Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 50936 depositata il 17 dicembre 2019
reati tributari – continuità normativa
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma, Sezione riesame, con ordinanza del 15 luglio 2019 ha rigettato il ricorso di Stefano BS (e di RM) avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, fino alla concorrenza di € 2.343.353,87, del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma del 6 maggio 2019 (sequestro preventivo disposto nei confronti della società AS s.r.l. in via diretta e in subordine – per il caso in cui l’apprensione dei beni della società non avesse consentito il recupero – nei confronti degli amministratori responsabili penalmente per equivalente). BS risulta indagato per il reato di cui all’art. 10 bis d. lgs. 74 del 2000 per l’anno di imposta 2014.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso in cassazione BS, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Violazione e falsa applicazione della legge penale (art. 12 bis, d. lgs. 74 del 2000) relativamente alla irretroattività della norma a contenuto sanzionatorio.
La società E. s.p.a. subentrata alla AS s.r.l. offre ampie garanzie di adempimento del debito fiscale in relazione alla rateizzazione in corso. L’art. 12 bis d. lgs. 74 del 2000, entrato in vigore il 22 ottobre 2015, non risulta applicabile al ricorrente che è indagato solo per l’anno 2014 (reato ex art. 10 bis, d. lgs. 74 del 2000, commesso il 21 settembre 2015); la confisca ha certamente natura parzialmente sanzionatoria e quindi ex art. 2 cod. pen. non può applicarsi retroattivamente, a fatti commessi prima della sua entrata in vigore con la citata disposizione dell’art. 12 bis d. lgs 74 del 2000.
Il Tribunale del riesame ha omesso del tutto di considerare l’applicazione dell’art. 12 bis d. lgs. 74 del 2000 a fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
BS inoltre si è particolarmente prodigato per l’inserimento della società in una nuova solida struttura societaria per la prosecuzione dell’attività e, anche, per l’adempimento del debito fiscale.
Ha chiesto quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il risulta inammissibile per manifesta infondatezza del motivo, in quanto sussiste continuità normativa tra la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma secondo, del d. lgs. n. 74/2000 – introdotta dal d. lgs. 24 settembre 2015, n. 158 -, e la previgente fattispecie prevista dall’art. 322-ter cod. pen., richiamato dall’art. 1, comma 143, l. 24 dicembre 2007, n. 244, abrogata dall’art. 14 d. lgs. n. 158 del 2015: « In materia di reati tributari, sussiste continuità normativa – e non si pone pertanto alcuna questione di diritto intertemporale – tra il reato di cui all’art. 12- bis, comma secondo, d. lgs. 10 marzo 2000 n. 74 (introdotto dal D.Lgs. 24 settembre 2015 n. 158), che prevede la confisca per equivalente dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato e la fattispecie prevista dall’art. 322 ter cod. pen., richiamato dall’art. 1, comma 143, l. 24 dicembre 2007, n. 244, abrogata dall’art. 14 del D.Lgs. n. 158 del 2015» (Sez. 3, n. 35226 del 16/06/2016 – dep. 22/08/2016, D’Agapito, Rv. 26776401, vedi anche Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016 – dep. 28/11/2016, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 26838601; Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013 – dep. 04/11/2013, P.G. in proc. Cruciani, Rv. 257616);
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 2.000,00, ciascuno, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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