CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 7465 depositata il 20 marzo 2024
Tributi – Avvisi di accertamento – IRES – Tasso d’interesse applicato a mutuo – Rigetto
Fatti di causa
1. A seguito di indagini, anche penali, eseguite dalla Guardia di Finanza sul gruppo societario internazionale “Statuto”, e concluse con Processo Verbale di Costatazione, l’Agenzia delle Entrate notificava alla P. B Srl gli avvisi di accertamento n. (…) e n. (…), relativi al tributo dell’Ires con riferimento agli anni 2006 (Euro 349.855,00 oltre accessori) e 2007 (Euro 341.188,00 oltre accessori). Il presente giudizio pende tra le stesse parti, ed importa l’esame di analoghe questioni di diritto rispetto al processo RGN 6354-2016, relativo all’avviso di accertamento notificato per le medesime causali con riferimento all’anno 2008, trattato contestualmente nell’odierna udienza.
La P. B Srl, società italiana controllata dalla società di diritto lussemburghese “S.L.H. S.a.r.l.”, aveva concesso a quest’ultima un mutuo pluriennale di valore pari a (fino) 70 milioni di Euro, con tasso d’interesse fissato al 2% annuo, ritenuto dall’Ufficio finanziario inferiore al valore normale ai sensi dell’art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1982 (ndr art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1986) (T.U.I.R., disciplina del transfer pricing). In conseguenza “l’Ufficio ha recuperato a tassazione la differenza tra gli interessi attivi contabilizzati e quelli rideterminati in base al valore normale in condizioni di libero mercato” (controric., p. 4).
2. La società impugnava gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. La CTP riuniva i ricorsi e, ritenute infondate le difese proposte dalla contribuente, li rigettava.
3. Spiegava appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, avverso la pronuncia dei giudici di primo grado, la P. B Srl, la CTR confermava la decisione assunta dalla CTP.
4. La società ha introdotto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla CTR, affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s. Procuratore Generale A.P., ed ha domandato rigettarsi il ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la società contesta la nullità della sentenza impugnata perché “priva della motivazione” (ric., p. 16), in violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. prel. cod. proc. civ., e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917 del 1986 (T.U.I.R.), in cui è incorso il giudice dell’appello, commettendo errori metodologici e sostanziali in materia di valutazione del valore normale del tasso d’interesse applicato in relazione al mutuo concesso alla società estera controllante.
3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la violazione dell’art. 39, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 2697 cod. civ., in cui è incorso il giudice del gravame nell’applicazione delle regole che disciplinano il riparto dell’onere probatorio tra le parti.
4. Occorre preliminarmente evidenziare che il difensore della controricorrente ha domandato, in via principale, dichiararsi la cessazione della materia del contendere, per effetto dell’estinzione della società ricorrente. In via subordinata ha domandato il rigetto nel merito del ricorso. Osservato che lo stesso esponente segnala che l’estinzione della società avrebbe avuto a verificarsi dopo l’introduzione del ricorso per cassazione, e ricordato che l’ordinaria, e solo possibile, conseguenza processuale dell’estinzione della parte è l’interruzione del processo, deve confermarsi la consolidata, condivisibile ed estensibile, giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui “nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni cause interruttive previste dalla legge in generale, sicché la cancellazione dal registro delle imprese della società resistente, in data successiva alla proposizione del ricorso ed alla stessa costituzione in giudizio della società, non determina l’interruzione del processo“, Cass. sez. L, 13.2.2014, n. 3323.
5. Tanto premesso, mediante il primo strumento d’impugnazione la società lamenta la nullità della sentenza della CTR perché “priva di motivazione” (ric., p. 16). In realtà la ricorrente riassume in questo motivo di ricorso quasi tutte le sue critiche, e si duole che la CTR non le abbia accolte. Sulle singole contestazioni si avrà quindi anche occasione di tornare esaminando gli ulteriori mezzi di impugnazione.
5.1. Rimanendo nei limiti della censura secondo cui la sentenza della CTR sarebbe “priva della motivazione”, occorre rilevare che il giudice dell’appello innanzi tutto espone qual è l’oggetto del giudizio, il prestito concesso dalla controllata italiana alla controllante estera al tasso del 2%, ritenuto dall’Amministrazione finanziaria inferiore al valore normale. Quindi illustra lo sviluppo del processo, non mancando di sintetizzare le critiche proposte dalla società alla decisione di primo grado e di evidenziare come l’Amministrazione finanziaria avesse segnalato che altro giudizio tra le stesse parti, che poneva (anche) identica questione, con riferimento all’anno 2005, si era concluso innanzi alla CTR con il rigetto della domanda della società. Questo giudizio, si osserva per inciso, si è ora definitivamente concluso, rimanendo rigettato il ricorso della società (cfr. Cass. sez. V, 1°.4.2016, n. 6332).
Quindi la CTR replica alle contestazioni procedurali proposte dalla P. B Srl. A seguire il giudice dell’appello affronta la questione centrale del giudizio, l’accertamento del valore normale del tasso di mutuo, evidenziando le tesi delle due parti e spiegando perché la valutazione espressa dall’Ufficio finanziario può ritenersi attendibile, mentre quella proposta dalla società è da ritenersi infondata.
La motivazione della decisione adottata dalla CTR, in definitiva, non solo è presente, ma è anche chiara ed esaustiva. Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere perciò respinto.
6. Mediante il secondo strumento di impugnazione la contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR in materia di quantificazione del valore normale del tasso d’interesse applicato in relazione al mutuo concesso alla società controllante estera.
Un primo errore avrebbe carattere “metodologico” perché il giudice dell’appello avrebbe ritenuto corretti gli esiti degli avvisi di accertamento “sulla base del mero raffronto tra due dati numerari ossia il tasso di interesse applicato dalla società e pari (al) 2% e quello del 4,3% … senza tenere conto della specificità del caso” (ric., p. 16 s.). Un secondo errore avrebbe carattere “sostanziale”, perché il tasso applicato dall’Ufficio pari al 4,3% non (risulta essere) rispondente al tasso d’interesse previsto dalla Banca d’Italia sulle erogazioni superiori a 1 milione che è invece, pari al 3,3%” (ric., p. 17).
Mediante il terzo strumento d’impugnazione la società contesta che la CTR avrebbe errato nella ripartizione dell’onere probatorio tra le parti.
Gli strumenti d’impugnazione presentano motivi di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
6.1. Quali elementi caratterizzanti della fattispecie che la ricorrente evidenzia come meritevoli di essere considerati, segnala innanzitutto che le somme mutuate provenivano dalla vendita di un immobile, e pertanto era state conseguite “a costo zero”. Inoltre, la società ha impiegato la propria liquidità acquisita in modo da realizzare “redditi assolutamente compatibili con il mercato” (ric., p. 20) poiché nel marzo 2005, quando il mutuo è stato concesso, il rendimento dei BOT annuali era pari al 2,211%, il tasso EURIBOR a dodici mesi era pari al 2,03%, ed il tasso di interessi legali era pari al 2,5%.
Per inciso occorre osservare che in questa sede non può comunque prendersi in considerazione il valore del “tasso d’interesse attivo praticato a P.B dagli istituti di credito”, perché la ricorrente neppure allega come abbia provato la circostanza, oltre ad indicare un tasso “medio”, che non è chiarito come sia stato calcolato, ed a non specificare la durata dei finanziamenti cui si riferisce.
6.2. La CTR ha osservato che appariva condivisibile la valutazione operata dall’Amministrazione finanziaria secondo cui, in considerazione della necessità di assicurare applicazione alla presunzione legale disciplinata dall’art. 110, comma 7, del T.U.I.R., occorreva individuare il ‘valore normale’ della redditività del mutuo.
In tal senso “preso atto del tasso praticato per analoghe operazioni di finanziamento tra società del medesimo gruppo di quello in esame (oscillante tra il 4 e il 5%), nonché della percentuale media applicata dagli istituti di credito per le operazioni di finanziamento societario pari al 4,3%, come ufficializzati dalla Banca d’Italia, che invero la società sostiene del 3,3%, ha rideterminato il tasso sui finanziamenti dal 2% dichiarato al 4,3%, con le conseguenze imponibili tassabili di cui al gravame in esame” (sent. CTR, p. IV).
6.2.1. La società, continua la CTR, “sostiene che la liquidità realizzata per la vendita del complesso immobiliare … utilizzata per il trasferimento infragruppo, giustificherebbe l’entità del tasso pari al 2%, che, peraltro, sarebbe in linea con il mercato finanziario come dimostrato dai rendimenti dei BOT annuali, con il tasso EURIBOR a 12 mesi e con il saggio di interessi legali … pari al 2,5%. Ma tali riferimenti non possono ritenersi esaustivi al fine della prova che incombe sulla società, giacché essi essendo calibrati su base annuale, sono produttivi di un rendimento più contenuto, mentre la durata del finanziamento erogato copre l’arco temporale dal 22.3.2005 al 31.12.2008, peraltro rinnovabile fino a 10 anni” (sent. CTR, p. IV).
6.3. Può allora rilevarsi che non trova riscontro l’affermazione della ricorrente secondo cui la CTR non avrebbe tenuto conto della peculiarità della fattispecie. Il giudice dell’appello dimostra di avere ben presenti le questioni sottopostele dalla contribuente, e liddove non pronuncia espressamente non può che ritenersi abbia rigettato implicitamente la censura. Si tratta, invero, solo dell’argomento secondo cui la società, avendo acquisito liquidità senza sopportare oneri, era disponibile ad effettuare investimenti aventi ridotta redditività. Questo argomento è però privo di fondamento economico, e comunque l’art. 110, comma 7, del T.U.I.R. richiede che i tributi siano richiesti sul fondamento della stima del valore normale dei beni ceduti, anche se acquisiti gratuitamente.
6.3.1. Quanto agli altri argomenti spesi dalla contribuente occorre sottolineare che sebbene la società proponga più volte le proprie critiche nel suo ricorso, omette di considerare che la CTR non ha indicato quale parametro decisivo ai fini della stima del valore normale, nel caso di specie, solo il valore medio dei finanziamenti rilevato dalla Banca d’Italia ma anche, e soprattutto, il tasso praticato per analoghe operazioni di finanziamento tra società del medesimo gruppo di quello in esame (oscillante tra il 4 e il 5%). Questo dato di fatto, che la contribuente ricorda in premessa, non viene poi neppure esaminato nel ricorso, e deve quindi ritenersi senz’altro non contestato, ed appare invero decisivo, come evidenziato anche dall’Amministrazione finanziaria (controric., passim, es p. 7). Così come l’argomento proposto dalla CTR secondo cui risulta improprio il paragone proposto dalla ricorrente con il rendimento di investimenti della durata di un anno, perché nel caso di specie il prestito aveva durata comunque molto maggiore, ed avrebbe potuto anche raggiungere la durata di dieci anni.
6.4. Pertanto la CTR non ha trascurato le specifiche circostanze evidenziate dalla società, non ha violato le regole legali in materia di ripartizione dell’onere della prova, perché ha confrontato la rilevanza delle allegazioni fornite dalla contribuente con le presunzioni addotte dall’Amministrazione finanziaria, ritenute idonee a provare i fatti costitutivi della pretesa tributaria, ed ha espresso, senza incorrere in errori logici o di diritto, il motivato giudizio sul fatto che le competeva, come evidenziato anche dal P.M. nelle sue conclusioni.
Sembra ancora opportuno ricordare, in considerazione della critica della ricorrente secondo cui la CTR non avrebbe adottato una decisione propria “in quanto si basa sulle stesse argomentazioni attinte dagli atti dell’Ufficio” (ric., p. 15) che, naturalmente, non è precluso al giudice aderire alla prospettazione di una delle parti.
Questa è anzi la regola, fermo restando che il giudice deve illustrare perché ritenga infondate le argomentazioni proposte dalla controparte, come ha fatto il giudice dell’appello in questo processo.
In definitiva la ricorrente lamenta che non condivide la valutazione sul fatto espressa dalla CTR, ma non è in grado di dimostrare in che cosa il giudice del gravame abbia sbagliato.
Anche il secondo ed il terzo strumento d’impugnazione devono quindi essere rigettati, ed il ricorso deve essere perciò respinto.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della causa.
7.1. Risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
Rigetta il ricorso introdotto dalla P. B Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, che condanna al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 14.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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