Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna, sezione n. 3, sentenza n. 30 depositata il 12 gennaio 2024
L’art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973, in virtù del quale versamenti e prelevamenti bancari danno origine ad una presunzione legale relativa di maggior reddito non dichiarato, salva la prova contraria a carico del contribuente, deriva dall’applicazione in campo tributario dei principi generali fissati negli artt. 2727 e 2728 c.c. La legge trae, infatti, tale presunzione da un fatto noto, come il versamento o il prelevamento bancario, per risalire a un fatto ignorato, come l’occultamento di reddito, dispensando da qualunque prova il fisco, a cui favore è stabilita. Di conseguenza tale “presunzione legale” non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica dimostrazione che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. C. O. propone appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Sassari sez. I n. 423/01/2022 del 28/04/2022, depositata in data 06/05/2022 , con la quale era stato respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento n. TW9018D 006280 del 09/06/2020 , avente ad oggetto il mancato pagamento delle maggiori imposte per l’anno impositivo 2016, della somma complessiva di euro 689.003,55.
L’avviso di accertamento impugnato trae origini dalle risultanze di una verifica ispettiva posta in essere dai militari della Guardia di Finanza conclusosi con PVC, notificato in data 09/06/2020, che accertava maggiori redditi non dichiarati per gli anni d’imposta 2016, 2017 e 2018. In particolare per l’annualità 2016 sono stati accertati maggiori redditi non dichiarati nella misura di euro 1.117.061,33, tenuto conto di € 1.534,00 dichiarati. L’odierno appellante contesta la sentenza di primo grado per i seguenti motivi:
1. “ERROR IN PROCEDENDO”: VIOLAZIONE/FALSA/OMESSA APPLICAZIONE DELL’ ART. 36, D. LGS. 546/92 E 132 N. 4 CPC – TOTALE ED ACRITICA ADESIONE, DA PARTE DEL GIUDICE DI PRIMAE CURAE, AL CONTENUTO DELLE CONTRODEDUZIONI DELL’UFFICIO, NON ASSOLVENDO COSÌ AL PROPRIO OBBLIGO MOTIVAZIONALE DELLA SENTENZA;
2. “ERROR IN PROCEDENDO” – VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE ARTT. 115 E 116 CPC – OMESSA VALUTAZIONE DI ELEMENTI DI PROVA RILEVANTI AI FINI DEL GIUDIZIO 3. “ERROR IN PROCEDENDO E IN IUDICANDO”: OMESSA VALUTAZIONE DELL’ESITO DEL GIUDIZIO DEL TRIBUNALE DEL RIESAME – VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE ARTT. 112 , 115 E 116 CPC 4. “ERROR IN PROCEDENDO E IN IUDICANDO”: ILLEGITTIMA E/O ERRONEA DEFINIZIONE DELLE SPESE DI LITE DI PRIMO GRADO, LIQUIDATE PERALTRO IN MANIERA SUPERIORE A QUANTO RICHIESTO DA CONTROPARTE.
In via devolutiva, l’appellante ripropone nel presente grado del giudizio le medesime contestazioni mosse nel giudizio di primo grado e non accolte dai Giudici di prime cure, ribadendo che nessuna delle n. 9 movimentazioni in entrata contestate hanno alcuna rilevanza ai fini reddituali poiché tutte collegabili a corrispondenti movimenti in uscita. Si costituisce in giudizio l’Agenzia delle Entrate che contesta la fondatezza dei motivi di appello e ribadisce la correttezza della sentenza impugnata.
Con atto del 18/12/2023 i difensori del sig. C. O. presentano memorie illustrative, con le quali ribadiscono la fondatezza dei motivi di appello, alla luce anche dell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Sassari del 30.07.2022, che sul punto specifico in esame ha ritenuto i movimenti non rilevanti dal punto di vista reddituale. Nella pubblica udienza del 08/01/2024 sono comparse entrambe le parti che hanno ribadito la fondatezza delle rispettive ragioni.
Nella camera di consiglio del 08/01/2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ritiene che il ricorso in appello sia parzialmente fondato.
Il primo ed il terzo motivo di appello, che sono trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono privi di fondamento. il Collegio ritiene che il Giudice di prime cure abbia motivato in modo chiaro, univoco ed esaustivo sulle questioni oggetto della decisione. Il difetto di motivazione è stato ravvisato soltanto nell’ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della “ratio” della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un iter argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, sì da risolversi in una “non-motivazione” (Cass.12321/2018; Cass. 6986/2007).
In particolare la Suprema Corte, con sentenza n. 27435 del 1 dicembre 2020 , ha avuto recentemente modo di riaffermare che “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. 24452/18; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017; Cass. Sez. U , Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 ).
Il Collegio ritiene che nessuno dei vizi appena richiamati sia ravvisabile nel contenuto della sentenza di primo grado in esame. Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Provinciale di Sassari ha dato conto nella sentenza impugnata, in modo compiuto e lineare, su tutte le varie doglianze del ricorrente, giungendo a conclusioni che appaiono, secondo un criterio logico, soddisfare i principi di completezza, di causalità logica e di non contraddizione. Il Collegio pertanto non ravvisa nessun vizio nella motivazione tale da non consentire la comprensione e di conseguenza ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice.
Il secondo motivo di appello è parzialmente fondato. In via preliminare il Collegio osserva che, secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, da ultimo ribadita con Cassazione civile sez. trib., 27/11/2019, n.30941 , “ai sensi dell’ art. 654 c.p.p. , l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poichè in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna: quindi, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può (più) attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente e, pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in detta materia, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare” (ex plurimis, Cass. nn. 10945 del 2005, 2499 del 2006, 5720 del 2007, 1014 del 2008; n. 16238 del 2009; Sez. 5, Sentenza n. 3724 del 17/02/2010 ; Sez. 5, Sentenza n. 8129 del 23/05/2012 ). Pertanto nessuna efficacia diretta può derivare dall’esistenza di pronunzie di altri Collegi giudicanti in sede penale, civile, contabile o amministrativa, sebbene riguardanti lo stesso soggetto ed i medesimi fatti su cui verte il presente giudizio tributario.
Peraltro il Collegio osserva che la pronunzia del Giudice penale di cui si tratta, e cioè l’ordinanza del 30 luglio 2020 del Tribunale di Sassari, Sezione penale, che ha parzialmente annullato il precedente procedimento cautelare, forma una sorta di cd giudicato cautelare, il cui effetto è però differente dal giudicato in senso stretto. L’efficacia delle misure cautelari e’ infatti intimamente connessa alla sussistenza ed alla permanenza delle condizioni di applicabilità, mentre il concetto di giudicato attiene a situazioni che hanno assunto il crisma della immutabilità e definitività.
Con riguardo agli effetti delle pronunce in materia cautelare, quindi, più che di “giudicato” si parla di una preclusione endoprocessuale, che opera allo stato degli atti, nel senso che dipende dal permanere della situazione di fatto presente al momento della decisione. In tale senso la Suprema Corte ha, in particolare, affermato che, in tema di giudicato cautelare, la preclusione conseguente alle pronunzie emesse nel procedimento incidentale di impugnazione ha una portata più ristretta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, coprendo solo le questioni dedotte ed effettivamente decise ed essendo limitata allo stato degli atti, sicché l’allegazione di un mutamento della situazione processuale impone un nuovo esame della vicenda (Sez. 3, n. 24256 del 21/04/2023 ).
Può costituire ad esempio “elemento nuovo”, idoneo a superare l’effetto preclusivo derivante dal cd. giudicato cautelare, formatasi sulle questioni esplicitamente o implicitamente già dedotte, la consulenza tecnica che riesamini dal punto di vista tecnico-scientifico il tema generale di accertamento già valutato da una pregressa ordinanza cautelare di rigetto, non impugnata, al fine di superare i dubbi e le incertezze della precedente analisi (Sez. 5, n. 17971 del 07/02/2020; Sez. 3, n. 50496 del 23/11/2023 ).
Ciò premesso, il Collegio ritiene che il recupero dell’imposta portato dall’avviso di accertamento impugnato è in parte legittimo poiché il contribuente ha solo in parte fornito idonea documentazione probatoria atta a dimostrare la fondatezza delle proprie ragioni. In generale il Collegio osserva che la presunzione legale ricavabile dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 , , in virtù della quale versamenti e prelevamenti bancari danno origine ad una presunzione legale relativa di maggior reddito non dichiarato, salva la prova contraria a carico del contribuente, deriva dall’applicazione in campo tributario dei principi generali fissati negli artt. 2727 e 2728 c.c. , giacchè si tratta di presunzione che la legge trae da un fatto noto (versamento o prelevamento bancario) per risalire a un fatto ignorato (occultamento di reddito), dispensando da qualunque prova il fisco, a cui favore è stabilita.
Ed in tale contesto, la Corte di Cassazione 30/11/2009 n. 25142 ha statuito che “a prescindere dalla procedura di raccolta seguita, i dati bancari legittimamente acquisiti sono idonei a fondare la suddetta presunzione”.
La Suprema Corte ha poi recentemente chiarito che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 prevedono una “presunzione legale” in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’ art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze ( Cass., sez. 5, 30 giugno 2020, n. 13112 ), a tal fine non essendo sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti (Cass. 1739/2007; 13818/2007; 9146/2010; 21303/2013).
Ciò premesso, venendo alle singole operazioni contestate dai verificatori, il Collegio osserva quanto segue:
1. MOVIMENTAZIONE N. 1 (EURO 2.666,57) e MOVIMENTAZIONE N. 5 (EURO 35.000,00).
La doglianza dell’odierno appellante è fondata in quanto entrambi i bonifici sono privi di rilevanza reddituale.
I bonifici sono stati infatti disposti da un c/c italiano aperto su Banca Fideuram n. IT29P0329601601000064359663 intestato al contribuente Chimenti Oberdan, a beneficio di un altro c/c sempre intestato al Chimenti Oberdan presso la banca maltese SataBank n. MT21STBA19116000000001002735271.
Entrambi i bonifici riportano la causale «GIROCONTO». Il primo bonifico da euro 2.666,57, in particolare, è stato disposto in data 22.12.2016 dal c/c Fideuram e ricevuto in pari data sul conto SataBank, come da estratto del conto corrente bancario prodotto in giudizio. Il secondo bonifico da euro 35.000,00, parimenti, è stato disposto in data 24.05.2016 dal c/c Fideuram e ricevuto in pari data sul conto SataBank, come da estratto del conto corrente bancario prodotto in giudizio.
2. MOVIMENTAZIONE N. 2 (EURO 399.928,76) La doglianza dell’odierno appellante sul punto è priva di fondamento e pertanto l’avviso di accertamento impugnato è su tale punto legittimo. Il contribuente asserisce che l’operazione in entrata del 02.12.2016 di euro 399.928,76 è direttamente connessa con quella in uscita del 29 novembre 2016 di euro 400.000,00. Il Sig. Chimenti avrebbe disposto un bonifico in favore di un proprio conto corrente acceso presso una banca stabilita negli Emirati Arabi, mediante servizio money tranfer della ING BELGIUM SA, bonifico che per motivi tecnici non sarebbe stato accettato dai circuiti bancari, con conseguente riaccreditamento avvenuto al netto delle commissioni. Il Collegio ritiene che sul punto il contribuente non ha fornito prova analitica di quanto sostenuto. In primo luogo non è indicata la causale del bonifico. Il contribuente non fornisce poi alcuna indicazione sulla Banca degli Emirati Arabi da dove sarebbe stato disposto il bonifico né il numero di conto corrente di cui il contribuente sarebbe stato intestatario.
Il contribuente non ha poi motivato gli asseriti motivi tecnici per cui tale bonifico non sarebbe andato a buon fine e per quali motivi il ritrasferimento è poi avvenuto in altra Banca rispetto a quella degli Emirati Arabi da cui era inizialmente stato disposto il trasferimento.
3. MOVIMENTAZIONE N. 3 (EURO 178.000,00) La doglianza dell’odierno appellante è fondata in quanto entrambi i bonifici sono privi di rilevanza reddituale. L’operazione in entrata del 14 ottobre 2016 di euro 178.000, che reca nella causale la dicitura “reversal”, si riferisce chiaramente allo storno dell’operazione in uscita, in pari data e per il medesimo importo, della disposizione a favore della BDO Chartered Accountants and Advisors.
4. MOVIMENTAZIONE N. 4 (EURO 200.000,00) La doglianza dell’odierno appellante sul punto è priva di fondamento e pertanto l’avviso di accertamento impugnato è su tale punto legittimo. Il contribuente asserisce che, con l’operazione in entrata del 06.07.2016, avrebbe ricevuto euro 200.000,00 da parte della Malta Yacht World Trading Ltd a titolo di acconto sui dividendi (interim dividend) di spettanza ai soci sulla base degli utili in formazione. La causale del bonifico è infatti “internal dividend”. L’acconto su dividendi sarebbe stato versato per un mero errore materiale sul conto corrente del Sig. C., in quanto all’epoca dei fatti, il contribuente non era socio della Maori Yacht World Trading Ltd e non aveva pertanto diritto a ricevere dividendi.
Successivamente, il contribuente, resosi conto di non avere diritto all’acconto sui dividendi poiché non socio della Maori Yacht World Trading Ltd, restituisce la somma di € 200.000,00 in data 12.12.2016.
Il Collegio ritiene che sul punto il contribuente non ha fornito prova analitica di quanto sostenuto. In particolare non è fornita alcuna documentazione, di provenienza anche della società Maori Yacht World Trading Ltd, che possa confermare quanto asserito, e cioè che si tratti di somme indebitamente erogate e questo anche in considerazione della rilevanza dell’importo e del notevole lasso di tempo intercorso tra i due movimenti bancari.
Conseguentemente, in assenza di documentazione probatoria idonea a provare la natura dell’operazione, non trova applicazione al caso in esame al disciplina l’ art. 10 del DPR 917/1986 .
5. MOVIMENTAZIONE N. 6 (EURO 3.000,00) La doglianza dell’odierno appellante sul punto è priva di fondamento e pertanto l’avviso di accertamento impugnato è su tale punto legittimo. Il contribuente asserisce che l’accredito di euro 3.000,00 del 07.01.2016 si riferisce “verosimilmente” allo stipendio del mese di dicembre 2015, erogato “a saldo delle competenze di dicembre 2015 e tredicesima 2015, e a parziale acconto per la mensilità di gennaio”.
Il Collegio ritiene che sul punto il contribuente non ha fornito prova analitica di quanto sostenuto in considerazione anche che il bonifico non riporta nessuna causale.
6. MOVIMENTAZIONI N. 7, 8 e 9 (COMPLESSIVI EURO 300.000,00) La doglianza dell’odierno appellante è fondata in quanto i bonifici sono privi di rilevanza reddituale. Il contribuente in data 11.12.2015 ha richiesto alla Deutsche Bank l’emissione di n. 4 assegni circolari, da emettere presso il suo c/c n. IT36R0310484980000000821999, uno da € 200.000,00, uno da € 50.000,00, uno da € 30.000,00 ed uno da € 20.000,00, per un totale di € 300.000,00, assegni che poi sono stati riversati nel medesimo c/c nei successivi mesi di gennaio e febbraio 2016, come da documentazione bancaria prodotta in giudizio.
Si tratta esattamente della medesima operazione poiché gli assegni circolari riversati nel conto corrente bancario sono i medesimi.
Vi è quindi esatta corrispondenza ed identità tra le operazioni economiche.
Il quarto motivo di appello è assorbito.
Il parziale accoglimento delle ragioni dell’appellante è giusta causa di compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sardegna sezione III di Sassari, a parziale conferma della sentenza impugnata, accoglie parzialmente il ricorso in appello del sig. C. O. per come in parte motiva.
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