CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 957 depositata il 13 gennaio 2023

Tributi – Avvisi di accertamento – IRPEF – Documentazione prodotta oltre il termine indicato nell’invito – Termine concesso al contribuente per la produzione documentale di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 – Proroga del termine su accordo delle parti – Accoglimento 

Fatti di causa

1. F.P. ricorre, con quattro motivi, illustrati con una memoria, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con atto di costituzione, per la revocazione dell’ordinanza n. 19783/2021 con cui questa Corte ha rigettato il ricorso della parte privata avverso la sentenza n. 02/03/2015 della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’Umbria.

2. Con tale sentenza la C.T.R. aveva respinto l’appello del contribuente avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Perugia che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione proposta dal contribuente contro gli avvisi di accertamento, ai fini Irpef, per gli anni 2005, 2006, 2007, che ricostruivano con metodo sintetico i suoi redditi, in mancanza della presentazione delle dichiarazioni.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso [«I Omessa pronuncia della Suprema Corte sul quarto motivo del ricorso in Cassazione alle pagg. 13-14 (art. 395, n. 4, c.p.c.)»], si deduce l’errore revocatorio dell’ordinanza di questa Corte che ha omesso di pronunciare sul quarto motivo di ricorso per cassazione concernente la violazione di legge commessa dal giudice tributario di appello, che non ha considerato che l’ufficio aveva violato il principio di buona fede e di leale collaborazione in quanto, prima, aveva emanato gli avvisi di accertamento sulla base della documentazione prodotta oltre il termine indicato nell’originario invito al contribuente, ma comunque nel termine successivamente concordato con quest’ultimo, salvo poi negare, in maniera contraddittoria, in sede contenziosa (e precisamente nelle controdeduzioni depositate in primo grado), l’ammissibilità della documentazione perché tardiva.

2. Con il secondo motivo [«II Omessa pronuncia della Suprema Corte sul quinto motivo del ricorso in Cassazione alle pagg. 14-15 (art. 395, n. 4, c.p.c.)»], si deduce l’errore revocatorio dell’ordinanza di questa Corte che ha omesso di pronunciare sul quinto motivo di ricorso concernente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), ascrivibile al giudice tributario di appello, il quale ha ravvisato una preclusione amministrativa e processuale all’allegazione di dati e documenti non forniti in sede precontenziosa, trascurando che, in realtà, i documenti sui quali si fondava la difesa del contribuente erano già stati prodotti nel contraddittorio precontenzioso. Segnatamente, in data 22/06/2011, e con fax del 27/06/2011, prima dell’emanazione degli avvisi di accertamento, erano stati prodotti documenti bancari svizzeri, che l’ufficio non aveva ritenuto inammissibili, ma esclusivamente non decisivi.

3. Con il terzo motivo [«III La decisione è fondata sulla supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, ed il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare (art. 395, n. 4, c.p.c.)»], in primo luogo, vengono così riassunti i fatti di causa: (i) nel 2010 veniva inviato al contribuente un invito a presentarsi presso l’ufficio per fornire delucidazioni sugli anni di imposta 2004-2005; il contribuente (nonché sua moglie A.D.W., sottoposta ad analoghi accertamenti) non veniva a conoscenza della richiesta e quindi non si presentava e l’Amministrazione emetteva l’avviso per il 2004; (ii) nel giugno-luglio 2011 si svolgeva il contraddittorio precontenzioso per gli anni 2005-2007, e il contribuente presentava le dichiarazioni rilasciate in data 23/06/2011 dal consocio della banca svizzera (C.R.) – che attestavano cospicue rimesse annue dal conto di G.D.W. a quello della figlia A.D.W., quali importi idonei a coprire le ingenti spese di famiglia e al mantenimento dei beni in Italia, sotto il profilo del redditometro – e l’A.F. ammetteva tale documentazione; (iii) nell’agosto-settembre 2011 l’Agenzia delle entrate notificava gli avvisi di accertamento per gli anni 2005-2007, nei quali non negava l’ammissibilità, tempestività e legittimità della documentazione di terzi, ma ne disconosceva la rilevanza, mantenendo la stessa posizione anche in sede di accertamento con adesione; (iv) sfumato l’accertamento con adesione, il contribuente proponeva ricorso avverso gli atti impositivi per gli anni 2005-2007, nel quale, con riferimento alla documentazione di terzi, (cfr. pag. 31 del ricorso per cassazione) «almeno implicitamente rilevava l’impossibilità di adempiere alla richiesta (l’Invito) dell’ufficio per causa non imputabile al contribuente e ne valorizzava il contenuto»; dal canto suo, l’Amministrazione contestava l’ammissibilità della documentazione di terzi prodotta dal contribuente. In secondo luogo, svolte queste premesse, il ricorrente denunzia il vizio revocatorio dell’ordinanza di questa Corte che afferma che la contestazione da parte dell’ufficio in punto di ammissibilità della documentazione di terzi, prodotta dal contribuente, sia avvenuta in sede di accertamento con adesione, e cioè anteriormente alla notifica del ricorso, benché tale contestazione fosse stata formulata soltanto nelle controdeduzioni del giudizio di primo grado e nonostante che, nel corso del giudizio, tale circostanza non fosse mai stata controversa. Il ricorrente, infine, asserisce che la rilevanza e decisività dell’errore revocatorio sarebbero confermate dalle pronunce favorevoli nei confronti dello stesso contribuente e della consorte austriaca, in relazione all’avviso di accertamento per il 2004, e, soprattutto, dalla sentenza n. 34538/2021 di questa Sezione tributaria, avente ad oggetto gli avvisi per gli anni d’imposta 2005-2007 a carico di A.D.W., fondati sui medesimi fatti rilevanti nel presente giudizio, che ha cassato con rinvio la sentenza di appello favorevole al Fisco.

4. Con il quarto motivo di ricorso [«IV Omessa pronuncia sul sesto motivo del ricorso in Cassazione alle pagg. 15-18 (art. 395, n. 4, c.p.c.)»], il contribuente censura la sentenza di questa Corte che ha omesso di pronunciare sul sesto motivo di ricorso per cassazione, con il quale si denunciava l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla infondatezza dell’accertamento sintetico del reddito ex art. 38, quarto e quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, ed ex dd.mm. 10/09/1992 e 19/11/1992, testualmente (cfr. pag. 39 del ricorso per cassazione) «controprova a favore del contribuente e conseguente nullità della decisione derivante dall’omissione (art. 112 c.p.c. ed art. 360 n. 4, c.p.c.)».

5. Dopo avere illustrato queste censure, attinenti alla fase rescindente, quanto alla fase rescissoria, il ricorrente, per l’ipotesi di accoglimento della domanda di revocazione, ripropone i motivi di ricorso per cassazione (il terzo, il quarto, il quinto e il sesto) in relazione ai quali assume che l’ordinanza revocanda ha omesso di pronunciare.

6. Sul piano del giudizio rescindente, i motivi di ricorso, da esaminare insieme per connessione, sono fondati.

6.1. Per la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. U. 27/11/2019, n. 31032) «L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio».

6.2. Nel nostro caso, sussiste il vizio revocatorio dell’ordinanza n. 19783/2021 – la quale, per un verso, ha condiviso il giudizio espresso dalla C.T.R. sull’inconferenza della documentazione bancaria prodotta dal contribuente al fine di contrastare gli accertamenti basati su metodo sintetico e, per altro verso, non ha colto il fulcro della lite – che, in sostanza, ha omesso di pronunciare sulle articolate censure contenute nel quarto, nel quinto e nel sesto motivo di ricorso per cassazione, delle quali si è dato conto in precedenza.

7. Venendo all’esame del giudizio rescissorio, si espongono, in sintesi, i quattro motivi (rispetto ai sei motivi dell’originario ricorso per cassazione che ha portato all’ordinanza di questa Corte n. 19783/21, di cui si è disposta la revocazione), che necessitano di scrutinio.

7.1. Terzo motivo: violazione di legge (art. 32, commi quarto e quinto, d.P.R. 29/09/1973 n. 600, artt. 53 e 24 della Costituzione, art. 10 della l. n. 212 n. 2000), per avere la C.T.R. ritenuto inammissibile la documentazione proveniente da terzi (dichiarazioni rilasciate il 23/06/2011 dal consocio della banca svizzera, attestante che la moglie del ricorrente aveva ricevuto dalla madre svizzera somme di denaro per il sostenimento di spese familiari), formatasi in tempo successivo all’invio al ricorrente del questionario, per essere stato l’invito notificato il 14/04/2010, per essere state le dichiarazioni del terzo rilasciate in data 23/06/2011, e per avere prodotto i documenti in giudizio nel febbraio 2012.

7.2. Quarto motivo: in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di legge (artt. 24 e 53 della Costituzione, 10 della l. n. 212 n. 2000), per non avere la C.T.R. considerato che l’ufficio ha violato il principio di buona fede e di leale collaborazione per avere, dapprima, emesso gli avvisi accertamento in base alla documentazione prodotta oltre il termine indicato nell’invito, ma nel termine successivamente concordato con l’ufficio, e, poi, in sede conteziosa, contestando l’ammissibilità di quella stessa documentazione perché tardiva.

7.3. Quinto motivo: in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, riguardante le risultanze dei documenti bancari svizzeri prodotti in sede precontenziosa.

7.4. Sesto motivo: in relazione agli artt. 112, 360, primo comma, n. 4, cod. proc civ., omessa pronuncia sulla domanda di infondatezza dell’accertamento sintetico del reddito ex art. 38, quarto e quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, dd.mm. 10/09/1992 e 19/11/1992.

8. Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono fondati, mentre il sesto motivo è assorbito.

8.1. Va dato seguito a Cass. n. 34538/21 – attinente alla medesima vicenda tributaria e, in particolare, all’impugnazione degli avvisi per gli anni di imposta 2005 e 2007, emanati nei confronti di A.D.W., coniuge del contribuente – che il Collegio condivide, la quale ha ribadito il principio giurisprudenziale per cui, in tema di accertamento fiscale, l’invito da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsto dall’articolo 32, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. Tale inutilizzabilità consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito, non è soggetta alla eccezione di parte e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio. Il contribuente può conseguire una deroga all’inutilizzabilità solo ove ricorrano le condizioni di cui all’articolo 32, quinto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Cass., sez. 6-5, 19 giugno 2018, n. 16106). Il contribuente può, quindi, avvalersi della deroga, soltanto depositando in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio, e dichiarando comunque contestualmente di non avere potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile (Cass., sez. 5, 23 marzo 2016, n. 5734; Cass., sez. 5, 11 febbraio 2021,n. 3442).

8.2. Nella decisione sezionale sopra richiamata si ricorda che “la contribuente” (l’ordinanza si riferisce ad A.D.W., ma, trattandosi della stessa vicenda, il ragionamento può essere esteso al coniuge) ha tempestivamente depositato la documentazione, ivi comprese le dichiarazioni rese dal consocio della banca svizzera, dott. C.R., in sede precontenziosa (accertamento con adesione), tanto che tali dichiarazioni sono state contemplate anche negli avvisi di accertamento emessi (cfr. avviso di accertamento per l’anno 2005 “in merito alla documentazione prodotta a mezzo fax in data 27 giugno 2011… si osserva come la dichiarazione fornita dall’istituto di credito svizzero R. & B. – secondo cui nel corso dell’anno 2005 il medesimo istituto avrebbe consegnato la signora D.W.A. denaro contante pari ad euro 40.000,00 provenienti da disponibilità finanziarie della madre signora G.D.W. – non risulta adeguatamente comprovata da idonea documentazione bancaria – copia estratto conto, copia delle distinte bancarie rilasciata allo sportello al momento del prelievo -“). Per Cass. n. 34538/2021, inoltre, «emerge dagli atti che, dopo un primo incontro in data 22 giugno 2011, la contribuente si era riservata di produrre la documentazione in oggetto, provvedendo poi in tal senso cinque giorni dopo (cfr. pagina 12 del ricorso per cassazione, ove si riproduce il contenuto del verbale “ci riserviamo di produrre documentazione bancaria relativa all’anno 2007 e una dichiarazione rilasciata dall’istituto bancario svizzero con la certificazione delle somme versate per contanti dalla signora Gabriella alla signora A.D., entro il 28 giugno 2011”). L’Agenzia delle entrate, al momento della redazione del verbale, non ha preso posizione sulla richiesta dell’ulteriore termine richiesto dalla contribuente, che doveva acquisire dichiarazione da parte di terzi (banchiere svizzero) su danari presenti sul conto corrente della madre. Pertanto, l’originario termine per la produzione documentale è slittato, su accordo delle parti, alla data successiva del 28 giugno 2011. L’Agenzia delle entrate, dunque, avendo concordato con la contribuente un nuovo termine per completare la documentazione documentale al 28 giugno 2011, non avrebbe potuto negare l’utilizzabilità dei documenti tempestivamente prodotti entro tale data, pena la plateale violazione dei princìpi di lealtà e di buona fede, oltre che di piena e leale collaborazione tra contribuente e Fisco, presidiati dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000. Del resto, tali documenti, ritenuti dalla Agenzia come inutilizzabili, sono stati, però, menzionati negli avvisi di accertamento emessi nei confronti della contribuente, sia pure svilendone il contenuto effettivo, con una condotta intrinsecamente contraddittoria. Se un documento è inutilizzabile non se ne dovrebbe tenere conto in alcun modo, senza indagare sul contenuto dello stesso […] I documenti, dunque, poiché prodotti tempestivamente, nella fase precontenziosa, dovranno essere valutati dal giudice del rinvio, a prescindere dall’effettivo valore probatorio delle dichiarazioni rese dal banchiere C.R.».

9. In conclusione, simmetricamente a quanto stabilito da Cass. n. 34538/2021 nella controversia che riguarda il coniuge del contribuente, (anche) la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo, affinché riesamini il merito della causa attenendosi al principio di diritto per il quale «In tema di imposte sui redditi, se il termine concesso al contribuente per la produzione documentale di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 (nella versione all’epoca vigente), viene prorogato su accordo delle parti, i documenti prodotti entro tale nuovo termine sono pienamente utilizzabili nel processo tributario, senza alcuna necessità del rispetto delle indicazioni procedurali di cui al quinto comma dell’art. 32 citato (allegazione dei documenti al ricorso introduttivo e contestuale dichiarazione di mancato adempimento per causa non imputabile); e ciò a maggior ragione nell’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia inserito la documentazione all’interno della motivazione degli avvisi di accertamento, sia pure solo per svilirne il contenuto, pena la violazione dei princìpi di lealtà e di buona fede, oltre che di piena e leale collaborazione tra contribuente e Fisco, presidiati dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000», e provveda altresì alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Pronunciando in sede rescindente, accoglie il ricorso per revocazione e, per l’effetto, revoca l’ordinanza di questa Corte n. 19783/2021; pronunciando in sede rescissoria, accoglie, nei termini di cui in motivazione, il ricorso per cassazione relativo alla causa r.g. n. 17986/2015, cassa la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria n. 02/03/2015, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese di revocazione e di legittimità.