La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15439 depositata il 21 giugno 2017 intervenendo in tema di accertamento tributario ha affermato che il professionista che emette una fattura nel periodo di imposta successivo l’incasso dell’assegno incorre in un accertamento da parte dell’amministrazione. In particolare i compensi professionali incassati mediante assegno bancario rilevano, ai fini dell’imputazione del principio di cassa per il reddito ed IVA, la data di percezione del titolo di credito, essendo ininfluente la data valuta assegnata dall’istituto bancario, ovvero quella dalla quale iniziano a decorrere gli eventuali interessi.
Per i professionisti l’articolo 54 comma 1° del TUIR (DPR 917/86) dispone che il reddito di lavoro autonomo è determinato in base al principio di cassa a mente del quale il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute.
La vicenda ha riguardato un ingegnere a cui un cliente consegnava, per il pagamento del compenso, un assegno bancario il 30 dicembre e versato nello stesso anno sul conto corrente con valuta il 10 gennaio dell’anno successivo. Il professionista aveva proceduto ad emettere fattura e dichiarare il compenso nell’anno successivo. L’Agenzia delle Entrate contesta al professionista la mancata emissione, nei termini della fattura ed il mancato inserimento tra i compensi delle somme ricevute nella dichiarazione di competenza in violazione del principio di cassa.
Il professionista avverso l’atto impositivo notificatogli propone ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accolgono le doglianze del contribuente. L’Amministrazione finanziaria avverso la decisione dei giudici di prime cure proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello avevano ritenuta legittima la ripresa a tassazione per l’anno 2004 con riferimento a compensi percepiti dal professionista il 30 dicembre 2004, ma fatturati l’anno successivo, ritenne tuttavia di non dover applicare le sanzioni, in quanto il professionista, in perfetta buona fede, aveva regolarmente fatturato il compenso e corrisposto le imposte dovute.
Avverso la decisione di appello il contribuente propone ricorso in cassazione fondato su un unico motivo. Il contribuente propone controricorso ed appello incidentale fondati su un unico motivo.
Gli Ermellini respingono il controricorso ed appello incidentale del contribuente accogliendo, invece, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. In particolare i giudici di legittimità hanno precisato che ” è corretto il rilievo dell’Amministrazione finanziaria secondo cui detto momento individua solo quello della decorrenza degli interessi e non già la disponibilità della somma che, in caso di pagamento a mezzo di assegno bancario, va fissata al momento della percezione del titolo di credito da parte del prenditore dell’assegno, ciò che è avvenuto pacificamente il 30 dicembre 2004, in tal senso essendo del tutto ragionevole il richiamo all’analoga indicazione di cui alla circolare n. 38 del 23 giugno 2010 dell’Agenzia delle Entrate.”
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