CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5124 depositata il 17 febbraio 2023
Tributi – IRES e IRAP – Raddoppio dei termini – Denuncia penale – Art. 331 c.p.p. – Accoglimento
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate accertava nei confronti della ricorrente, con riferimento agli anni d’imposta 1999-2003, l’omissione delle dichiarazioni ai fini IRES e IRAP. La società proponeva ricorso preliminarmente deducendo l’insussistenza dei presupposti per il raddoppio dei termini per l’accertamento ai sensi dell’art. 37, l. 4 agosto 2006, n. 248, consistenti nella violazione avente valenza penale, e nel merito per non costituire la D. Spa una stabile organizzazione localizzata sul territorio nazionale, ma una società terza di cui la società irlandese si avvaleva come commissionaria alla vendita in nome proprio e per conto di essa D.L.. La CTP accoglieva la suddetta preliminare. Adita dall’amministrazione la CTR, quest’ultima con la sentenza qui impugnata confermava l’accoglimento della preliminare eccezione della D.L., in quanto non sarebbe stata allegata copia della denuncia penale presentata all’autorità giudiziaria, impedendosi così al giudice tributario di verificare la sussistenza dei presupposti per la legittima applicazione dei termini ordinari per l’accertamento.
2. L’Agenzia propone così ricorso in cassazione, affidato a cinque motivi, tre dei quali svolti in via subordinata rispetto all’accoglimento dei primi. La contribuente si è costituita a mezzo di controricorso per resistere.
Ragioni della decisione
1. Devono essere anzitutto esaminate le eccezioni pregiudiziali proposte dalla controricorrente. In ordine al difetto di “legittimazione passiva” e all’eccepita nullità della notifica dedotta dalla parte controricorrente e dalla stessa già contestate in sede di controdeduzioni in appello (pagg. 105-110 delle stesse) e riproposte in questa sede (pagg. 35 ss. del controricorso), le stesse sono palesemente infondate.
Va infatti chiarito che il difetto di legittimazione passiva attiene al rapporto processuale ed alla prospettazione dell’azione da parte dell’attore, mentre nella specie si discute da parte della controricorrente del rapporto sostanziale ed in particolare del (non dover asseritamente) essere essa destinataria della pretesa erariale. Trattasi dunque in realtà di un profilo di legittimità della pretesa che, a prescindere dalla sua fondatezza, doveva essere fatto valere tempestivamente, mentre dalle stesse difese della controricorrente emerge come lo stesso sia stato dedotto solo in appello, appunto con le relative controdeduzioni.
Quanto poi all’eccepita nullità della notifica, va rilevato come l’avvenuta tempestiva impugnazione ha in ogni caso sanato ogni eventuale vizio ai sensi dell’art. 156, cod. proc. civ.
2. Venendo così ai motivi di ricorso, col primo l’Agenzia denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
A parere della stessa, infatti, i giudici d’appello avrebbero violato le indicate norme avendo trascurato che, come ritenuto dalla sentenza Corte Cost. 247 del 2011, “il raddoppio del termine non consegue da una valutazione discrezionale e meramente soggettiva degli uffici tributari, ma opera soltanto nel caso in cui siano obiettivamente riscontrabili, da parte di un pubblico ufficiale, gli elementi richiesti dall’art. 331, cod. proc. pen., per l’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale (…) tale obbligo sussiste quando un pubblico ufficiale sia in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare (escluse le cause di estinzione o di non punibilità…), non essendo sufficiente il generico sospetto di una eventuale attività illecita…”.
Dunque, il presupposto per il raddoppio sarebbe costituito dall’astratta insorgenza dell’obbligo di denuncia penale, derivandosene che l’amministrazione non sarebbe tenuta ad inserire nella motivazione dell’accertamento la menzione della denuncia e la relativa produzione in giudizio.
3. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Con esso si denuncia la decisione per aver concluso che non sussistono elementi certi che consentano al giudice il riscontro dei presupposti per l’obbligo di denuncia, posto che nell’avviso di accertamento vi era la sola enunciazione dell’inoltro della notizia di reato.
Così facendo la Commissione d’appello avrebbe altresì violato l’art. 115, cod. proc. civ., nonché il seguente art. 116, stesso codice, che le imponevano di porre a base della decisione i fatti dedotti, pienamente identificati nell’avviso di accertamento, e consistenti nell’analitica illustrazione ed enumerazione degli elementi di fatto e delle fonti di prova da cui si poteva desumere che la D. spa costituiva una stabile organizzazione della D.L..
Da tanto emergeva l’obbligo di presentare in Italia la dichiarazione dei redditi, ivi disponendo la società irlandese della suddetta stabile organizzazione, e l’evidenza di tale omissione obbligava allora l’ufficio alla presentazione della denuncia penale, con le surriferite conseguenze in tema di termini per l’accertamento.
4. I due, motivi, da esaminarsi congiuntamente attesane la connessione, per quanto di ragione sono fondati.
Premesso che la questione attiene esclusivamente all’IRES, posto che le violazioni in tema di IRAP non sono presidiate da sanzioni penali (cfr. ex plurimis Cass. 03/05/2018, n. 10483), in effetti il raddoppio dei termini, come si ricava dai riportati passaggi della sentenza della Corte Costituzionale, dipende esclusivamente dall’astratta presenza dei presupposti in presenza dei quali sussiste in capo al pubblico ufficiale l’obbligo della denuncia penale, a mente dell’art. 331, cod. proc. pen.
In proposito la stessa pronuncia del Giudice delle Leggi richiama gli accertamenti che deve compiere il pubblico ufficiale prima di presentare siffatta denuncia, e lo stesso giudice tributario, nel momento in cui valuta la fattispecie, deve compiere un’autonoma valutazione che si basi sulla presenza di elementi oggettivi, la cui valutazione in termini di effettiva responsabilità penale spetta poi all’autorità giudiziaria penale, e risulta del tutto indifferente ai fini dell’individuazione dell’obbligo.
Indubbiamente, in un simile sistema, l’effettiva presentazione di una denuncia, e meno che mai la sua produzione in giudizio, risultano, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dal giudice d’appello (e prima di lui dal giudice di primo grado), del tutto indifferenti ai fini dell’individuazione dei presupposti per il raddoppio dei termini per l’accertamento del tributo in questione.
Infatti, non è certo la presenza di simile atto che esime il giudice tributario dalla sua valutazione, in caso di relativa contestazione, né – all’opposto – le risultanze di tale eventuale denuncia costituiscono unica fonte per la autonoma valutazione del giudice circa la sussistenza dei relativi presupposti.
Il giudice tributario, al contrario, sulla base di una prognosi postuma basata sugli elementi a disposizione del pubblico ufficiale, deve svolgere una sua valutazione del tutto indipendente dalla concreta presentazione della denuncia, e financo dalla valutazione concretamente svolta dal pubblico ufficiale.
Nella specie dunque il giudice tributario, per verificare la sussistenza dei presupposti per il suddetto raddoppio dei termini, avrebbe dovuto valutare, sulla base delle risultanze – e quindi essenzialmente degli elementi di fatto e delle fonti di prova annoverate negli avvisi di accertamento – la sussistenza di elementi di reato (nel caso, omessa dichiarazione dei redditi), senza appunto che assumesse alcun rilievo la circostanza della produzione della denuncia, che poteva esserci come no senza che ciò influenzasse l’astratto ricorrere dei presupposti medesimi.
L’Agenzia, a mezzo degli avvisi di accertamento, ha fornito gli elementi di valutazione, che nel caso erano costituiti -come si ricava dai copiosi stralci dell’avviso e del precedente p.v.c. – dal testo del contratto di commissione e dalle dichiarazioni rese dai dirigenti di D. spa, dai quali emergeva lo svolgimento di attività di diffusione commerciale dei prodotti di D.L. da parte della società italiana; la gestione dei rapporti nella fase successiva alla stipula; il livello dell’autonomia nella determinazione degli elementi essenziali e di quelli accidentali dei contratti; i margini di autonomia nella scontistica; i poteri di controllo da parte della società irlandese; le modalità di esecuzione degli ordini acquisiti dalla società italiana, a seguito di accettazione da parte dei clienti.
Questi erano gli elementi che dovevano e dovranno essere valutati dal giudice tributario per decidere l’eccezione di tardività sollevata dalla contribuente.
5. Dall’accoglimento dei motivi che precedono discende dunque la cassazione della sentenza d’appello con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che dovrà anche decidere in ordine alle spese.
6. I residui motivi svolti dall’Agenzia, attinenti alla violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, num. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., con cui si denuncia l’omissione totale di motivazione della sentenza per aver ritenuto che non si rinvengono nell’avviso elementi certi che consentano di effettuare il riscontro dell’obbligo di denuncia; nonché alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729, cod. civ., 162, commi 6 e 7, TUIR; 4, convenzione tra Italia e Repubblica d’Irlanda contro le doppie imposizioni; 5, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., che denuncia la sentenza per non aver considerato che dagli avvisi di accertamento e dal presupposto verbale invece emergevano gli elementi idonei a configurare l’obbligo di denuncia penale; ed infine all’omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., per non aver la decisione d’appello esaminato tutti gli elementi ritraibili dal verbale e dagli avvisi di accertamento, essendosi arrestata al dato formale della mancata produzione dell’atto di denuncia, essendo spiegati tutti in via subordinata rispetto all’accoglimento dei primi due, sono da considerarsi assorbiti.
P.Q.M.
Limitatamente alle violazioni IRES – accoglie i primi due motivi di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà altresì alla determinazione delle spese.
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