CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 7778 depositata il 17 marzo 2023

Tributi – Cartella di pagamento – IRES – Partecipazione in imprese estere controllate – Aliquota media di tassazione – L’ente controllante che risulti in perdita fiscale e sia sprovvisto di una propria aliquota media non può invocare una tassazione del 27% sui redditi esteri – Accoglimento

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di comunicazione di irregolarità del 3.6.2009, notificava ad (…) S.p.A. la cartella di pagamento n. 097 2009 0217047939 000 avente ad oggetto l’Ires in riferimento all’anno 2005, oltre accessori e sanzioni, per un importo complessivo di euro 1.265.258,80, inclusi accessori.

L’Amministrazione finanziaria rilevava l’omessa compilazione del quadro RN della dichiarazione dei redditi e, a seguito di controllo automatizzato, contestava alla società di aver dovuto procedere al recupero dell’imposta su redditi derivanti da partecipazione in imprese estere controllate (Controlled Foreign Companies, in sigla: CFC), in relazione all’applicazione dell’errata aliquota del 27per cento, anziché dell’esatta aliquota da utilizzare, pari al 33 per cento, vizio che sarebbe emerso, in base a quanto indicato nell’atto impugnato, in seguito a controllo eseguito ex art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973.

2. La cartella esattoriale era impugnata dall’Istituto di credito innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova contestandosi tra l’altro, per quanto ancora di interesse, il mancato utilizzo della procedura ordinaria di accertamento del tributo dovuto ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché l’erroneità del calcolo dell’aliquota al 33 per cento perché, nel caso di specie, la società italiana era risultata in perdita, e doveva pertanto trovare applicazione l’aliquota minima, fissata dalla legge nel 27 per cento. La C.t.p. riteneva fondate le contestazioni proposte dalla ricorrente, ed annullava la cartella di pagamento.

3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria, la quale rilevava che la controversia aveva ad oggetto l’aliquota di tassazione applicabile sui redditi da partecipazione in imprese estere controllate ai sensi dell’art. 167 del Tuir, ed osservava che, nel caso di specie, non avendo la controllante italiana (…) S.p.A. conseguito utili nell’anno in questione (2005), e non essendo quindi calcolabile una sua aliquota media come previsto dalla norma richiamata, non rimaneva che applicare alla tassazione l’aliquota minima prevista dalla legge, pari al 27 per cento, come la società aveva fatto. In conseguenza rigettava l’appello proposto dall’Ente impositore.

4. L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dalla C.t.r., affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso la (…) S.p.A., che ha pure proposto un articolato motivo di ricorso incidentale, ed ha quindi depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’ente impositore contesta la violazione dell’art. 167 del d.P.R. n. 600 del 1973 (ndr art. 167 del d.P.R. n. 917 del 1986), per avere il giudice dell’appello erroneamente interpretato ed applicato il comma sesto della disposizione ritenendo che, in assenza della possibilità di calcolare un’aliquota media della contribuente, dovesse trovare applicazione l’aliquota minima del 27 per cento, e non l’aliquota ordinaria, all’epoca fissata nella misura del 33 per cento.

2. Mediante il suo strumento di ricorso incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la violazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 36 bis e 42, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la C.t.r. erroneamente ritenuto corretto lo strumento utilizzato ai fini dell’accertamento dall’Amministrazione finanziaria, pertanto il controllo automatizzato eseguito ai sensi dell’art. 36 ter, indicazione poi corretta dall’Agenzia delle entrate invocando l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973. La decisione assunta dalla C.t.r. risulta in ogni caso illegittima in materia di irrogazione di sanzioni, sussistendo la buona fede del contribuente e comunque l’obiettiva incertezza circa la corretta interpretazione della normativa applicabile.

3. L’Amministrazione finanziaria, con il suo motivo di ricorso, censura la decisione assunta dalla C.t.r. per aver errato nel ritenere corretta l’applicazione dell’aliquota minima del 27 per cento, di cui all’art. 167 del d.P.R. n. 600 del 1973 (ndr art. 167 del d.P.R. n. 917 del 1986), per la tassazione dei redditi dichiarati dalla (…) S.p.A. quale provento della partecipazione a società estera controllata, anziché l’aliquota ordinaria vigente ratione temporis, pari al 33 per cento.

La controversia tra le parti dipende dal fatto che la (…) S.p.A. sostiene, non avendo essa conseguito utili in quell’anno, che non potessero individuarsi aliquote di tassazione di redditi propri in relazione alle quali fosse possibile calcolare un’aliquota media di tassazione. La Banca insiste pertanto nell’affermare che l’unica aliquota di imposizione cui poteva essere sottoposto il reddito percepito da società controllata estera era quella minima e suppletiva, indicata dall’art. 167 del Dpr n. 600 del 1973 (ndr art. 167 del d.P.R. n. 917 del 1986) nella misura del 27 per cento.

L’Amministrazione finanziaria replica che la disposizione di favore invocata dalla ricorrente può operare (solo) quando vi siano una pluralità di aliquote di reddito applicabili alla contribuente.

Diversamente, quando non vi è la possibilità di calcolare un’aliquota media di imposizione, non può che trovare applicazione l’aliquota ordinaria, fissata dalla legge nel 33 per cento.

3.1. La questione di diritto controversa tra le parti è stata già esaminata da questa Corte regolatrice, la quale ha condivisibilmente statuito che «in tema di IRES, ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. n. 917 del 1986, vigente “ratione temporis”, nel caso di soggetto residente controllante privo di imponibile proprio, i redditi della controllata estera, in applicazione della “CFC rute”, vengono trattati come redditi della controllante ed assoggettati alla aliquota del 33 per cento, non potendo essere applicata la diversa aliquota del 27 per cento prevista dall’art. 167 del d.P.R. citato ove l’ente controllante privo di redditi sia di fatto sprovvisto di una sua aliquota media, della quale tale misura rappresenta la soglia minima“, Cass. sez. V, 28.2.2017, n. 5154, non essendosi mancato di recente di confermare che “in tema di determinazione del reddito di impresa, l’ente controllante che risulti in perdita fiscale o privo di redditi propri, e sia quindi sprovvisto di una propria “aliquota media”, non può invocare l’applicazione dell’aliquota minima del 27 per cento, in relazione alla tassazione dei redditi esteri imputati per trasparenza e prodotti da controllata estera, giacchè in tal modo beneficerebbe di un trattamento agevolato non più previsto dopo la novellazione dell’art. 167 del d.P.R. n. 917 del 1986 ad opera dell’art. 1, comma 142, della l. n. 208 del 2015, con conseguente applicazione dell’aliquota ordinaria» (Cass. sez. V, 5.4.2022, n. 10903).

Invero, non si è omesso di specificare che la legislazione fiscale sulle società controllate estere ha una finalità evidentemente antielusiva, in quanto la c.d. imputazione per trasparenza richiama alla disciplina tributaria interna sui redditi prodotti, anche solo apparentemente, in territori esteri a fiscalità privilegiata. Per effetto della regola antielusiva (CFC rute), il reddito della controllata estera viene trattato come reddito della controllante domestica, restando quindi assoggettato all’aliquota interna: pro tempore, fissata al 33 per cento.

«L’ente controllante che risulti in perdita fiscale o privo di redditi propri – e sia quindi sprovvisto di una propria «aliquota media» – non può invocare l’applicazione, in relazione alla tassazione dei redditi esteri a lui imputati per trasparenza, dell’aliquota al 27%, giacché in tal modo reclamerebbe un trattamento agevolato. La misura del 27% è concepita dal legislatore come la soglia minima dell’aliquota media, e pertanto non viene in rilievo laddove non vi sia un’aliquota media unica aliquota applicabile, in tal caso, è l’aliquota ordinaria. La previsione di una soglia minima dell’aliquota media è un residuo della disciplina dell’imposta duale sul reddito delle società (Dual Income Tax, in sigla DIT), nel cui regime la concorrenza tra aliquota ordinaria e aliquota agevolata trovava un margine di salvaguardia nell’aliquota minima del 27 per cento (art. 1 del d.lgs. n. 466 del 1997)» (Cass. sez. V, 28.2.2017, n. 5154).

Il motivo di ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria deve essere quindi accolto.

4. Mediante il suo articolato strumento di ricorso incidentale, la (…) Spa lamenta il mancato rilievo da parte del giudice dell’appello dell’improprietà dello strumento giuridico utilizzato dall’Amministrazione finanziaria per procedere all’accertamento tributario nei suoi confronti, e comunque l’illegittimità dell’applicazione delle sanzioni.

4.1. La prima questione proposta dalla ricorrente incidentale è che l’Amministrazione finanziaria ha sostenuto, nel testo della cartella esattoriale, di aver proceduto ai sensi dell’art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973. Quindi, in sede dibattimentale, ha modificato arbitrariamente la propria prospettazione ed ha affermato di aver proceduto ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, costringendo la contribuente a difendersi da una contestazione diversa.

In ogni caso, secondo l’Istituto di credito, la cartella esattoriale risulta illegittima ai sensi di entrambe le normative richiamate, che si fondano su un riscontro cartolare della dichiarazione dei redditi, mentre nel caso di specie si poneva una rilevante questione interpretativa della portata normativa degli artt. 77 e 167 del Tuir, con la conseguenza che avrebbe dovuto procedersi ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, consentendo anche il contraddittorio preventivo tra le parti.

4.2. Occorre preliminarmente rilevare che l’Amministrazione finanziaria non ha provveduto alla modifica della contestazione, indicata come operata ai sensi dell’art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, e poi chiarendosi che si trattava di un accertamento compiuto ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.

L’Agenzia delle Entrate ha sempre invocato a fondamento delle proprie tesi un accertamento eseguito nelle forme di cui all’art. 36 bis, come emerge dalla stessa motivazione dell’atto, fondata sulla omessa compilazione del quadro RN della dichiarazione dei redditi, emersa a seguito di controllo automatizzato. L’Amministrazione finanziaria è semplicemente incorsa in un agevolmente rilevabile errore materiale nell’indicazione della normativa applicata, come ha dimostrato di aver ben compreso la stessa contribuente.

4.3. Tanto premesso, con la già ricordata pronuncia Cass. sez. V, sez. V, 28.2.2017, n. 5154, si è avuto anche modo di esaminare la contestazione secondo cui «il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare che l’amministrazione finanziaria non poteva avvalersi della procedura automatizzata e doveva invece notificare l’ordinario avviso di accertamento, atteso il dubbio interpretativo ricorrente sull’aliquota applicabile», e questa Corte ha deciso, ancora condivisibilmente, che «per il combinato disposto dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 6 l. n. 212 del 2000, la presenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione non esclude l’impiego della procedura automatizzata, ma solo impone l’instaurazione del contraddittorio prima dell’iscrizione a ruolo (Cass. 25 maggio 2012, n. 8342, Rv. 622681; Cass. 8 luglio 2014, n. 15584, Rv. 631667). Nella specie,», come pure nel caso ora sottoposto a questo Giudice, « è pacifico che la verifica abbia avuto natura cartolare, riguardando la dichiarazione dei redditi (modello Unico 2005), e che la società contribuente abbia ricevuto l’invito a contraddire», mediante la regolare comunicazione dell’avviso di irregolarità n. 67933/2009, recapitata all’Istituto di credito il 3.6.2009 (cfr. controric., p. 3).

La prima censura proposta dalla contribuente risulta quindi infondata, e deve essere respinta.

4.4. La diversa contestazione relativa alla ingiustificata irrogazione delle sanzioni, proposta dalla società ancora nel suo ricorso incidentale, merita invece di essere accolta. La normativa applicabile, emerge anche da quanto osservato in precedenza, presenta effettivamente una significativa difficoltà interpretativa, ed all’epoca in cui è stato introdotto questo giudizio non si rinvenivano pronunce della giurisprudenza di legittimità in materia;

anzi, come rilevato, in fattispecie analoga, nella sentenza n.5154/2017 di questa Corte, già citata, l’interpretazione di parte contribuente trovava riscontro nelle istruzioni dell’Agenzia delle entrate per la compilazione del Modello Unico 2005.

5. In definitiva, non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere il giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria ed affermando la piena validità dell’accertamento tributario in relazione all’imposta Ires non corrisposta, che risulta dovuta, ed annullando invece la cartella di pagamento con riferimento all’applicazione delle sanzioni. Il ricorso incidentale proposto dalla contribuente deve essere invece rigettato nel resto.

6. Tenuto conto della natura delle questioni affrontate, dello sviluppo della vicenda processuale e dell’esito del giudizio, sussistono giuste ragioni per dichiarare compensate tra le parti le spese dei gradi di merito del giudizio così come pure le spese processuali relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente in relazione al tributo dell’Ires.

Accoglie parzialmente l’appello incidentale proposto da (…) Spa, ed annulla la cartella di pagamento in relazione alle sole sanzioni, conferma nel resto.

Compensa tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.