Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria, sezione n. 3, sentenza n. 901 depositata il 29 novembre 2022
Accertamento – notificazione – società – sede legale – impossibilità -notifica – eseguita nei confronti del legale rappresentante – legittimità -condizione – residenza – stesso comune di domicilio fiscale della società
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il ricorso introduttivo, la Società cooperativa edilizia “L” aveva impugnato, per i motivi ivi dedotti, l’avviso di accertamento della maggiore IVA (euro 4.720,00) dovuta per il periodo di imposta 2009.
La Commissione tributaria provinciale della Spezia ha accolto il ricorso con la sentenza della seconda Sezione n. 124 del 16 dicembre 2016, depositata il 3 aprile 2017.
Il primo giudice ha ritenuto che fosse fondato e assorbente il motivo di censura relativo all’irregolarità della notificazione dell’avviso di accertamento in quanto effettuata mediante deposito del plico nella casa comunale, secondo il rito dei soggetti assolutamente irreperibili di cui all’art. 60, lett. e), d.P.R. n. 600/1973, laddove, prima di procedere in tal senso, l’Ufficio avrebbe dovuto tentare la notifica al legale rappresentante della Società, nominativamente indicato alla pag. 1 dello stesso atto impositivo.
Inoltre, la Commissione tributaria provinciale ha precisato che, nel caso in esame, non operava il principio della sanatoria del vizio della notifica per raggiungimento dello scopo, poiché “il vizio della notificazione dell’atto impoesattivo”, ossia di un provvedimento che è funzionale “a consentire anche l’instaurazione dell’azione esecutiva e del pignoramento da parte dell’agente della riscossione”, “costituisce vizio dell’atto”.
Le spese del giudizio di primo grado, liquidate nell’importo complessivo di euro 260,00 oltre accessori di legge, sono state poste a carico della parte soccombente.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza, deducendo che, qualora non sia possibile eseguire la notificazione degli atti tributari presso la sede di una società commerciale, l’applicazione del criterio sussidiario della notificazione al legale rappresentante ex art. 145, comma 3, c.p.c., deve ritenersi condizionata al fatto che tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto di cui è destinataria, risieda nello stesso comune di domicilio fiscale dell’azienda. Nel caso di specie, invece, il legale rappresentante della Società appellata aveva il domicilio fiscale in un comune diverso (Lerici) rispetto a quello ove ha sede la Società medesima (La Spezia).
L’appellante ha preso posizione anche nel senso dell’infondatezza delle censure assorbite dal primo giudice, conclusivamente instando per la riforma della sentenza impugnata e la conferma del contestato avviso di accertamento.
Si è costituita in giudizio la Società “L” che ribadisce le ragioni a sostegno della pretesa inesistenza o nullità della notificazione dell’avviso di accertamento e, in via subordinata, ripropone le censure non esaminate dalla Commissione tributaria provinciale sulle quali ci si soffermerà in parte motiva.
Nel prosieguo del giudizio, l’Ufficio ha depositato una memoria illustrativa e la sentenza n. 664 del 2016, con cui altra Sezione della Commissione tributaria provinciale della Spezia ha respinto il ricorso proposto dalla contribuente per l’annullamento dell’analogo avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2010.
La causa, quindi, è stata chiamata all’udienza del 6 settembre 2022 e, all’esito, è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello dell’Ufficio è fondato.
Infatti, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di IVA, nel caso in cui sia impossibile eseguire la notifica dell’avviso di accertamento presso la sede della società contribuente, questa può essere effettuata mediante consegna dell’atto, con le modalità di cui agli art. 138, 139 e 141 c.p.c., alla persona fisica che rappresenta la società – anziché con le formalità previste in caso di irreperibilità dall’art. 140 del codice di rito – solo se essa risieda nel comune di domicilio fiscale della contribuente (Cass. civ., sez. trib., 9 maggio 2002, n. 6609).
Nel caso in esame, essendo incontestato che il Comune di domicilio fiscale del legale rappresentante della Società contribuente non corrispondeva a quello in cui aveva sede la stessa Società, l’avviso di accertamento è stato regolarmente notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c.
In ogni caso, il preteso vizio della notificazione sarebbe stato sanato per raggiungimento dello scopo, atteso che la diffusa contestazione del contenuto del gravato avviso di accertamento sviluppata nel ricorso giurisdizionale dimostra l’assenza di alcun pregiudizio al diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. civ., sez. trib., 9 maggio 2018, n. 11043).
Le ulteriori censure non esaminate dal primo giudice e qui riproposte dall’appellata sono palesemente infondate e si prestano, quindi, ad essere sinteticamente scrutinate.
1) Innanzitutto, la Società eccepisce che la controparte, non avendo preso posizione sui rilievi concernenti la mancata dimostrazione della qualifica di messo notificatore in capo al soggetto che aveva compiuto le operazioni di notifica, avrebbe implicitamente riconosciuto la fondatezza degli stessi.
Tali rilievi, peraltro, avevano natura meramente congetturale e, come tali, non facevano sorgere in capo all’Amministrazione finanziaria alcun onere di specifica contestazione.
2) In secondo luogo, non essendo stata dimostrata l’inesistenza o la nullità della notifica dell’avviso di accertamento, non si è verificata la pretesa decadenza del potere impositivo esercitato nella fattispecie.
3) Per quanto concerne la censura inerente alla mancata sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte del Direttore dell’Ufficio o di un soggetto da questi legittimamente delegato, si osserva che tale atto è stato validamente sottoscritto dal funzionario delegato mediante apposito ordine di servizio.
Non rileva che tale atto interno non fosse nominativo, poiché Il dirigente che delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento delega alla firma, non alle funzioni: il relativo provvedimento non richiede, quindi, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato, ma solo della qualifica rivestita, idonea a consentire la verifica ex post in ordine alla sussistenza del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (cfr., fra le ultime, Cass. Civ., sez. trib., 21 febbraio 2022, n. 5516).
4) Deduce la Società, quindi, che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto, non essendo specificata la “componente precettiva” per le somme che vi sono indicate e per le sanzioni, non risulta corrispondente alla nuova figura normativa dell’atto impoesattivo.
Tuttavia, la semplice lettura dell’atto evidenzia l’infondatezza della censura, stante la chiara indicazione della “componente precettiva” per tutte le somme ivi indicate.
5) La deducente contesta la mancata indicazione del responsabile del procedimento di formazione del titolo esecutivo, del precetto e della notificazione.
Anche questa censura è infondata in quanto, in forza del principio di unitarietà del procedimento, non è necessario di indicare anche il responsabile della procedura di accertamento e di quella esecutiva, poiché l’indicazione del responsabile del procedimento di accertamento vale ad indicare il soggetto responsabile della procedura nel suo complesso (Cass. civ., sez. trib., 21 febbraio 2022, n. 5517; id., 18 gennaio 2022, n. 1321).
6) In ordine alla mancata instaurazione del contraddittorio preventivo, si osserva che, nel caso di specie, il relativo obbligo non discendeva dalla normativa interna, ma solo dal fatto che si verte in ipotesi materia di tributi armonizzati: in conseguenza, la declaratoria di nullità dell’avviso di accertamento per la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo postula la necessità di fornire la cosiddetta “prova di resistenza”, del tutto omessa dalla ricorrente/appellata (cfr., fra le ultime, Cass. civ., sez. trib., 6 aprile 2022, n. 11110).
7) La contribuente non ha ragione per dolersi della mancata indicazione dei criteri applicati per il calcolo degli interessi, poiché tali criteri, in materia tributaria, sono predeterminati ex lege; eventuali carenze motivazionali dell’avviso di accertamento sotto tale profilo non sono idonee, pertanto, a determinarne l’illegittimità.
8) La questione inerente alla legittimità della norma che prevede la debenza dell’aggio anche nel caso in cui l’agente della riscossione non abbia svolto prestazioni effettive è già stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 120 del 10 giugno 2021.
9) Infine, è infondata anche la censura di illegittimità delle sanzioni applicate nella fattispecie per difetto di motivazione in quanto, laddove le sanzioni siano irrogate contestualmente all’avviso di accertamento e non con atto separato, non sussiste alcun obbligo di motivazione.
In accoglimento dell’appello dell’Ufficio, pertanto, la sentenza di primo grado deve essere riformata e, per l’effetto, va integralmente confermato l’impugnato avviso di accertamento.
La natura della controversia e la relativa novità di alcune questioni affrontate giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Liguria, Sezione 3, accoglie l’appello dell’Ufficio e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, conferma l’impugnato avviso di accertamento. Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
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