CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 2757 depositata il 30 gennaio 2024
Lavoro – Appalto – Contratto a favore di terzi – Accertamento del diritto all’assunzione – Violazione del divieto di novum ex art. 437, comma 2 c.p.c. – Accoglimento
Rilevato che
1. R.M., premesso di avere prestato attività di lavoro alle dipendenze della società S..S.P.A., incaricata della gestione del servizio di nettezza urbana per il Comune di Matera, di essere stato inserito nell’ambito dell’accordo sindacale del 20 ottobre 2009 nell’elenco del personale della S., S.P.A. che avrebbe dovuto essere assunto, in applicazione della clausola sociale prevista dal contratto collettivo nazionale, da A.A.A. s.r.l – A. s.r.l. (da ora A.), soggetto subentrato alla S..S.P.A. nella gestione del servizio in oggetto, ha adito il Giudice del lavoro chiedendo accertarsi il diritto ad essere assunto da A. a decorrere dal 26 ottobre 2009 e la condanna della detta società al risarcimento del danno;
2. il giudice di primo grado ha respinto la domanda;
3. la Corte d’appello di Potenza, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto di R.M. ad essere assunto alle dipendenze di A. a far data dal 22 gennaio 2010 ed ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data sopraindicata sino all’effettiva riammissione in servizio, respingendo ogni altra domanda;
3.1. la Corte distrettuale, premesso che l’accordo in data 20 ottobre 2009, stipulato tra A. e le associazioni dei lavoratori, costituiva un contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c., ossia dei lavoratori già dipendenti della società precedente appaltatrice, che in tale accordo era stabilito che i detti lavoratori sarebbero stati assunti se avessero iniziato a prestare la propria attività in favore di A. entro il 26 ottobre 2009, altrimenti sarebbero stati considerati rinunciatari, e che quelli eventualmente assenti per malattia o per altre cause sarebbero stati assunti una volta cessata la causa dell’impedimento, ha osservato che dalla documentazione in atti emergeva che il M., alla data del 26 ottobre 2009, era assente dal lavoro per aspettativa e che non risultava la data di relativa cessazione; ha configurato la permanenza dell’impedimento del dipendente quale condizione sospensiva degli effetti del contratto a favore del terzo ed in conseguenza affermato che costituiva onere delle società resistenti provare che l’impedimento del lavoratore era venuto meno prima del 26 ottobre 2009 di talché il M., non avendo preso servizio entro tale data, poteva essere considerato rinunciante all’assunzione; in mancanza di specificazione della diversa data di cessazione della causa di impedimento, questa andava individuata quanto meno con riferimento all’epoca della lettera del 22 gennaio 2010 di avvio da parte del lavoratore del tentativo di conciliazione innanzi agli Uffici del Lavoro competenti, valevole come dichiarazione del terzo di voler profittare della stipulazione fatta in suo favore;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A.A. s.r.l. a socio unico sulla base di quattro motivi; R.M. ha depositato controricorso; la Curatela del Fallimento della società A.S.A. S.r.l. è rimasta intimata; entrambe le parti hanno depositato memoria; nella memoria di parte ricorrente si dà atto che la società A.A. s.r.l. si trova in Amministrazione straordinaria ex d.l. n. 347/2003 conv. in l. n. 39/2004, ed in relazione a tale situazione si eccepisce la inammissibilità/improcedibilità dell’azione reintegratoria e risarcitoria proposta dal lavoratore nonché carenza di interesse ad agire in capo allo stesso;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 437, comma 2, c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere, in violazione del divieto di novum in appello, accolto la domanda di costituzione del rapporto di lavoro ex art. 2932 cod. civ. nonostante tale domanda fosse stata formulata solo in seconde cure a modifica della domanda di primo grado limitata all’accertamento dell’inadempimento all’obbligo di assunzione ed alla condanna al risarcimento del danno;
2. con il secondo motivo di ricorso deduce nullità del procedimento e/o della sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c. e all’art. 437 comma 2 c.p.c.; censura la sentenza impugnata per avere statuito oltre i limiti della originaria domanda che non aveva oggetto la richiesta di costituzione del rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c. e limitava la pretesa risarcitoria al periodo di durata dell’appalto di A., laddove la Corte di appello aveva esteso impropriamente dall’aprile 2011 (data di cessazione dell’ dell’appalto del servizio di nettezza urbana da parte di A. ) al settembre 2018 il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno sotto forma di pagamento delle retribuzioni afferenti a detto periodo;
3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. dolendosi, in sintesi, della omessa considerazione della eccezione formulata in seconde cure, avente ad oggetto la richiesta di applicazione dei principi di cui agli artt. 1226 e 1227 c.c., in relazione all’incidenza nella produzione del danno della condotta colposa del lavoratore;
4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’accordo sindacale del 20 ottobre 2009 nonché omesso esame di un fatto decisivo; sostiene, in sintesi, che era il M. a dover provare, al fine di ottenere la costituzione del rapporto di lavoro con le società convenute, non solo di avere maturato i requisiti per il passaggio alle dipendenze delle ditte appaltatrici (circostanza che riconosce pacifica) ma anche di trovarsi, alla data del passaggio, in aspettativa e quindi nelle condizioni previste dall’art. 4 dell’accordo cit., prova non offerta ed, anzi, nello specifico smentita dal Modello C2 prodotto dal lavoratore dal quale emergeva che il dipendente era stato licenziato il 25 ottobre 2009;
5. preliminarmente, in ordine alle eccezioni formulate nella memoria di parte ricorrente attinenti alla ammissione di A.A. s.r.l. alla procedura di Amministrazione straordinaria, ex d.l. n. 347/2003, ammissione sopravvenuta al deposito del ricorso per cassazione della società, è opportuno premettere che secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di sottoposizione ad amministrazione straordinaria della società datrice di lavoro, deve distinguersi tra domande del lavoratore che mirano a pronunce di mero accertamento oppure costitutive (ad esempio, domanda di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro) e domande dirette alla condanna al pagamento di somme di denaro (anche se accompagnate da domande di accertamento o costitutive aventi funzione strumentale). Per le prime va, infatti, riconosciuta la perdurante competenza del giudice del lavoro, mentre per le seconde opera (diversamente dal caso del fallimento, in cui si rinviene l’attrazione del foro fallimentare) la regola della improcedibilità o improseguibilità della domanda, per difetto temporaneo di giurisdizione per tutta la durata della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo dinanzi ai competenti organi della procedura, ferma restando l’assoggettabilità del provvedimento attinente allo stato passivo ad opposizione o impugnazione davanti al tribunale fallimentare (Cass., n. 15066/2017, Cass. n. 19271/2013). Il principio ora richiamato deve essere coordinato con il principio secondo il quale l’ambito devoluto al giudice dell’impugnazione è perimetrato dalle specifiche censure formulate alla sentenza impugnata con il ricorso per cassazione quale mezzo di impugnazione a critica vincolata, nello specifico proposto – si ribadisce – anteriormente all’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria; ne deriva che occorrerà in relazione ai singoli motivi di ricorso verificare innanzitutto se le censure con gli stessi proposte siano idonee a validamente incrinare la statuizione oggetto di impugnazione e solo in un secondo momento verificare le possibili “ricadute” dell’accoglimento del motivo sulla ammissibilità/procedibilità delle originarie domande; in questa prospettiva non è dato escludere il persistente interesse ad impugnare in capo alla società ricorrente;
tanto premesso, in relazione ai singoli motivi di ricorso per cassazione, si osserva che:
6. il primo motivo di ricorso è inammissibile per essere le censure articolate prive di pertinenza con il contenuto decisorio della sentenza;
6.1. il giudice di appello, invero, non ha adottato alcuna pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. ma si è limitato ad accertare il diritto all’assunzione del M., statuizione quest’ultima che trova corrispondenza nelle richieste di cui alle conclusioni spiegate nel ricorso di primo grado e nel ricorso in appello, secondo anche quanto emergente dal medesimo ricorso per cassazione (v. trascrizione delle conclusioni di primo e secondo grado formulate dal M., riportate alle pagg. 10 e 11 del ricorso per cassazione); la circostanza che in seconde cure l’appellante M. ha effettivamente modificato le originarie conclusioni formulando (anche) una richiesta di pronunzia ex art. 2932 c.c. direttamente costitutiva del rapporto di lavoro con A. non ha avuto quindi alcun seguito nella decisione impugnata e tanto sottrae la decisione alle censure formulate con il motivo in esame;
7. il secondo motivo di ricorso è fondato;
7.1. occorre premettere che in primo grado l’originario ricorrente aveva chiesto la condanna delle società convenute, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 1.355,68, per ciascun mese, “a titolo di risarcimento del danno a far data dal 26.10.2009 e per tutto il periodo in cui ha avuto esecuzione l’appalto di igiene urbana con il Comune di Matera, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto fino al soddisfo”;
aveva inoltre formulato una ulteriore domanda risarcitoria, da valutarsi in via equitativa, intesa al risarcimento dei danni patrimoniali “subiti in ragione della perdita del diritto alle dipendenze del soggetto subentrante alle società convenute nella gestione del servizio in parola, con vittoria di spese, diritti ed onorari”;
in secondo grado, senza specificamente distinguere tra l’una e l’altra domanda risarcitoria, aveva chiesto la condanna delle società convenute, “ al pagamento, anche a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dalla data del 26.10.2009 sino ad oggi …”;
7. il giudice di appello, secondo quanto emerge dalla parte motiva della decisione, ha posto la condanna di A. alle retribuzioni maturate dal 20 gennaio 2010 sino all’effettiva riammissione in servizio, in esclusiva relazione all’accertamento del diritto all’assunzione e dell’implicito correlativo inadempimento a tale obbligo da parte di A. ( v. sentenza, punto 9), senza alcun riferimento al pregiudizio connesso alla perdita del diritto all’assunzione presso i soggetti subentrati ad A. nell’appalto per la gestione del servizio di igiene del Comune di Matera, pregiudizio oggetto di specifica e diversa domanda di ristoro la quale non risulta in alcun modo esaminata dalla Corte distrettuale. In relazione alla domanda esaminata, la sentenza impugnata è incorsa effettivamente nel vizio denunziato avendo omesso di rilevare la violazione del divieto di novum ex art. 437, comma 2 c.p.c. nel quale era incorsa la parte appellante nell’ampliare, in modifica delle originarie conclusioni, il periodo di riferimento della condanna risarcitoria, impropriamente esteso al pagamento delle retribuzioni maturate “ad oggi”, laddove in prime cure tale specifica richiesta risarcitoria era stata espressamente limitata al periodo in cui aveva avuto esecuzione l’appalto; l’omesso rilievo della violazione dell’art. 437 c.p.c. ha determinato l’accoglimento della domanda risarcitoria come riformulata in seconde cure;
7.3. alla luce di tali rilievi, e con effetto di assorbimento del terzo motivo di ricorso, si impone quindi la cassazione della decisione in relazione alla statuizione di accoglimento della domanda di risarcimento del danno, che sarà riesaminata dal giudice del rinvio anche in relazione alle conseguenze connesse all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, ove ancora perdurante al momento della riassunzione;
8. il quarto motivo di ricorso è infondato;
8.1. la sentenza impugnata ha accertato che alla data del 26 ottobre 2009 il M. era assente dal lavoro per aspettativa, situazione questa che in base all’accordo sindacale del 20 ottobre 2009 non elideva il diritto all’assunzione con la appaltatrice subentrante nella gestione del servizio in oggetto ma ne comportava lo slittamento al momento del venir meno dell’impedimento; tale momento è stato fatto in concreto coincidere con l’invio della lettera del 22 gennaio 2010, di avvio da parte del lavoratore del tentativo di conciliazione innanzi agli Uffici del Lavoro; a fronte di tale ricostruzione in fatto e in diritto della concreta fattispecie, avendo il lavoratore dimostrato che alla data del 26 settembre si trovava in aspettativa e che tale aspettativa si era protratta fino al 22 gennaio 2010, costituiva onere della odierna ricorrente, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, dimostrare il fatto estintivo o impeditivo del diritto all’assunzione. A riguardo la Corte di merito ha rilevato l’assenza in atti di indicazioni specifiche relative alla diversa data di cessazione della situazione di aspettativa di talché l’affermazione del diritto del lavoratore all’assunzione presso la odierna ricorrente risulta del tutto coerente con il criterio ex art. 2697 c.c. .
Le ulteriori censure formulate con il motivo in esame, per come concretamente articolate, sono inammissibili in quanto, pur formalmente veicolate con la deduzione di vizio motivazionale ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., sostanzialmente intese ad una revisione dell’apprezzamento probatorio delle emergenze in atti, ed in particolare della documentazione, apprezzamento che costituisce compito istituzionalmente riservato al giudice di merito; deve inoltre soggiungersi, quale concorrente profilo di inammissibilità, il fatto che la documentazione alla base delle censure non risulta evocata nel ricorso per cassazione nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., non avendo parte ricorrente, come suo onere, indicato esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovavano i documenti in questione e avendo omesso di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. n. 29093/2018, n. 195/2016, n. 16900/2015, n. 26174/ 2014, n. 22607/2014, Sez. Un, n. 7161/2010);
9. resta assorbita ogni altra eccezione;
10. alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, assorbito il terzo motivo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11275 depositata il 7 aprile 2022 - Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16040 - Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha l'onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, non…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 settembre 2020, n. 19848 - In tema di requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione il ricorrente, il quale intenda dolersi dell'omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2022, n. 13935 - In tema di giudizio per cassazione, l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 dicembre 2020, n. 29014 - I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, comma 1, c.p.c., nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 ottobre 2021, n. 28626 - I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, comma 1, c.p.c., nn. 3, 4 e 6, devono infatti essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…