CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 5334 depositata il 29 febbraio 2024
Tributi – Avviso di accertamento – Maggiori ricavi non dichiarati – IRPEF – IVA – Deduzione di costi relativi a operazioni inesistenti – Carenze espositive dei fatti di causa – Inammissibilità
Fatti di causa
La presente vicenda processuale viene così ricostruita dalla sentenza qui impugnata.
L’Ufficio di Caserta dell’Agenzia delle Entrate notificava a V.B., esercente l’attività imprenditoriale di confezione in serie di capi di abbigliamento, un avviso di accertamento con il quale:
(1) riprendeva a tassazione, relativamente all’anno d’imposta 2006 maggiori ricavi non dichiarati ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, per un importo di 99.375 Euro;
(2) contestava l’indebita deduzione di costi relativi a operazioni inesistenti, nella misura di 206.268,32 Euro;
(3) rideterminava in 305.196 Euro il valore della produzione ai fini dell’IRAP.
IlV.B. impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, che con sentenza n. 267/3/13 del 12 aprile 2013 respingeva il suo ricorso.
L’appello in seguito proposto dal contribuente era accolto, per quanto di ragione, dall’adita Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 5956/46/14 del 16 giugno 2014, annullava l’impugnato avviso di accertamento, tranne che nella parte relativa all’affermata indeducibilità dei costi ritenuti fittizi.
Contro questa sentenza il V.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, con i quali vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione:
1) dell’art. 7 L. n. 212 del 2000 (cd. statuto del contribuente), per avere l’Ufficio fondato l’avviso di accertamento sulle dichiarazioni rese dai fornitori delle merci fatturate, senza allegare all’atto impositivo il verbale in cui queste erano state raccolte;
2) dell’art. 2697 c.c., per avere la C.T.R. illegittimamente invertito l’onere della prova: essendo stata accertata l’avvenuta annotazione delle fatture di acquisto da parte del contribuente, spettava, infatti, all’Ufficio dimostrare la fittizietà delle sottostanti operazioni;
3) dell’art. 7 D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice regionale, in spregio al divieto di prova testimoniale posto dalla citata norma, fondato il proprio convincimento sulle dichiarazioni dei suddetti fornitori, acquisite dall’Ufficio a seguito di un controllo incrociato effettuato nei loro confronti.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3), c.p.c., nel testo, applicabile ratione temporis, vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 149 del 2022, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa.
1.2 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il requisito in parola è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto a condizione che il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatto sostanziale che ha originato la controversia e della vicenda processuale, ivi comprese le ragioni della decisione di primo e di secondo grado, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 7579/2022, Cass. n. 18922/2019, Cass. n. 16103/2016, Cass. Sez. Un. n. 11653/2006).
1.3 Nel caso di specie, il V.B. si è limitato a riportare in ricorso, in modo assolutamente generico, l’esito delle decisioni assunte dai giudici tributari di primo e secondo grado, senza fornire alcuna indicazione in ordine: 1) al contenuto dell’avviso di accertamento impugnato; 2) ai motivi sui quali si fondava il ricorso da lui proposto dinanzi alla C.T.P.; 3) alle difese svolte in quella sede dall’Amministrazione finanziaria; 4) alle ragioni per le quali detto ricorso era stato respinto; 5) ai motivi di gravame da lui articolati con l’atto di appello davanti alla C.T.R.; 6) alle motivazioni che hanno indotto il giudice regionale ad accogliere solo in parte la spiegata impugnazione.
Le evidenziate carenze espositive non consentono di ricostruire con sufficiente precisione: i fatti che hanno generato la controversia e le vicende del processo (che nella superiore parte narrativa sono stati tratti dalla sentenza impugnata, senza che ciò possa valere a colmare le deficienze del ricorso); le diverse posizioni assunte dai soggetti che vi hanno partecipato; le complessive e contrapposte tesi in fatto e in diritto sviluppate dalle parti nei rispettivi scritti difensivi; i ragionamenti posti a sostegno delle decisioni di primo e secondo grado.
1.4 Ciò impedisce alla Corte di acquisire una conoscenza del fatto sostanziale e processuale sufficiente per poter ben intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia di cui si chiede l’annullamento.
2. Per quanto precede, l’esperito gravame di legittimità non può dunque trovare ingresso.
3. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
4. Stante l’esito del giudizio, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 Euro, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo, se dovuto.
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