CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 38122 depositata il 30 dicembre 2022

Tributi – Avvisi di accertamento per maggiori ricavi – Antieconomicità dell’attività di impresa – Accertamento induttivo – Potere di rettifica di costi e ricavi sulla base del “parametro” dei “prezzi di mercato” – Inammissibilità

Fatti di causa

La società ed entrambi i soci avevano impugnato gli avvisi di accertamento con cui, per l’anno di imposta 2006, l’Ufficio aveva accertato maggiori ricavi in capo alla società, con conseguenti riprese nei confronti della stessa e dei soci.

La CTP di Benevento aveva accolto i ricorsi.

La CTR della Campania, adita dall’Agenzia delle entrate, con le sentenze nn. 494 e 498/07/2014, depositate il 20 gennaio 2014, aveva ridotto della metà i maggiori ricavi accertati, con conseguenti riduzioni delle riprese.

Avverso dette sentenze, società e soci avevano proposto ricorso per cassazione con due motivi, lamentando, in guisa di denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 (primo motivo) e di omesso esame di fatto decisivo controverso ed omessa motivazione (secondo motivo) l’avere la CTR dato valenza all’accordo stipulato tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’associazione dei vettori il 13 novembre 2008, sebbene l’anno di imposta oggetto dell’accertamento fosse il 2006.

La Sez. 6-T della Suprema corte di cassazione, con l’ordinanza n. 23307 del 17/09/2015, rigettava i ricorsi, ritenendo in particolare infondato il primo motivo ed assorbito il secondo. Invero osservava come la CTR non avesse ritenuto che l’accertamento fosse legittimo unicamente perché fondato sull’accordo, sostenendo, invece, con argomentazioni non censurate, che, in presenza di operazioni antieconomiche, l’Amministrazione ha il potere di valutare costi e ricavi esposti in bilanci e dichiarazioni e di rettificarli, utilizzando a tal fine come parametro il prezzo di mercato; “solo in quest’ambito, di parametro per la ricostruzione del reddito” – soggiungeva la Sez. 6-T – “la CTR ha attribuito una certa valenza all’accordo citato, tenuto conto delle eccezioni della società in merito alla non rispondenza degli automezzi posseduti rispetto a quelli considerati dall’Ufficio”; donde – concludeva la medesima Sez. 6 -T – “non si ravvisa alcuna violazione di legge[,] laddove il riferimento, ai fini che ci occupano, a parametri seppur elaborati successivamente all’epoca degli accertamenti è costantemente ritenut[o] legittim[o] da questa Corte […] e, peraltro, la CTR ha, comunque, tenuto implicitamente conto della contestata diversità temporale[,] laddove ha ridotto il reddito accertato nella misura del 50% alla luce delle eccezioni formulate dalla contribuente”.

Società e soci propongono ora ricorso per revocazione straordinaria avverso la superiore ordinanza (erroneamente definita sentenza) della Sez. 6-T, siccome effetto di errore di fatto risultante da atti e documenti di causa ex art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. “e, in particolare, dalle sentenze della CTR di Napoli confermate dalla prefata sentenza [‘recte’, ordinanza] laddove nella stessa si afferma che si deve ‘attribuire all’accordo [..] una certa valenza, tenuto conto delle eccezioni della società in merito alla non rispondenza degli automezzi posseduti […]”.

Ad avviso dei ricorrenti, l’ordinanza “è fondata sulla supposizione del fatto che la CTR di Napoli nelle sentenze confermate avesse attribuito valore ad altri elementi, oltre all’accordo [..] del 2008, ma, in realtà, al di là del criptico ricorso all’espressione ‘una certa valenza’ [ed al] riferimento a presunti criteri antieconomici che nemmeno si indicano o suppongono, resta il fatto che, contrariamente a quanto si assume nella sentenza [‘Le.’, ordinanza] [..], l’unico elemento su cui si fondano le sentenze della CTR di Napoli [… è] l’accordo in parola […;] ciò [..] emerge dagli atti e documenti di causa e, in particolare, dalle confermate sentenze della CTR di Napoli”.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Il P.G. rassegna conclusioni come in epigrafe.

Ragioni della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Incorre esso in violazione dei principi di autosufficienza e specificità.

Nel sostenere che “in particolare” dalle sentenze della CTR oggetto del ricorso per cassazione esitato dalla Sez. 6-T con l’ordinanza impugnata emergerebbe come l’unico elemento fondante la decisione della CTR sia rappresentato dall’accordo del 2008, a fronte di un accertamento relativo all’anno di imposta 2006, non si perita di riprodurre organicamente la motivazione delle sentenze della CTR, che propone solo negli stralci di cui alle pp. 5 e 6 del ricorso, né, “a fortiori”, si dà peso di confutare, mediante citazioni letterali di dette sentenze, l’affermazione della Sez. 6-T secondo cui la CTR ha fondato il giudizio di legittimità dell’accertamento sul carattere antieconomico dell’attività di impresa esercitata dalla società, utilizzando, bensì, i prezzi di cui all’accordo, ancorché successivo all’anno di imposta rilevante, ma solo quale parametro di valutazione ai fini dei maggiori ricavi, viepiù con il temperamento di una cospicua riduzione (pari alla metà) proprio in accoglimento delle argomentazioni critiche dei contribuenti.

Fermo quanto precede, finanche alla luce degli stralci delle sentenze della CTR riprodotti in ricorso, traspare senza alcuna incertezza avere la CTR ritenuto la legittimità dell’accertamento in ragione esclusivamente dell’antieconomicità dell’attività di impresa: “[..] in presenza di un comportamento contrario ai canoni dell’economicità, rimasto inspiegato da parte del contribuente, è pienamente legittimo l’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 1 0, lettera d), d.P.R. n. 600/1973”; “in presenza di un’attività risultata antieconomica, avendo la società appellante dichiarato un reddito esiguo rispetto alle sue potenzialità, il Collegio ritiene legittima la rideterminazione dei ricavi […I”. È in siffatto contesto argomentativo, tutto incentrato sulla ritenuta antieconomicità, a fronte della quale si radica nell’Amministrazione il potere di rettificare costi e ricavi sulla base del “parametro” dei “prezzi di mercato”, che si inserisce l’asserto secondo cui deve “attribuirsi all’accordo [..] una certa valenza, tenuto conto delle eccezioni della società in merito alla non rispondenza degli automezzi posseduti L..1”.

Talché risulta confermata “per tabulas” la lettura delle sentenze della CTR offerta dall’ordinanza impugnata, con la conseguenza di doversi recisamente escludere che la Sez. 6-T abbia omesso di considerare quel che dette sentenze non dicono affatto.

In realtà i ricorrenti, attraverso la denuncia di un inesistente errore, viepiù revocatorio, mirano “sic et simpliciter” ad inammissibilmente ottenere un nuovo e più favorevole giudizio, travisando l’ordinanza impugnata in rapporto alle sentenze della CTR, delle quali propongono un’interpretazione destituita di alcun riscontro letterale.

In applicazione del criterio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione all’Agenzia delle entrate delle spese del presente giudizio, liquidate, secondo Tariffa, come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per dichiarare i ricorrenti tenuti al pagamento del doppio contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio, liquidate in euro 2.300, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara i ricorrenti tenuti al pagamento del doppio contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.