fondo – Momento di maturazione del diritto alla prestazione – Posizione specifica dell’INPGI rispetto alle obbligazioni assunte dal Fondo nei confronti degli iscritti assimilabile a quella di un adiectus solutionis causa – Esclusione del contratto a favore di terzo – Delegazione di pagamento – Sistema a ripartizione – Accoglimento
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha accolto la domanda svolta dall’attuale intimato volta ad ottenere la condanna dell’INPGI, quale gestore del Fondo di previdenza integrativa per i giornalisti, al pagamento di somme a titolo di indennità c.d. “ex fissa” e condannato l’INPGI al relativo pagamento, non avendo l’istituto dimostrato la sussistenza, in riferimento al periodo gennaio-febbraio 2012 (e alle domande di liquidazione del 29/12/2011 e 11/1/2012) del presupposto di fatto (id est mancanza di disponibilità finanziaria) previsto nella clausola di esonero da responsabilità per invocarne l’applicazione.
2. Secondo la Corte territoriale il sistema “ex fissa” è un sistema con un “accantonamento” economico relativo alla posizione individuale, composto dall’importo dei contributi versati dal datore di lavoro.
3. In ogni caso la Corte di merito, ferma la revoca del decreto ingiuntivo, come disposta dal primo giudice, per essere fondato il motivo di opposizione proposto dall’INPGI circa la non debenza della rivalutazione monetaria (pretesa ancora dal giornalista, in sede di gravame) trattandosi di debito previdenziale, alla somma per capitale (non contestata) ha aggiunto gli interessi legali, in mancanza di domanda di condanna al pagamento di interessi di diversa natura.
4. Avverso tale sentenza ricorre l’INPGI, con ricorso affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato con memoria; resistono, con controricorsi ulteriormente illustrati con memorie, FNSI e M.G..
5. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso, integrata e corretta la motivazione della sentenza impugnata.
Ragioni della decisione
6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416, 420 e 421 cod.proc.civ.;
assume l’INPGI l’ammissibilità della tardiva produzione documentale e dei bilanci degli anni 2012-2013, in quanto asseritamente acquisita d’ufficio dal Tribunale adito, in ossequio al principio della ricerca della verità materiale e quale pretesa integrazione della prova dell’incapienza del Fondo asseritamente già fornita in atti dall’Istituto, in sede di opposizione, oltre che quale sopravvenuta esigenza probatoria insorta in relazione alla memoria difensiva dell’opposto nel giudizio.
7. Con il secondo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della Convenzione e 9 e 11 del Regolamento in relazione agli artt. 1321 e ss. e 1362 cod.civ. e si assume che la natura collettiva della prestazione oggetto di causa imponesse una corrispondente verifica di esigibilità dell’indennità in relazione alle disponibilità di cassa del Fondo per la totalità delle prestazioni richieste ed erogabili, come da clausola di cui all’art. 6, da intendersi quale previsione di “esonero incondizionato” ove insufficienti le disponibilità di cassa del Fondo a gestione separata e contestando la ritenuta operatività e natura del Fondo come a capitalizzazione individuale o mista, anziché, come dedotto, a ripartizione (profilo questo rimarcato anche “nel controricorso ad adiuvandum della FNSI).
8. Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 5 All. G del CNLG, 5 della Convenzione e 6 del Regolamento del Fondo Integrativo, anche in relazione agli artt. 1372, 1373, 1362 e 2697 c.c. e si contesta l’individuazione del momento di maturazione del diritto alla prestazione nella data di presentazione delle domande, anziché nella data del pensionamento, ovvero al 65° anno di età di ciascun richiedente e, con esso, si assume la necessità di valutare la capienza del Fondo in relazione alla totalità delle posizioni pregresse degli aventi diritto.
9. Col quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 27 CNLG e relativo Allegato G anche in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c. e si assume l’insussistenza di alcuna obbligazione diretta nei confronti dei giornalisti aventi diritto, venendo in rilievo il Fondo di matrice collettiva, rispetto al quale l’Istituto avrebbe il compito di mero esecutore della prestazione sulla base dei criteri e regole definiti dalle Parti Collettive.
10. Col quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in virtù dell’asserita compiuta prova della illiquidità del Fondo alla data di presentazione della domanda del giornalista, come da rendicontazioni prodotte sub doc. n. 8 del fascicolo di primo grado, dai bilanci degli anni 2012-2013 acquisiti d’ufficio dal Tribunale e degli Accordi delle Parti collettive dell’anno 2014, stante un’asserita incapacità strutturale del Fondo a garantire la tenuta finanziaria, a fronte della sopravvenuta crisi del settore editoriale.
11. Il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione, assorbita ogni altra censura, in continuità con decisioni coeve su ricorsi implicanti la medesima questione di fondo: per tutte, Cass. n. 20904 del 2023 della quale si riportano, di seguito, gli snodi argomentativi.
12. Va premesso che, come correttamente rilevato dai giudici territoriali, la prestazione per cui è causa non ha origine legale, bensì obbligatoria, trovando causa nell’accordo sindacale sottoscritto in data 8.6.1994 e richiamato dall’art. 27 CCNL per i dipendenti di imprese giornalistiche.
13. Tale accordo, a sua volta, ha ad oggetto una convenzione e un regolamento volti a disciplinare la prestazione previdenziale integrativa istituita in luogo della precedente indennità fissa corrisposta ai giornalisti alla cessazione del rapporto di lavoro: in essi si prevede la costituzione presso l’INPGI di una speciale gestione per la corresponsione delle prestazioni integrative (art. 1 convenzione), identificate nell'”accantonamento (…) di un capitale” pari “a sette mensilità di retribuzione, calcolata con i criteri di cui all’art. 2121 c.c. sulla retribuzione denunciata dall’azienda a fini contributivi nel mese antecedente la risoluzione del rapporto di lavoro” (artt. 3 e 4 convenzione, artt. 3 e 4 regolamento), che può essere corrisposto o nella forma di “un assegno vitalizio reversibile (…) integrativo del trattamento di pensione corrisposto dall’INPGI”, oppure in forma di “capitale pari all’accantonamento effettuato (…) rivalutato in base alla variazione intervenuta nell’indice del costo della vita” (art. 5 convenzione).
14. L’art. 6 della convenzione disciplina, poi, le modalità di finanziamento del Fondo e prevede, per quanto qui rileva, che esso sia alimentato da un contributo mensile a carico dei datori di lavoro (comma 1), che “l’Ente gestore del Fondo” (ossia l’INPGI) debba “sorvegliare che la liquidità del Fondo sia adeguata alle necessità” (comma 2), provvedendo se del caso ad “avviare immediata segnalazione agli Enti stipulanti la Convenzione” della “somma necessaria e (del)l’Ente o (de)gli Enti tenuti al reintegro” (comma 4), nonché, da ultimo, che “qualora, esperita tale segnalazione, la reintegrazione della liquidità richiesta non avvenga nel termine di due mesi e l’Ente gestore fosse posto nell’impossibilità di provvedere al pagamento di eventuali richieste di liquidazione del capitale nel frattempo presentate dai giornalisti aventi diritto o da loro superstiti, il Fondo dovrà farsi carico del pagamento degli interessi, calcolati nella misura del 12% annuo, a decorrere dalla scadenza del termine di cui sopra” (comma 5), rimanendo per contro “l’Istituto (…) esonerato dall’obbligo di corrispondere le prestazioni in assenza della necessaria disponibilità finanziaria”, in ragione del “regime di completa autonomia del Fondo integrativo” (comma 7).
15. Così ricostruita la disciplina contrattuale collettiva, risulta anzitutto evidente che il Fondo costituito presso l’INPGI per la corresponsione della prestazione previdenziale integrativa istituita in luogo della precedente indennità fissa deve considerarsi un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici: esso infatti non si identifica con l’INPGI, che ne è solo “gestore” (“con contabilità separata” e con espressa previsione che “le spese di amministrazione sono addebitate al Fondo”: art. 9 della convenzione), ma costituisce soggetto giuridico autonomo di tipo associativo e con finalità mutualistiche, analogamente ai fondi previdenziali aziendali ex art. 2117 cod.civ. costituiti con apporto contributivo del datore di lavoro e dei lavoratori che non abbiano ottenuto la personalità giuridica (cfr. in tal senso Cass. nn. 2492 del 1982, 7755 del 2003, 25967 del 2017), con i quali indubbiamente condivide il carattere negoziale della fonte istitutiva, la formazione di un patrimonio autonomo in vista di uno scopo mutualistico e la predisposizione all’uopo di uno specifico ordinamento organizzativo.
16. In quest’ottica, se dev’essere logicamente escluso che i creditori personali dell’INPGI possano soddisfarsi sul patrimonio del Fondo, ostandovi la previsione dell’art. 2117 cod.civ. cit., risulta del pari evidente che la posizione specifica dell’INPGI rispetto alle obbligazioni assunte dal Fondo nei confronti degli iscritti è assimilabile a quella di un adiectus solutionis causa: l’Istituto è infatti incaricato dal Fondo di corrispondere agli iscritti le prestazioni nell’ambito (e nei limiti) della provvista costituita dai contributi versati nel patrimonio del Fondo, di talché la sua è propriamente un’obbligazione di facere che ha come destinatario il Fondo delegante, non già l’iscritto beneficiario della prestazione, nei cui confronti viceversa non assume alcuna obbligazione propria. Lo si desume non soltanto dalla previsione dell’art. 6, u.c., della convenzione, secondo cui “l’Istituto risulta esonerato dall’obbligo di corrispondere le prestazioni in assenza della necessaria disponibilità finanziaria”, ma soprattutto dalla previsione del comma precedente, secondo cui la mancata reintegrazione della liquidità nel termine di due mesi dalla richiesta, cui sia seguita l’impossibilità dell’INPGI di provvedere al pagamento delle prestazioni richieste dagli iscritti aventi diritto, obbliga “il Fondo” (e non l’INPGI, appunto) al pagamento degli interessi.
17. Sotto questo profilo, deve recisamente escludersi che la convenzione abbia ad oggetto un contratto a favore di terzo nell’ambito del quale l’INPGI figurerebbe come promittente: promittente (e obbligato) è semmai il Fondo, mentre l’INPGI è semplicemente delegato al pagamento della prestazione cui ha diritto l’iscritto, secondo le previsioni del Fondo stesso. E ciò, dal canto suo, esclude che la previsione dell’art. 6, u.c., della convenzione cit., possa sospettarsi d’illiceità per contrasto con l’art. 1229 cod.civ.: non rispondendo l’INPGI in proprio dei debiti del Fondo, è evidente che la clausola in questione non può in alcun modo costituire una ipotesi di limitazione preventiva della responsabilità del debitore per dolo o colpa grave.
18. In secondo luogo, la disciplina collettiva dianzi ricordata avvalora la conclusione secondo cui il funzionamento del Fondo avviene col sistema a ripartizione: oggetto della promessa del Fondo non è infatti l’incremento patrimoniale del valore dei contributi versati per ciascun lavoratore iscritto, come accade nei sistemi a capitalizzazione individuale, bensì una prestazione definita, costituita da un valore capitale pari “a sette mensilità di retribuzione, calcolata con i criteri di cui all’art. 2121 c.c. sulla retribuzione denunciata dall’azienda a fini contributivi nel mese antecedente la risoluzione del rapporto di lavoro” (artt. 3 e 4 convenzione, artt. 3 e 4 regolamento), che può essere corrisposta o nella forma di assegno vitalizio reversibile oppure in forma di capitale rivalutato in base alla variazione intervenuta nell’indice del costo della vita; ed è evidente che, essendo la prestazione del tutto sganciata dal valore e dal rendimento dei contributi versati, la funzione di questi ultimi non può che risiedere nella costituzione della provvista con cui provvedere al pagamento delle prestazioni correnti, come peraltro si desume chiaramente dalle previsioni, dianzi richiamate, dell’art. 6, commi 2, 4 e 5 della convenzione, che fanno carico all’INPGI di vigilare sull’adeguatezza della provvista rispetto agli impegni in scadenza e di avvertire, in caso contrario, i soggetti tenuti al suo reintegro.
19. Non vale, in contrario, richiamare le molteplici norme contrattuali, pure dianzi riportate, che sanciscono il diritto di ogni iscritto ad un “accantonamento”: premesso, in termini generali, che, in materia di contrattazione collettiva, al fine di ricostruire la comune intenzione delle parti contrattuali, non può essere attribuita rilevanza esclusiva al senso letterale delle parole, dovendo piuttosto assegnarsi preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall’art. 1363 cod.civ., secondo cui le clausole s’interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (così, da ult., Cass. n. 2996 del 2023, sulla scorta di numerosissime precedenti conformi), milita in senso radicalmente contrario rispetto all’ipotesi del fondo a capitalizzazione di accantonamenti individuali la previsione contrattuale secondo cui il Fondo è obbligato a corrispondere a ciascun iscritto soltanto una prestazione definita, calcolata secondo modalità che prescindono totalmente sia dall’ammontare dei contributi versati che dal rendimento di questi ultimi. Ne’ potrebbe configurarsi in alcun modo un diritto degli iscritti a ricevere, in alternativa o in subordine, l’ammontare dei contributi versati in loro favore, prevedendo l’art. 2123 cod.civ. che tale liquidazione possa aver luogo soltanto quando i fondi di previdenza siano formati “con il contributo dei prestatori di lavoro”, ciò che nella specie è escluso dall’art. 6, comma 1, della convenzione più volte cit.
20. Tanto premesso, nella specie nessun accertamento di fatto è stato condotto circa l’incapienza e l’illiquidità del Fondo avendo riguardo all’insufficienza complessiva della provvista a soddisfare già le numerosissime domande anteriori a quella presentata dall’odierna parte intimata – nella specie, la Corte di merito si è limitata a rimarcare che l’illiquidità andava riferita alla posizione del singolo giornalista, in senso contrario, dunque, a quanto fin qui illustrato – e non senza rilevare che il successivo accordo sindacale del 24.6.2014, stipulato tra le medesime parti collettive che hanno istituito il Fondo, ha avuto come presupposto proprio lo stato di grave illiquidità del Fondo stesso (in relazione al quale, peraltro, oltre alla messa in liquidazione del Fondo, è stato previsto il pagamento rateale delle prestazioni in favore di coloro che avevano maturato il diritto alla prestazione).
21. La sentenza che non si è conformata agli illustrati principi va, pertanto, cassata e, per essere necessari nuovi accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, affinché provveda a nuovo esame alla luce di quanto sin qui detto.
22. Al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
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