CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 33620 depositata il 1° dicembre 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – IVA – IRES – IRAP – Deducibilità perdite della consolidata da parte della consolidante – Ipotesi di consolidato nazionale – Operazioni soggettivamente inesistenti – Oggettiva fittizietà del fornitore – Consapevolezza del destinatario – Frodi carosello – Accoglimento
Fatti di causa
1. In esito a verifica della Guardia di finanza, l’Agenzia delle entrate emetteva avvisi di accertamento ai fini Iva, Ires e Irap per gli anni 2004 e 2005, irrogando le conseguenti sanzioni, nei confronti della società K.G. Srl (di seguito KG), nonché della controllante S. Spa, in relazione al compimento di operazioni soggettivamente inesistenti aventi ad oggetto la compravendita di telefoni cellulari. Con l’atto veniva altresì contestata l’indeducibilità degli accantonamenti relativi all’indennità suppletiva di clientela per rapporti di agenzia e delle spese di sponsorizzazione, considerate come di rappresentanza.
L’Ufficio, in esito ad un’ulteriore verifica effettuata nei confronti della consolidante R.L. Spa (ora B. Spa) rispetto alla consolidata KG, emetteva ulteriori avvisi, con cui contestava, per l’anno 2004, l’illegittima compensazione di perdite maturate anteriormente all’esercizio dell’opzione, in violazione dell’art. 118, comma 2, tuir.
2. Le società contribuenti impugnavano gli accertamenti, che venivano annullati dalla Commissione tributaria provinciale di Milano.
3. La sentenza era confermata dalla CTR in epigrafe, secondo la quale, per le operazioni realizzati verso la Francia, non sussisteva prova della partecipazione della KG al meccanismo frodatorio e, quanto alle operazioni verso l’Austria, della stessa fittizietà delle operazioni.
Confermava, inoltre, la deducibilità degli accantonamenti, delle spese di sponsorizzazione e la legittimità della compensazione delle perdite pregresse individuali.
4. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, limitatamente alle riprese per le operazioni soggettivamente inesistenti e la deducibilità delle perdite pregresse, cui replicano le società con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale rispettivamente con due motivi (S. Spa) e un motivo (B. Spa e KG).
5. Nelle more del giudizio B. Spa e KG presentavano istanza di definizione agevolata D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6 limitatamente alla ripresa, oggetto di autonomi avvisi, per la violazione del regime del consolidato nazionale.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va dato atto che, con riguardo alla ripresa relativa alla contestata violazione dell’art. 118 tuir sulla deducibilità delle perdite pregresse della consolidata da parte della consolidante, l’avviso di accertamento di primo livello nonché il correlato atto di contestazione delle sanzioni sono stati oggetto di definizione agevolata D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6 procedura che, come attestato dall’Ufficio, risulta andata a buon fine.
1.1. Occorre sottolineare, peraltro, che, nella specie, viene in giudizio una ipotesi di consolidato nazionale.
In tale ipotesi, l’accertamento ai fini della ripresa Ires si articola, necessariamente, su un duplice livello: il primo relativo alla consolidata (con rettifica della relativa dichiarazione), il secondo alla consolidante (per la determinazione, conseguente, del reddito complessivo netto) e tra essi sussiste un nesso di conseguenzialità poiché alla rettifica operata in capo alla società consolidata segue la rettifica anche del consolidato (salvo, per quest’ultimo, la sussistenza di autonome violazioni).
Ne deriva che, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 14, – come evidenziato anche dall’Agenzia delle entrate nei propri documenti di prassi (circ. n. 10/2019) – la definizione della controversia con riguardo all’accertamento di primo livello si estende anche a quello di secondo livello, ossia a favore della consolidante coobbligata (v. Cass. n. 10347 del 31/03/2022).
1.2. Il processo va pertanto dichiarato estinto limitatamente alle riprese e alle sanzioni riferite alle suddette violazioni relative all’anno 2004 nei confronti di KG e B. Spa, con conseguente declaratoria di cessazione della materia del contendere sul secondo motivo del ricorso dell’Agenzia delle entrate, incentrato su tale questione.
1.3. Sempre in via preliminare va parimenti dato atto che l’Ufficio non ha impugnato la decisione d’appello con riguardo alle riprese sulla deducibilità delle spese di sponsorizzazione e agli accantonamenti per l’indennità di clientela, sicché, in parte qua, la sentenza è definitiva.
2. Passando all’esame delle restanti questioni, il primo motivo del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, u.p., artt. 2697 e 2729 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 109, comma 5, tuir, per aver la CTR escluso la partecipazione della KG alla frode carosello.
L’Ufficio, in particolare, lamenta l’avvenuto appiattimento della CTR sull’esito della decisione emessa in sede penale, di assoluzione perché il fatto non costituisce reato del legale rappresentante della società, senza considerare sia gli elementi oggetto di esame nello stesso giudizio penale, sia gli elementi indiziari dedotti dall’ufficio.
Rileva, inoltre, la violazione dei principi in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, dei criteri regolanti l’onere della prova e del ragionamento presuntivo, oltre che del principio di non contestazione non essendo mai stato contestato – con riguardo alle operazioni verso l’Austria – che esse erano state intermediate da società cartiere.
3. Il primo motivo del ricorso incidentale della società S. Spa denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla propria responsabilità ai fini Iva, atteso il ruolo ricoperto di mero controllante ai fini del regime dell’Iva di gruppo e non anche responsabile per le violazioni commesse dalla controllata.
4. Il secondo motivo del ricorso incidentale della società S. Spa e l’unico motivo dei ricorsi incidentali KG e B. Spa denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, art. 10, comma 1 e art. 12, comma 7, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, artt. 24 e 97 Cost. e 41 della Carta dei diritti fondamentali UE, per aver la CTR ritenuto infondata la contestata violazione del principio del contraddittorio anticipato e di difetto di motivazione dell’avviso emesso nei confronti di KG e notificato alle contribuenti.
5. E’ pregiudiziale l’esame di quest’ultimo motivo, che è infondato.
5.1. Non sussiste, in primo luogo, violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale per l’omessa considerazione delle osservazioni del contribuente posto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, “e’ valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo” (Cass. n. 8378 del 31/03/2017; Cass. n. 3583 del 24/02/2016).
5.2. Neppure assume rilievo, sotto il profilo del diritto di difesa, che, nella specie, come sostengono le contribuenti, l’Amministrazione abbia erroneamente ritenuto che KG non avesse presentato alcuna memoria posto che, anche in presenza di una tale irregolarità, la violazione avrebbe determinato l’invalidità dell’atto conclusivo del procedimento solo se, in sua assenza, ne sarebbe potuto derivare un esito diverso per il procedimento, in coerenza con i ripetuti principi affermati dalla Corte di giustizia (ex multis v. Corte di giustizia, sentenze 1 ottobre 2009, F.S.Y.H.& H., in C-141/08, punto 94; 10 settembre 2013, M.G. e N. R., in C-383/13, punto 38; 26 settembre 2013, T.S., in C418/11, punto 84; 3 luglio 2014, K.I.L. e D.H.W.L., in C-129/13 e C-130/13, punti 79 e 79; recentemente v. sentenza 4 giugno 2020, SC C.F. SRL, in C430/19, punti 35 e 37).
E su tale aspetto le censure sono del tutto carenti di specificità, nulla essendo stato dedotto in quanto informate solo su un asserito difetto di motivazione dell’atto.
5.3. Non sussiste, peraltro, neppure l’asserito vizio di motivazione, risultando la censura, in parte qua, al limite dell’inammissibile.
Va ricordato, infatti, che “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”, sicché tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (v. Cass. n. 7056 del 26/03/2014).
E, nella specie, a fronte dello specifico accertamento operato dalla CTR (“le violazioni denunciate non risultano avere in alcun modo compromesso l’esercizio dell’attività difensiva degli appellanti, che nulla allegano al riguardo”), da cui si ricava l’esaustività dell’atto e della sua motivazione necessariamente anche con riguardo alle questioni sollevate dalle parti, la censura è gravemente carente posto che neppure si allega il contenuto dell’avviso, al fine di evidenziare che con esso l’Agenzia si sia limitata a enunciare la pretesa impositiva, senza indicarne petitum e causa petendi e senza ricostruirne gli elementi costitutivi (secondo le precisazioni rese da questa Corte, per le quali si veda, tra varie, Cass. 21 novembre 2018, n. 30039).
6. Passando al primo motivo del ricorso principale vanno disattese, preliminarmente, le eccezioni di inammissibilità.
6.1. La doglianza, in primo luogo, non mira a chiedere una nuova valutazione delle prove o a contestare l’accertamento di merito operato dal giudice d’appello ma ha ad oggetto la violazione di legge e dei principi, derivanti dai ripetuti arresti della Corte di giustizia, in materia di frodi carosello.
La censura, inoltre, è specifica ed espone, in termini sintetici ma chiari, le ragioni poste a fondamento delle asserite violazioni.
6.2. Il motivo, oltre che ammissibile, è fondato.
6.3. Va premesso che, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti questa Corte (v. Cass. n. 9851 del 10/04/2018, seguita da molte altre; recentemente v. Cass. n. 5339 del 27/02/2020; Cass. n. 15369 del 20/07/2020), in coerenza con le plurime affermazioni della Corte di Giustizia (v. tra le tante Corte di Giustizia 6 settembre 2012, T., C-324/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14; Corte di Giustizia 19 ottobre 2017, SC P.C., C-101/16), ha affermato che:
a. l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, l’oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta;
b. la prova della consapevolezza dell’evasione, peraltro, non richiede che l’Amministrazione finanziaria provi la partecipazione del soggetto all’accordo criminoso od anche la sua piena consapevolezza della frode ma che essa dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente;
c. incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità, della documentazione fiscale e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.
Quanto al profilo sub b), la “consapevolezza del destinatario”, va precisato che l’oggetto specifico dell’onere incombente sull’erario non è costituito dalla prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso né dalla prova della sua piena consapevolezza della frode ma solo che il contribuente “sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale”.
In altri termini, diversamente da quanto richiesto nel giudizio penale, non è richiesta la dimostrazione di un puntuale elemento volitivo o, anche, la coscienza e volontà rispetto alla partecipazione e/o all’esistenza della frode ma l’osservanza di un parametro di diligenza rapportato alla professionalità richiesta per l’attività svolta e al contesto in linea con quanto precisato dalla Corte di giustizia, per cui il soggetto “disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente”.
Sul punto si è infatti, sottolineato che “se al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale ovvero delle scelte dallo stesso effettuate ovvero tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa atteso il carattere strutturale e professionale della presenza dell’imprenditore nel settore di mercato in cui opera e l’aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo” (v. Cass. 9851/2018; Cass. 20587/2018; da ultimo Cass. 25891/2023).
6.4. In secondo luogo, ove l’Amministrazione finanziaria contesti l’imponibilità di cessioni relative a merci che si ritengano fittiziamente esportate in altro Paese membro della UE il cedente ha l’onere di dimostrare l’effettività del trasporto e della consegna della merce nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario; in mancanza, deve emergere la sua buona fede, cioè che egli non sapesse o non avrebbe dovuto sapere che l’operazione effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e, ciò nonostante, non avesse adottato tutte le misure ragionevoli per evitare di parteciparvi, così come stabilito da CGUE 6 settembre 2012, in C-273/11, M. (Cass. n. 29498 del 24/12/2020; Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4636 del 26/02/2014. Si veda, da ultimo, anche CGUE 17 ottobre 2019, in Causa C-653/18, Unitel).
7. Orbene, dagli enunciati principi emergono i plurimi errori in diritto in cui è incorso il giudice d’appello.
7.1. In primo luogo, ha ritenuto necessaria la prova del “coinvolgimento della KG nel meccanismo frodatorio”, ossia della sua piena consapevolezza, con una impropria inversione della rilevanza probatoria dell’accertamento penale, mentre l’oggetto della prova riguardava la diligenza apprestata dalla società, ossia che essa, a fronte degli elementi in giudizio (considerando anche quelli emersi in sede penale in uno con quelli introdotti nel giudizio dall’Ufficio e dalle parti), sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale.
7.2. Tale errore, in diritto, inficia l’intero percorso motivazionale della CTR ed ha poi condotto all’ulteriore violazione dei criteri del ragionamento presuntivo, avendo la CTR trascurato di operare una valutazione, analitica prima e di S. poi, della globalità degli elementi in giudizio, poiché ha considerato esclusivamente – in quanto asseritamente il solo pertinente – la circostanza che la merce era venduta e riacquistata nella medesima giornata a prezzi inferiori valutata come inidonea per l’impossibilità di stabilire quali fatture fossero state emesse per prime tra quelle della KG e quelle delle altre società, senza, tuttavia, neppure collocare le attività stesse nel complessivo circuito delle operazioni e soffermandosi, invece, su un profilo del tutto formale e privo di rilievo tanto più a fronte della obbiettiva circolarità delle operazioni.
7.3. A ciò va aggiunto che la CTR ha preso in considerazione, a sostegno della insussistenza della condotta fraudolenta, l’asserita regolarità della contabilità (e, del pari, ha apprezzato come decisive le fatture di cui al punto precedente), mentre, secondo la costante giurisprudenza, va escluso che siano invocabili: 1) la regolarità della contabilità; 2) la regolarità e congruità dei pagamenti; 3) la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi
Questo perché si tratta di circostanze – le prime – già insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente (e relative a dati e documenti facilmente falsificabili), e – l’ultima – perché riferita ad un dato di fatto esterno alla fattispecie ed inidoneo di per sé a dimostrare l’estraneità alla frode.
7.4. L’uscita della merce dall’Italia, inoltre, se richiede che sia fornita una prova idonea – da parte del contribuente – a dimostrare il trasporto all’estero, ove sia contrastata dalla prova che merce dello stesso tipo e per quantità equivalente sia stata – nella stessa giornata e tra le stesse parti – riesportata in Italia, ha specifico rilievo presuntivo per ritenere che l’esportazione sia stata fittizia.
Ciò, dunque, determina a carico al contribuente l’onere di provare che tra le due operazioni non vi era alcun collegamento e non, come invece erroneamente ritenuto dalla CTR, che incombesse sull’Ufficio la prova della identità delle partite di merce.
7.5. Le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alle operazioni verso l’Austria, la cui valutazione – attesa la sovrapponibilità delle attività rispetto alle operazioni verso la Francia – imponeva, tanto più a fronte dei plurimi elementi addotti dall’Ufficio e della natura circolare dell’operazione, una considerazione specifica e unitaria, in linea con i principi sopra esposti, delle singole tranche di transazioni.
8. In conclusione, il motivo va accolto, con rinvio, anche per le spese, al giudice di merito per l’ulteriore esame. In dipendenza di ciò, il primo motivo del ricorso di S. Spa resta assorbito.
Le spese, con riguardo alla declaratoria di estinzione parziale, restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo con riguardo alle riprese e agli atti di contestazione in ordine alla violazione dell’art. 118 tuir sulla deducibilità delle perdite pregresse della consolidata da parte della consolidante; dichiara cessata la materia del contendere limitatamente al secondo motivo del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate. In parte qua, le spese restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigettati il ricorso incidentale di K.G. Srl e di B. Spa, nonché il secondo motivo del ricorso incidentale di S. Spa, assorbito il primo motivo.
In relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione per l’ulteriore esame, anche delle questioni assorbite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali K.G. Srl e B. Spa, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
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