AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 dicembre 2021, n. 882
interpello ordinario – costo relativo alla chiusura anticipata di un punto vendita di una società estera controllata – inerenza – IRES e IRAP
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, “Società”) presenta un’istanza di interpello ordinario ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della L. n. 212 del 2000, volto a conoscere il corretto trattamento fiscale da applicare ad un costo sostenuto in relazione alla chiusura anticipata di un punto vendita di una società estera controllata dalla Società ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Nell’istanza, la Società afferma di essere un soggetto OIC-adopter con esercizio sociale avente durata coincidente con l’anno solare e di essere controllata dalla ….
La Società sottolinea di essere titolare dei rinomati marchi … (di seguito, entrambi indicati come “marchio X”), aventi rilievo su scala internazionale; nello specifico, la Società si occupa dello sviluppo, produzione e commercializzazione di …, nonché di tutte le attività correlate all’implementazione, mantenimento e tutela del marchio X , del coordinamento e della gestione, in via diretta o indiretta, della catena mondiale di … a medesimo marchio.
In relazione alla specifica questione contenuta nell’istanza in esame, la Società fa presente di operare, nell’ambito del mercato statunitense, attraverso la società, totalmente controllata ALFA USA, che gestisce in loco, direttamente o per il tramite di sue controllate locali, i punti vendita a marchio X.
La Società sottolinea che, alla fine del 20xx, tenuto conto dei risultati (ritenuti poco confortanti) della gestione di detti punti vendita e nell’ambito di una rinnovata strategia commerciale conseguente all’integrazione nel Gruppo, questo ha deciso di dismettere i punti vendita a marchio X presenti sul territorio statunitense, recedendo anticipatamente dai contratti di locazione in essere, per poi procedere alla successiva messa in liquidazione volontaria della società.
Nello specifico, la Società rileva che, in data 6 gennaio 20yy, ALFA USA ha firmato (ancorché tale accordo – la Società sottolinea – sia stato formalizzato unicamente in data 6 gennaio 20yy, l’operazione era stata già definita alla fine del 20xx) un accordo di estinzione anticipata del contratto di locazione intercorrente con la società BETA (di seguito, rispettivamente, “termination agreement” e “locatore”), concordando con quest’ultima il pagamento dell’importo di USD xxx a titolo di corrispettivo per il recesso anticipato (di seguito, “termination fee”).
In mancanza delle disponibilità economiche e finanziarie da parte di ALFA USA per far fronte a tali costi e al fine di rendere possibile la risoluzione anticipata dei rapporti locatizi e, al contempo, scongiurare che ALFA USA potesse incorrere in procedure concorsuali o similari, la Società ha deciso di intervenire nell’esecuzione degli accordi raggiunti con il locatore facendosi carico della predetta termination fee, oltre a talune ulteriori minime incombenze, per un totale di USD xxx (cfr. la disposizione bancaria di pagamento della termination fee da parte della Società – allegata sub n. 6 all’istanza).
La Società sottolinea di aver provveduto, in applicazione dei corretti principi contabili, a iscrivere detto onere come costo per servizi d’esercizio e, in particolare, tra le specie di pubblicità, per complessivi euro xxx (cfr. l’estratto del bilancio d’esercizio allegato sub n. 3 all’istanza).
Con riguardo all’operazione sopra descritta, la Società chiede alla Scrivente chiarimenti in merito al corretto trattamento fiscale applicabile alla termination fee e, nello specifico, il quesito formulato attiene “alla possibilità di qualificare correttamente sotto il piano fiscale il costo afferente alla medesima [termination fee] come un componente negativo di reddito deducibile ai fini dell’IRES nel periodo d’imposta di competenza ex art. 83 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito anche “TUIR”), nonché rilevante ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, anziché come un “apporto atipico” non deducibile ai fini IRES ai sensi dell’art. 94, comma 6, del medesimo Testo Unico, fermo il suo concorso alla determinazione del valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP” (così pag. 4 dell’istanza).
Con nota del …, la Scrivente ha formulato una richiesta di documentazione integrativa. Con nota del …, la Società ha risposto a tale richiesta (di seguito, “documentazione integrativa”).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che la termination fee, rilevata nel conto economico relativo al bilancio d’esercizio chiuso al 31 dicembre 20xx tra i costi per servizi, vada qualificata anche agli effetti fiscali come un costo dell’esercizio – e non come apporto – e che conseguentemente sia deducibile ai fini dell’IRES e dell’IRAP (nel periodo d’imposta 20xx).
Secondo la Società, dunque, il costo in questione andrebbe qualificato come costo del conto economico, non potendo dar luogo né a una voce creditoria né a una posta di apporto, in aderenza ai corretti principi contabili applicabili.
In primo luogo, la Società sottolinea che il suo adempimento dell’obbligazione assunta da ALFA USA nei confronti del locatore vada ricondotto, sul piano giuridico, alla fattispecie dell’adempimento del terzo ex articolo 1180 del codice civile.
Richiamando precedenti della Corte di Cassazione e il concreto esplicarsi degli eventi che hanno portato a tale adempimento/pagamento, la Società esclude che la fattispecie in esame possa essere ricondotta a una surrogazione per volontà del creditore di cui all’articolo 1201 del codice civile o a una surroga per volontà del debitore di cui all’articolo 1202 del codice civile o a una surroga legale ex articolo 1203 del codice civile.
In considerazione di quanto sopra, dunque, tanto a livello civilistico quanto contabile non può ritenersi sussistere alcun diritto di credito in favore della Società nei confronti di ALFA USA per effetto del pagamento della termination fee.
In secondo luogo, la Società esclude che la descritta operazione possa essere qualificata come un apporto tipico o come un apporto atipico (conseguente alla rinuncia ad un credito vantato dalla Società nei confronti della Società).
La Società sottolinea che nel caso in esame non è individuabile alcuna volontà di ricapitalizzare ALFA USA. Un simile intendimento non potrebbe essere desumibile dal mero fatto del pagamento della termination fee, tenuto conto che (i) della situazione economica e finanziaria di ALFA USA ben ulteriori impegni sarebbero necessari ai fini di un suo risanamento stante le difficoltà economica e finanziaria in cui questa si trova e che (ii) è intenzione della Società procedere alla successiva messa in liquidazione volontaria di ALFA USA, di cui la chiusura dei punti vendita rappresenta unicamente il primo step.
La Società rileva, inoltre, che la scelta di intervenire in favore della propria controllata, tutt’altro che rispondere ad una finalità di patrimonializzazione di quest’ultima, attiene unicamente alla necessità di tutela e salvaguardia del rinomato marchio X di cui essa è titolare.
Dunque, la Società ritiene che, in applicazione dei corretti principi contabili, la termination fee vada necessariamente qualificata come costo d’esercizio avente impatto sul conto economico.
Per la Società, la qualificazione come costo dell’esercizio assumerebbe rilevanza anche ai fini IRES per effetto dell’articolo 83 del TUIR, al pari della sua inerenza all’attività della Società.
In relazione all’aspetto dell’inerenza del costo in esame, la Società precisa che questa vada senz’altro ravvisata anche in considerazione del fatto che il pagamento della termination fee ha determinato altresì un tangibile risparmio quantificabile in almeno USD xxx, di cui si è senz’altro avvantaggiata la Società. Infatti, lo scioglimento del lease agreement di ALFA USA ha consentito di evitare il versamento di canoni di locazione futuri per un ammontare almeno pari a USD xxx (comprensivo di taluni oneri accessori), il cui onere, tenuto conto delle condizioni economico/finanziarie della propria controllata, sarebbe in ogni caso ricaduto sulla Società (con la conseguente richiesta di esborsi ben maggiori al fine di evitare il verificarsi delle conseguenze pregiudizievoli, anche reputazionali, sopra indicate).
Infine, la Società ritiene che, ai fini dell’IRAP, vada affermata la piena rilevanza del costo in questione ai fini della determinazione del valore della produzione netta valevole, posto che il costo in esame (una spese di pubblicità) non rientra in una delle voci escluse (voci B9, B10, lettere c) e d), B12 e B13) in base all’articolo 5, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 né tantomeno in una delle fattispecie di cui al comma 3 del citato articolo 5.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Occorre premettere che la presente risposta non implica alcuna verifica della correttezza contabile della rilevazione e della riconduzione tra le spese di pubblicità del componente negativo di USD (i.e. la termination fee), operate in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 20xx in quanto ciò non rientra tra le competenze della scrivente in sede di risposta alle istanze di interpello. Inoltre, la valutazione circa l’eventuale qualificazione di tale componente come “apporto” tipico/atipico non può essere oggetto di esame in questa sede anche perché una simile valutazione già risulta compiuta dalla Società, anteriormente alla presentazione dell’istanza di interpello, all’atto dell’approvazione del bilancio sopra richiamato e dell’apposizione di tale “componente” tra i costi di esercizio.
Con l’istanza in esame, la Società chiede sostanzialmente se l’onere economico (costo) sostenuto direttamente a favore di una società controllata al fine di concludere anticipatamente e in via transattiva un contratto di locazione immobiliare ma indirettamente volto alla salvaguardia dell’immagine e alla reputazione del marchio X ovvero per evitare un danno all’immagine del marchio sul mercato (quello nordamericano) ove la detta controllata opera, possa considerarsi deducibile ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) e rilevante per la determinazione del valore netto della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
In base alle argomentazioni contenute nell’istanza, il costo in questione – rappresentato, appunto, dall’onere conseguente ad un accordo concluso per l’anticipata risoluzione di un contratto di locazione – deriverebbe dalla volontà della Società di intervenire, in favore (diretto) della propria controllata, non al fine di patrimonializzarla (vista la dichiarata intenzione di liquidarla), ma allo scopo (indiretto) di tutelare e di salvaguardare il prestigio del marchio (il marchio X, appunto) di cui è titolare la stessa Società sul mercato in cui la controllata opera.
Infatti, secondo la Società, essendo “la chiusura dei noti punti vendita – divenuti negli anni ormai un punto di riferimento per i consumatori – … sempre accompagnata da una notevole risonanza mediatica” la Società, attraverso il proprio intervento (economico) a favore di ALFA USA, intenderebbe evitare un danno e, più in particolare, “un danno reputazionale per il marchio X”, che deriverebbe dal ricorso, per iniziativa del locatore o della stessa ALFA USA (in forza dei locali obblighi di legge), a procedure concorsuali (così pagg. 7, 8 e 11 dell’istanza).
Ciò posto, va rilevato che sulla base degli elementi forniti alla scrivente anche in sede di documentazione integrativa, emerge tra l’altro che “non sussistono accordi formalizzati aventi ad oggetto la concessione dell’utilizzo del marchio X in favore di ALFA USA e che i … rapporti [della Società] con ALFA USA relativi alla distribuzione dei prodotti a marchio X – nell’ambito dei quali l’istante si occupa anche delle strategie relative alle attività di commercializzazione e di marketing – sono regolati sulla base di un listino di riferimento applicabile nei confronti di soggetti terzi” (così pag. 4 della documentazione integrativa).
In proposito, giova ricordare che, come rilevato dalla prassi amministrativa e della giurisprudenza di legittimità, in tema di deducibilità dei costi, l’onere della prova della sussistenza del requisito di inerenza di un componente negativo di reddito spetta al contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (cfr. recentemente Corte di Cassazione, 17 luglio 2018, n. 18904); ossia, spetta al contribuente dimostrare la riferibilità di un costo all’attività dell’impresa (cfr., ex multis, la Risoluzione n. 196/E del 16 maggio 2008) ovvero all’oggetto sociale dell’impresa in quanto l’inerenza non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo bensì una correlazione tra costo ed attività d’impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile (cfr. tra le tante, Corte di Cassazione, ord., 20 novembre 2020, n. 26474).
Nel caso di specie, dal contenuto dell’istanza e della documentazione integrativa emerge che l’onere economico in questione non appare riconducibile, in via diretta ed immediata, ad alcuna attività della Società essendo sostenuto a fronte della conclusione di una transazione in cui è coinvolta esclusivamente la controllata ALFA USA, nella quale la Società interviene per il solo pagamento della somma concordata (senza, invece, intervenire nell’accordo tra ALFA USA e il locatore, BETA, e senza nulla pretendere nei confronti della prima).
La circostanza evidenziata dalla Società, secondo cui l’inerenza del componente negativo in esame potrebbe desumersi dall’aver evitato, per effetto dell’adempimento dell’obbligazione assunta da ALFA USA, un pregiudizio all’immagine del marchio X di cui la Società è titolare o un danno alla reputazione di questo sul mercato nordamericano, non risulta adeguatamente documentata e, quindi, dimostrata. Infatti, da un lato, il verificarsi di un danno all’immagine e/o alla reputazione del marchio invocato dalla Società viene solo asserito nell’istanza rimanendo detto danno – allo stato – non prevedibile e non quantificabile e, dunque, meramente ipotetico e, per converso, l’utilità perseguita dalla Società non obiettivamente determinabile. Da un altro lato, il nesso tra il fatto temuto (l’apertura di una procedura concorsuale nei confronti di ALFA USA che si pretende di evitare), il danno potenziale invocato (all’immagine e/o alla reputazione del marchio X) e l’onere economico effettivamente sopportato dalla Società (unico dato certo) non viene corroborato da elementi tali da individuare una inequivoca derivazione causale.
Per quanto concerne l’IRAP, occorre ricordare che, a seguito dell’introduzione della c.d. presa diretta dal bilancio, “in linea generale la rilevanza IRAP dei componenti positivi e negativi segue il principio di derivazione dalle voci rilevanti del conto economico. Tuttavia, si evidenzia che un costo che non attenga all’attività d’impresa non può essere dedotto per il semplice fatto di essere stato imputato al conto economico” (cfr. Circolare n. 39/E del 22 luglio 2009 e Circolare n. 36/E del 16 luglio 2009).
Nel caso in esame, non è sufficiente, pertanto, che il costo sia transitato a conto economico, ma è necessario dimostrare un’attinenza diretta del componente negativo in questione all’attività d’impresa svolta dalla Società nei termini sopra esposti. In definitiva non essendo stata fornita tale dimostrazione, come sopra evidenziato a proposito della deducibilità del costo ai fini IRES, si ritiene che il flusso di denaro a favore della controllata (ancorché risulti imputato a conto economico) non sia deducibile ai fini della determinazione del valore netto della produzione.
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