Corte di Cassazione sentenza n. 28831 depositata il 4 ottobre 2022
omessa pronuncia – Ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo
FATTI DI CAUSA
1. Si controverte dell’impugnazione, da parte della F.lli F. di Fx S.r.l., della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis, d.P.R. 29 settembre 1973, 600, ai fini Ires e Iva, per il 2004, con la quale l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione il reddito dichiarato, quanto all’Ires, dopo avere disconosciuto il riporto delle perdite relative ad annualità pregresse (in particolare si tratta del periodo prefallimentare dal 1°/01/1997 al 15/04/1997) a causa della mancanza di continuità delle dichiarazioni; quanto all’Iva, per la correzione (per euro 310,00) della compensazione erroneamente operata dalla società nella misura di euro 1.048,00, dopo che (nella dichiarazione) l’Iva da compensare era stata indicata in euro 738,00.
2. La Commissione tributaria provinciale di Pisa accolse il ricorso con sentenza (n. 88/02/10) che è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Toscana sulla base delle seguenti considerazioni: (i) la rettifica ex 36-bis poteva essere utilizzata soltanto per correggere errori formali o per disconoscere la compensazione di un credito in misura superiore a quanto indicato dalla contribuente; (ii) trattandosi del disconoscimento del riporto di perdite di annualità precedenti (risalenti addirittura a otto anni prima), l’ufficio avrebbe dovuto emanare un avviso di accertamento; (iii) la contribuente, nel rispetto dell’art. 84, t.u.i.r., aveva riportato una perdita relativa al periodo prefallimentare (01/01/1997 – 15/04/1997) che risultava essere il quarto periodo precedente a quello oggetto della dichiarazione.
3. L’Agenzia ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza di appello; la contribuente non partecipa al giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso [«1. Nullità della sentenza per violazione degli articoli 2909 c.c. e 324 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha considerato che, come evidenziato dall’ufficio nell’atto di appello, la medesima questione, in relazione al periodo di imposta 2002, era coperta da giudicato, favorevole all’Amministrazione finanziaria, giusta sentenza della C.T.R. n. 10/24/2009, divenuta definitiva in data 1°/03/2010.
2. Con il secondo motivo [«2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata, che afferma che la rettifica ex 36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, poteva investire soltanto errori formali commessi dalla società nella redazione della dichiarazione per il 2004, senza considerare che la liquidazione ai sensi dell’art. 36-bis, cit., in realtà, era senz’altro consentita nella fattispecie, avente ad oggetto il disconoscimento del diritto a riportare le perdite nella dichiarazione per il 2004 in seguito alle omissioni dichiarative riguardanti i precedenti periodi di imposta.
3. Con il terzo motivo [«3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 84 (ex 102) della l. n. 917/1986 (t.u.i.r.) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha ritenuto ammissibile il riporto, nella dichiarazione per il 2004, delle predite relative a precedenti periodi di imposta, trascurando che l’esigenza di continuità dichiarativa della perdita, invocata dall’ufficio a fondamento della propria pretesa, è insita nell’istituto disciplinato dall’art. 84, t.u.i.r., in quanto, detto che ai fini del riporto è sufficiente che la perdita sia maturata in uno dei cinque esercizi precedenti, è altresì vero che, al medesimo fine, il contribuente deve provare, o almeno deve avere dichiarato, la persistenza della stessa perdita al momento del suo utilizzo.
4. Con il quarto motivo [«4. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, 5), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha preso in considerazione la circostanza dell’assenza della continuità delle dichiarazioni in ragione della quale era stata operata la rettifica dell’Ires.
5. Con il quinto motivo [«5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, 5), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non si è pronunciata sulla rettifica dell’Iva, per euro 310,00, che si fondava sulla correzione della compensazione erroneamente effettuata in dichiarazione nella misura di euro 1.048,00, benché indicata (nella stessa dichiarazione) nella misura di euro 738,00.
6. Preliminarmente, con riferimento alla rettifica della dichiarazione ai fini Ires per effetto del disconoscimento del riporto delle perdite, è dato rilevare che sul punto opera il giudicato esterno, rappresentato dalle sentenze di questa Corte nn. 19759/2014, 19760/2014, che hanno dichiarato inammissibili i ricorsi dell’ufficio avverso le sentenze nn. 25/08/11 e 26/08/11, con le quali la C.T.R. della Toscana aveva rigettato gli appelli erariali contro le pronunce di primo grado — recanti l’annullamento delle cartelle di pagamento emesse sulla base del medesimo presupposto di questo giudizio (mancato riconoscimento delle perdite pregresse) — argomentando che, in considerazione dell’unitarietà del periodo di soggezione alla procedura fallimentare e di concordato (dal 15/04/1997 al 2002), la perdita relativa al 1995 poteva essere computata in diminuzione del reddito del 2003, data la “continuità” soggettiva che “si verifica nel caso de quo”, e dato il rispetto dei “limiti fissati dell’articolo 84” del t.u.i.r.
A questo proposito, merita ricordare che i giudicati sopra richiamati prevalgono su quello (per il 2002), di segno opposto, indicato dall’ufficio nel primo motivo di ricorso, perché ad esso posteriori, dovendosi qui dare continuità alla condivisibile giurisprudenza della Corte (Cass. 31/05/2018, n. 13804) secondo cui «Ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo […]»;
7. Il quinto motivo è inammissibile.
Va dato seguito all’indirizzo di legittimità per il quale «L’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicché, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il motivo deve essere dichiarato inammissibile» (Cass. 16/03/2017, n. 6835).
8. Nulla occorre statuire sulle spese del giudizio di cassazione, al quale la contribuente non ha preso parte.
9. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, in relazione ai primi quattro motivi, coperti da giudicato esterno, e dichiara inammissibile il quinto motivo.
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