Corte di Cassazione sentenza n. 28466 depositata il 5 novembre 2019
condominio –
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ai sensi dell’art.1105 I quinto comma, c.c. DS chiedeva al Tribunale di – omissis – di provvedere alla nomina di un amministratore del condominio di – omissis -, via P. n.276, allegando di essere titolare della maggioranza dei millesimi di proprietà e che nelle ultime riunioni dell’assemblea dell’ente di gestione non era stato possibile pervenire alla nomina di un amministratore per mancanza del numero legale.
Il Tribunale onerava il ricorrente di provvedere alla convocazione in giudizio degli altri partecipanti al condominio e, nel frattempo, nominava un amministratore giudiziario, il quale convocava l’assemblea ponendo all’ordine del giorno la nomina di un amministratore scelto dai condomini.
Non essendo stata raggiunta la maggioranza dei millesimi su alcuno dei nomi proposti dall’amministratore giudiziario, quest’ultimo depositava la sua relazione chiedendo di essere sollevato dall’incarico.
Si costituivano in giudizio gli altri partecipanti al condominio e veniva revocato l’amministratore giudiziario. Quindi, con provvedimento depositato il 24.10.2011 il Tribunale nominava l’amministratore del condominio condannando il ricorrente a rifondere alle altre parti le spese del grado, nonché al pagamento di un’ulteriore somma ai sensi dell’art.96 ultimo comma c.p.c.
Interponeva reclamo il DS avverso detta decisione, ai sensi dell’art.739 c.p.c., al quale resistevano le altre parti già costituite in prime cure.
Con il decreto oggi impugnato la Corte di Appello de L’Aquila rigettava il reclamo condannando il DS anche alle spese del secondo grado.
Propone ricorso per la cassazione del decreto della Corte abruzzese DS affidandosi a cinque motivi. Resistono con controricorso DA e PM.
DM, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale le controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con il quale il DS aveva contestato l’affermazione del Tribunale che gli attribuiva la responsabilità della condizione di stallo in cui si era venuto a trovare il condominio.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art.91 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. perché la Corte territoriale avrebbe errato nel pronunciare condanna alle spese senza considerare che, vertendosi in materia di volontaria giurisdizione, non vi era alcuna parte soccombente. Inoltre, la condanna alle spese del ricorrente non era comunque giustificata, né in primo né in secondo grado, posto che il ricorso era comunque stato accolto e la domanda con esso formulata ritenuta fondata: il Tribunale aveva infatti nominato un nuovo amministratore del condominio di via P. n.276.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 96, 88 c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c. perché la Corte abruzzese avrebbe confermato la pronuncia di prime cure di condanna del DS al risarcimento ex art.96, ultimo comma, c.p.c. senza valorizzare la sua buona fede, emergente innanzitutto dal fatto che era stato lui stesso ad introdurre il giudizio.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, idoneo ad incidere sia sulla condanna alle spese che sulla pronuncia ex art.96 c.p.c., in relazione all’art.360 n.5 c.p.c., perché la Corte aquilana avrebbe trascurato di considerare che la mancata partecipazione alle due assemblee condominiali del 2.12.2010 e del 16.12.2010 non era dovuta ad inerzia o strategia ostruzionistica del DS, ma piuttosto al fatto che sia nella prima che nella seconda occasione costui non aveva ricevuto regolarmente l’avviso di convocazione della riunione assembleare.
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, esso pure ritenuto idoneo ad incidere sia sulla condanna alle spese che sulla pronuncia ai sensi dell’art.96 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il DS avesse frapposto ostacoli alla nomina del nuovo amministratore del condominio, senza tener conto della decisiva circostanza che egli aveva proposto all’assemblea dell’ente di gestione almeno due nomi, che tuttavia non aveva ricevuto il voto favorevole della maggioranza necessaria.
Salvo il primo motivo, tutti gli altri sono variamente connessi al tema della condanna del ricorrente alle spese di lite ed al risarcimento del danno da lite temeraria e meritano di essere esaminati in modo congiunto e prioritario.
Va premesso che questa Corte ha affermato l’inammissibilità, in termini generali, del ricorso per cassazione ex art.111 Cost. avverso il provvedimento con cui la corte d’appello decide sul reclamo contro il decreto di nomina di un amministratore giudiziario del condominio ai sensi dell’art.1129, primo comma, c.c. -fattispecie certamente affine a quella di cui all’art.1105 quinto comma c.c.- attesa la carenza di attitudine al giudicato di detto decreto; carenza che non viene meno in ragione della dedotta violazione di norme strumentali preordinate all’emissione del provvedimento, quali ad esempio la mancata convocazione ed audizione dell’amministratore revocato, la declaratoria della soccombenza virtuale senza la verifica dei documenti prodotti e la condanna al pagamento delle spese in un procedimento di volontaria giurisdizione (Cass. Sez.2, Sentenza n.9516 del 06/05/2005, Rv.582394). Tuttavia, proprio il precedente appena richiamato ammette l’impugnazione ex art.111 cost. del decreto, qualora si censuri la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, poiché in tale evenienza vengono in rilievo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata la decisione, che è pertanto dotata -quanto a detto diverso rapporto concernente il regime delle spese di lite- dei connotati tipici della decisione giurisdizionale con attitudine al giudicato, indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede.
La decisione in esame si colloca nel solco dell’orientamento delle Sezioni Unite, le quali hanno avuto modo di affermare l’inammissibilità, in termini generali, del “… ricorso per cassazione ai sensi dell’art.111 Cost. avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio ai sensi degli art.1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione (sostitutivo della volontà assembleare, per l’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela dell’interesse alla corretta gestione della amministrazione condominiale in ipotesi tipiche -contemplate dall’art.1129 cit.- di compromissione della stessa) che, pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, non ha carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide … È viceversa ammissibile il ricorso per cassazione avverso la statuizione, contenuta nel provvedimento, relativa alla condanna alle spese del procedimento, la quale, inerendo a posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, ha i connotati della decisione giurisdizionale e l’attitudine al passaggio in giudicato indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede” (Cass. Sez. U, Sentenza n.20957 del 29/10/2004, Rv. 577887)
Nel caso di specie, avendo sia il Tribunale che la Corte di Appello statuito anche sulle spese (nonché, quanto solo al giudice di prime cure, in punto di responsabilità per abuso dello strumento processuale ex art.96, ultimo comma c.p.c.) il ricorso per Cassazione proposto dal DS è certamente ammissibile. Tanto premesso, le censure poste dal ricorrente con il secondo, terzo, quarto e quinto motivo sono fondate. Ed invero il giudice di merito non poteva ravvisare alcun profilo di soccombenza del ricorrente DS, in quanto la sua domanda di nomina di un nuovo amministratore del condominio era stata comunque accolta. Stesso dicasi, a fortiori, per l’ulteriore condanna disposta dal Tribunale ai sensi dell’art.96 ultimo comma c.p.c., che in tanto poteva essere pronunciata, in prime cure, e confermata, in sede di reclamo, in quanto fosse stata dimostrata dal giudice di merito la malafede con cui il DS avrebbe agito. Sul punto, la Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare la circostanza che era stato lo stesso odierno ricorrente ad attivarsi per depositare in Tribunale un’istanza finalizzata ad ottenere la nomina di un amministratore del condominio, con ciò dimostrando sia di non essere inerte rispetto alle sorti dell’ente di gestione, sia di non avere interesse al mantenimento della situazione di stallo venutasi a creare in seno all’assemblea dei partecipanti al condominio. Da quanto precede discende che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, i fatti salienti della vicenda (mancato raggiungimento del numero legale nelle due assemblee di dicembre 2010 e presentazione del ricorso ex art.1105, quinto commai c.c. da parte del DS) costituivano indici rilevatori della sua buona fede e non potevano indurre la Corte di merito a ritenere sussistente, in ultima analisi, la malafede del DS.
Quest’ultima, infatti, avrebbe dovuto essere dimostrata, soprattutto ai fini della condanna ai sensi dell’art.96 ultimo comma c.p.c., non potendosi applicare, in difetto di prova, alcuna presunzione di malafede.
L’accoglimento, nei limiti appena evidenziati, del secondo, terzo, quarto e quinto motivo conduce all’assorbimento del primo: se infatti in linea di principio occorre ribadire l’inammissibilità del ricorso per Cassazione ex art.111 Cost. di un provvedimento reso in materia di volontaria giurisdizione, stante l’assenza di contenuto decisorio dello stesso, va invece ritenuto ammissibile, come già affermato, il ricorso avverso un provvedimento che disponga anche sulle spese di lite, con ciò incidendo sui rapporti soggettivi di debito e credito direttamente derivanti, a vantaggio e carico delle parti, dalla partecipazione alla causa e dal suo esito (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n.9348 del 11/04/2017, Rc.643815; Cass. Sez.6-2, Ordinanza n.2986 del 27/02/2012, Rv.621556). Nel caso di specie la prima censura, ancorché non direttamente rivolta avverso la statuizione sulle spese e sulla condanna ex art.96 c.p.c., è stata comunque formulata dalla parte odierna ricorrente nell’ambito di una contestazione limitata alle pronunce di condanna, alle spese e al danno ex art.96 c.p.c., contenute nel provvedimento impugnato ed in quello, precedente, oggetto di conferma; dal che deriva la sua ammissibilità, e di conseguenza l’assorbimento, alla luce del già disposto accoglimento degli altri motivi di ricorso.
Va in definitiva formulato il seguente principio di diritto: “Pur essendo inammissibile, in linea di principio, il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art.111 Cost. avverso provvedimenti emanati in materia di volontaria giurisdizione, stante l’assenza del contenuto decisorio in capo a questi ultimi, deve, invece, essere ritenuta l’ammissibilità del predetto gravame allorquando la pronuncia impugnata, ancorché vertente in materia di volontaria giurisdizione, contenga una statuizione di condanna alle spese delle fasi del giudizio di merito ovvero la condanna sanzionatoria ai sensi dell’art. 961 ultimo comma c.p.c. In tali ipotesi, deve essere ammessa anche la proposizione di censure non strettamente inerenti le statuizioni di condanna, bensì il procedimento logico-argomentativo e la successione logica e causale che ha condotto il giudice del merito a dette statuizioni, poiché in caso contrario la doglianza finirebbe per non poter riguardare i presupposti stessi -sia in termini logici che in termini giuridici- delle statuizioni di condanna di cui si discute”.
Vanno dunque accolti il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo, assorbito il primo. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la causa può essere decisa ai sensi dell’art.384, secondo comma, ultima parte, c.p.c., con eliminazione delle statuizioni di condanna disposte rispettivamente, ai sensi dell’art.96 c.p.c. quanto al solo primo grado di giudizio, ed ai sensi dell’art.91 c.p.c. quanto ad ambedue i gradi del giudizio di merito.
Per effetto della definizione del ricorso con decisione nel merito con esito favorevole al ricorrente, occorre regolare le spese dell’intero giudizio, per le quali si ritiene che -in virtù della peculiarità della fattispecie e della complessità delle questioni giuridiche- sussistano giusti e gravi motivi per dichiararle interamente compensate con riferimento ai due gradi di merito. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono, invece, la soccombenza e sono regolate come da dispositivo.
PQM
la Corte accoglie secondo, terzo, quarto e quinto motivo e dichiara assorbito il primo. Cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art.384 , secondo comma, c.p.c., elimina la statuizione di condanna ai sensi dell’art.96 ultimo comma ) c.p.c. disposta in relazione al primo grado di giudizio, nonché quella di condanna del DS alle spese, già disposta in relazione ad ambedue i gradi di giudizio, confermando nel resto la pronuncia impugnata. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei due gradi di merito. Condanna le controricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.700 di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.
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