AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 22 dicembre 2021, n. 855
Esportazione definitiva senza trasferimento del diritto di proprietà – Presunzione di cessione di beni ex art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441 – Oneri documentali
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante, Alfa S.p.A., a capo del “Gruppo Alfa”, è specializzata nella progettazione e realizzazione di sistemi di videocitofonia, videosorveglianza, antintrusione, automazione domestica, controllo accessi e antincendio.
La lavorazione dei “prodotti Alfa” viene effettuata in larga parte ad Hong Kong presso il fornitore Beta, il quale, per la lavorazione e produzione del prodotto finale, utilizza:
– componenti e altro materiale di proprietà della società istante che quest’ultima spedisce presso la sede estera del fornitore extra UE;
– componenti e altro materiale che la società istante acquista presso altri fornitori esteri e che questi ultimi provvedono a spedire direttamente presso la sede estera del fornitore extra UE (mediante ordinarie operazioni triangolari);
– componenti e altri materiali di proprietà dello stesso fornitore Beta.
Terminata la lavorazione e produzione, i prodotti finiti (“prodotti compensatori”) vengono acquistati ed importati in Italia dalla società istante.
La società istante finora ha venduto al fornitore extra UE i componenti ed i materiali necessari per la lavorazione e produzione dei prodotti finiti, realizzando operazioni di esportazione sia ai fini doganali che ai fini IVA. Così facendo, tuttavia, è spesso incorsa in difficoltà di carattere finanziario, dovute ai ritardi nei pagamenti da parte di Beta e, di contro, alla necessità di pagare immediatamente il medesimo fornitore per l’acquisto dei prodotti compensatori.
Pertanto, non potendo utilizzare la procedura della “esportazione temporanea” (c.d. “perfezionamento passivo”), in ragione dell’impossibilità di effettuare un preciso riconoscimento della componentistica, è sua intenzione ricorrere alla procedura della “esportazione definitiva senza trasferimento del diritto di proprietà”, che costituisce un’esportazione ai soli fini doganali e non anche ai fini IVA.
Ricorrendo a tale procedura, la società istante non dovrà, all’atto del trasferimento della componentistica, emettere fattura in regime di non imponibilità, ai sensi dell’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e non assumerà la qualifica di “esportatore abituale” ai fini IVA, né le operazioni sopra descritte confluiranno nel plafond per l’acquisto e l’importazione di beni e servizi senza applicazione dell’imposta.
L’imponibilità ai fini IVA si realizzerà, quindi, soltanto al momento della reimportazione, da parte della società istante, dei “prodotti compensatori” destinati alla vendita.
Tali considerazioni sono in buona sostanza ripetibili anche con riferimento alle “operazioni triangolari”, in cui i componenti e altro materiale da spedire ad Hong Kong presso il fornitore Beta non sono già di proprietà della società istante ma vengono da quest’ultima acquistati da fornitori UE e da questi ultimi direttamente spediti ad Hong Kong.
Anche nei casi in cui i componenti e altro materiale (che verranno poi utilizzati dal fornitore Beta per la realizzazione dei “prodotti compensatori”) siano acquistati dalla società presso fornitori extra UE e da questi ultimi direttamente trasportati o spediti presso il medesimo fornitore per la relativa lavorazione, l’imponibilità ai fini IVA si realizzerà sempre al momento dell’importazione dei “prodotti compensatori”.
Ciò posto, con riguardo alle descritte operazioni ed al fine di vincere la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441, la società istante chiede quale sia la documentazione da predisporre e quali siano le modalità di conservazione e registrazione della medesima.
In secondo luogo, l’interpellante sottolinea che l’operazione doganale di reimportazione in Italia dei “prodotti compensatori” costituisce un’operazione doganale di immissione in libera pratica di merci terze, assoggettata in dogana non solo ai dazi doganali ma anche all’IVA, trattandosi, per l’appunto, di un’operazione di importazione imponibile.
La determinazione del “valore doganale” imponibile dei prodotti dovrà avvenire in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 69 e seguenti del Regolamento UE 952/2013 (Codice Doganale dell’Unione) e dei successivi Regolamenti delegati e di esecuzione, nonché in forza delle disposizioni di cui all’art. 69 del d.P.R. n. 633 del1972.
In particolare, l’IVA da assolvere in dogana dovrà essere calcolata su di una base imponibile, tra l’altro, comprensiva:
– del valore dei componenti e altro materiale in precedenza inviati (direttamente oppure con operazione triangolare, mediante la procedura dell'”esportazione definitiva senza trasferimento della proprietà”) presso il fornitore Beta per la relativa lavorazione (valore che sarà quello risultante dalla “lista valorizzata” soprarichiamata);
– del valore degli ulteriori componenti e altro materiale che il fornitore Beta ha utilizzato per la lavorazione e produzione dei “prodotti compensatori”, che risulterà dalla fattura emessa dal medesimo fornitore;
– del valore del “servizio di lavorazione” effettuato da Beta, anch’esso risultante dalla fattura.
In particolare, il predetto “servizio di lavorazione”, seppure reso all’estero da Beta, risulterà imponibile in Italia in applicazione delle regole di territorialità di cui all’art. 7-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, essendo ricompreso nella nozione di “servizi generici” resi da un soggetto passivo extra UE, che, ai sensi di tale disposizione, si considerano effettuati nel territorio dello Stato ove è stabilito il committente.
Pertanto, con specifico riferimento al compenso dovuto per il predetto “servizio di lavorazione”, la società istante sarà tenuta ad emettere un’autofattura ai sensi dell’art.17, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, con indicazione dell’IVA, da annotare nel registro delle fatture di acquisto e nel registro delle fatture di vendita.
In ragione di ciò, al fine di evitare una duplicazione dell’IVA dovuta sul valore del “servizio di lavorazione”, considerato che sul relativo valore imponibile si applicherebbe l’IVA assolta in dogana e l’IVA dovuta mediante l’autofatturazione, dopo aver assolto l’IVA in dogana sul “valore pieno” dei “prodotti compensatori” oggetto di reimportazione, inclusivo del compenso per il “servizio di lavorazione”, il soggetto passivo che ha effettuato la reimportazione/committente nazionale dovrà, in ogni caso, emettere l’autofattura con riferimento al solo compenso per il “servizio di lavorazione” reso all’estero dal fornitore extra UE. Tuttavia, al fine di evitare la duplicazione dell’imposta, nell’autofattura non dovrà essere applicata l’IVA, ma dovrà essere indicata la dicitura “IVA assolta in dogana con documento doganale n. xy”.
Nella fattispecie in esame, potrebbe però accadere che la spedizione in Italia di taluni “prodotti compensatori”, da parte del fornitore Beta, venga effettuata “via nave”, comportando tempi di consegna molto lunghi. In tali ipotesi, pertanto, le operazioni di assolvimento dell’IVA in dogana potrebbero essere compiute ben oltre il termine entro cui la società istante (nella veste di soggetto passivo che ha effettuato la reimportazione/committente nazionale) dovrebbe effettuare l’autofatturazione della prestazione relativa al “servizio di lavorazione”, ovvero entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, ai sensi dell’art. 21, comma 4, lett. d), del d.P.R. n. 633 del 1972.
Con riferimento a tali ipotesi, la società istante fa presente che l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, se anteriormente alla reimportazione il soggetto passivo che ha effettuato la reimportazione/committente nazionale avrà già applicato l’IVA sul “servizio di lavorazione” al momento di effettuazione della relativa prestazione imponibile, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, mediante emissione di autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero, al momento della reimportazione il soggetto passivo che ha effettuato la reimportazione/committente nazionale potrà documentalmente dimostrare in dogana l’avvenuto adempimento dell’IVA sul “valore” del “servizio di lavorazione” mediante il predetto meccanismo di autofatturazione.
Qualora, invece, il committente nazionale non sia in grado di dimostrare l’avvenuto assolvimento dell’IVA sulla prestazione di lavorazione, continuerà ad essere applicata la procedura di liquidazione e pagamento dell’IVA in dogana sul “valore pieno” dei “prodotti compensatori”.
Considerato che, nel caso in esame, è altamente probabile che la base imponibile della prestazione relativa al “servizio di lavorazione” che verrebbe indicata nell’autofattura, costituita dall’importo del compenso per tale specifica prestazione risultante dalla fattura emessa dal fornitore Beta, convertito in euro alla data di effettuazione del pagamento, non corrisponda al “valore” di tale “servizio di lavorazione” che verrà calcolato in dogana, anche e soprattutto in considerazione delle differenze di cambio, la società istante sarebbe costretta ad emettere delle successive note di variazione, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, per rettificare le situazioni di “sotto-autofatturazione” oppure di “sovra-autofatturazione”.
Tanto premesso, la società interpellante chiede se, nei casi in cui l’arrivo in dogana dei “prodotti compensatori” sia successivo a quello in cui andrebbe emessa l’autofattura per il relativo “servizio di lavorazione”, sia consentito “attendere” l’arrivo in dogana dei “prodotti compensatori” al fine di assolvere l’IVA, mediante la procedura doganale (ex artt. 69 e ss. del Codice Doganale dell’Unione e dei successivi Regolamenti delegati e di esecuzione, nonché art. 69 del d.P.R. n. 633 del 1972), sul “valore pieno” dei “prodotti compensatori”, comprensivo del “valore” del “servizio di lavorazione” (valore imponibile calcolato, quindi, “senza errori” in dogana), e solo successivamente emettere l’autofattura relativa al solo “servizio di lavorazione”, con la dicitura “IVA assolta in dogana con documento doganale n. xy”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Per quanto riguarda il primo quesito, al fine di vincere la presunzione di cessione ex art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997, la società istante ritiene di dover osservare i seguenti oneri documentali e di registrazione:
– con riferimento ai componenti e altro materiale di proprietà della società istante che verranno spediti dall’Italia ad Hong Kong, presso la sede del fornitore Beta, mediante la predetta procedura della “esportazione definitiva senza trasferimento di proprietà”, la società predisporrà una “lista valorizzata su carta intestata” in formato elettronico, che non ha valenza fiscale ma presenta le caratteristiche proprie di una fattura di vendita, in termini di descrizione del prodotto e di informazioni contenute, e verrà annotata in apposito registro telematico, tenuto e conservato ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972. Verrà inoltre conservata copia della documentazione comprovante la movimentazione verso l’estero della merce de qua, ossia copia del documento di trasporto o di consegna (ex art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 472 del 1996), unitamente ai relativi documenti doganali e di consegna;
– con riferimento alle operazioni triangolari, tramite le quali la società istante acquista componenti e altro materiale da fornitori UE, i quali provvedono a spedirli direttamente al fornitore extra UE (utilizzando sempre la predetta procedura della “esportazione definitiva senza trasferimento di proprietà”), una volta ricevuto il documento/fattura pro-forma emesso dal cedente (fornitore UE), contenente l’indicazione della merce che verrà spedita ad Hong Kong e del relativo prezzo di vendita senza IVA ed effettuato il relativo pagamento, la società istante predisporrà (informato elettronico) la lista valorizzata, che verrà annotata in apposito registro telematico, tenuto e conservato ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972. In aggiunta a ciò, la società istante chiederà al fornitore UE che ha curato la spedizione ad Hong Kong di ricevere copia della documentazione comprovante la movimentazione verso l’estero della merce, ossia il documento di trasporto o di consegna;
– anche con riferimento all’ipotesi in cui i componenti e altro materiale vengano acquistati dalla società istante presso fornitori extra UE e da questi ultimi direttamente trasportati o spediti presso Beta per la relativa lavorazione, una volta ricevuto il documento emesso dal cedente (fornitore extra UE), contenente l’indicazione della merce che verrà spedita ad Hong Kong e del relativo prezzo di vendita senza IVA ed effettuato il relativo pagamento, la società istante predisporrà (in formato elettronico)una lista valorizzata annotata in un apposito registro telematico. In relazione al secondo quesito, la società ritiene che una deroga all’obbligo di emissione dell’autofattura entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, ovvero al momento di ultimazione del servizio o pagamento del corrispettivo, consentirebbe di evitare errori nella determinazione del valore imponibile del “servizio di lavorazione”, nonché le conseguenti discrepanze tra il valore imponibile indicato nell’autofattura e quello determinato successivamente in dogana. Sul punto, la società richiama le disposizioni normative di cui agli articoli 144 e 86, par. 1, lett. b), della 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (“Direttiva IVA”), che esentano le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni il cui valore è compreso nella base imponibile, tra cui le “spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d’importazione, nonché quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella Comunità, qualora quest’ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell’imposta”.
Ad avviso della società istante, sebbene non siano espressamente richiamate, anche le spese per il “servizio di lavorazione” devono ritenersi implicitamente incluse tra le suddette “spese accessorie” così da evitare il rischio di una duplicazione dell’imposta, rientrando nel regime di esenzione previsto dal richiamato articolo 144della Direttiva IVA, in applicazione dell’art. 88 della medesima Direttiva, in forza del quale i beni lavorati in un Paese extra UE devono essere trattati allo stesso modo di una lavorazione effettuata all’interno del territorio unionale.
Parere dell’Agenzia delle entrate
È necessario precisare, preliminarmente, che il parere reso assume, acriticamente, gli schemi delle operazioni rappresentati dalla società istante e che esula da qualsiasi valutazione circa la correttezza degli schemi medesimi rispetto alle procedure dogali, dal momento che tale valutazione non rientra nell’ambito di competenza della scrivente.
Ciò posto, si fa presente che, con nota prot. n. 1248 del 6 maggio 1997, avente ad oggetto il regime doganale applicabile in caso di invio in Paesi terzi di merci per lavorazione, senza trasferimento di proprietà, destinate ad essere reintrodotte sottoforma di prodotti compensatori, il Dipartimento delle Dogane ha precisato che gli operatori economici, in alternativa all’adozione del regime del “perfezionamento passivo”, che consente di esportare temporaneamente merci unionali fuori dal territorio doganale dell’Unione Europea per sottoporle a trasformazione e reimportare i prodotti compensatori in esonero totale/parziale dei dazi all’importazione, possono ricorrere al regime di esportazione definitiva, senza passaggio della proprietà, dei beni oggetto delle operazioni di compensazione. Alla luce dei regolamenti comunitari, infatti, “non sussiste alcun obbligo di ricorrere al regime del perfezionamento passivo, che costituisce un’agevolazione per il richiedente, il quale ha facoltà di farvi o meno ricorso” (cfr. Regolamento CEE n. 2913/1992).
In base ai citati chiarimenti, dunque, è possibile che le operazioni di esportazione per la lavorazione e reimportazione dei prodotti compensatori avvengano alla stregua di un’esportazione definitiva, senza peraltro che le medesime possano comunque considerarsi, ai fini IVA, cessioni all’esportazione ai sensi dell’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (cfr. circolare ministeriale del 15luglio 1999, n. 156).
Per quanto riguarda gli oneri documentali e di registrazione da osservare al fine di superare la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441 (che ha sostituito l’art. 53 del d.P.R. n. 633 del1972), come chiarito dalla circolare 15 luglio 1999, n. 156/E e dalla nota Dipartimento delle Dogane 6 maggio 1997, n. 1248/VII, la presunzione non può considerarsi superata con l’emissione di una fattura “pro-forma”, potendo, tuttavia, essere utilizzato un documento contabile, consistente in un’apposita “lista valorizzata su carta intestata” (elenco descrittivo dei beni con i rispettivi valori) da registrare in uno specifico registro tenuto e conservato ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972. In alternativa, può farsi ricorso anche al documento di trasporto o di consegna, di cui all’art. 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, senza necessità di annotarlo nel predetto registro, in quanto, per comprovare la movimentazione dei beni, è sufficiente la conservazione, a norma del già richiamato art. 39, di idonea documentazione (documenti di trasporto, doganali o contabili).
Inoltre, per garantire la corrispondenza tra effetti fiscali ed effetti civilistici, nonché per evitare ipotesi di vendita fittizia e conseguenti irregolarità fiscali, nelle ipotesi in discussione di invio delle merci in assenza del trasferimento della proprietà, è necessario assicurarsi che, ai fini IVA, l’operazione descritta non appaia come una cessione all’esportazione, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Pertanto, la documentazione presentata dall’esportatore a corredo della bolletta di esportazione definitiva emessa, ovvero la lista valorizzata ed il documento di trasporto, dovrà essere “invalidata” con la dicitura “non valida ai fini dell’art. 8 del d.P.R. n. 633del 1972”. Di conseguenza, non attribuendo la suddetta operazione di “esportazione definitiva senza trasferimento del diritto di proprietà” il beneficio della non imponibilità IVA di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 all’operatore nazionale, essa è da considerarsi irrilevante ai fini della formazione del plafond IVA e del conseguente acquisto in sospensione d’imposta (cfr. risoluzione 22 gennaio 2002, n.19).
Tanto premesso, in relazione al primo quesito formulato nell’istanza, si ritiene condivisibile la soluzione prospettata dalla società interpellante in relazione agli oneri documentali e di registrazione da osservare per vincere la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del d.P.R. n. 441 del 1997 nel caso di invio all’estero (Hong Kong) della componentistica e del materiale per la lavorazione e produzione dei prodotti finiti di proprietà della medesima società istante.
Si è dell’avviso che il sistema documentale proposto dalla società istante per vincere la predetta presunzione di cessione possa considerarsi idoneo, a tal fine, sia nel caso in cui la componentistica e il materiale di proprietà della società istante vengano dalla stessa inviati all’estero per la lavorazione sia nell’ipotesi di operazioni “triangolari” in cui la società acquisti il materiale da fornitori UE o extra UE, che provvedono alla diretta spedizione dei beni ad Hong Kong per la lavorazione dei prodotti finiti di proprietà della società istante. In particolare, in caso di materiale acquistato presso fornitori UE o extra UE, la società dovrà compilare dettagliatamente la “lista valorizzata” dopo aver ricevuto il documento emesso dal fornitore, contenente l’indicazione e la descrizione della merce che verrà spedita ad Hong Kong e del relativo prezzo di vendita senza IVA, nonché dopo aver effettuato il relativo pagamento (a cui si aggiungerebbe, nel caso di spedizione del fornitore UE, anche la documentazione comprovante la movimentazione della merce, ovvero il documento di trasporto o di consegna).
Per quanto attiene al secondo quesito proposto dalla società istante, si fa presente, in linea generale, che la valenza solo doganale e non fiscale dell’esportazione senza trasferimento del diritto di proprietà implica che, all’atto dell’importazione dei prodotti compensatori, la relativa operazione doganale si configuri come “immissione in libera pratica” dei beni medesimi, vale a dire una importazione, il cui valore imponibile, ai fini IVA, va commisurato al valore doganale dei beni importati, comprensivo, quindi, non solo del compenso pattuito per la lavorazione, ma anche del valore dei beni in precedenza esportati, nonché degli altri eventuali apporti utilizzati per l’ottenimento dei beni medesimi e di tutti gli altri elementi da prendere in considerazione, secondo quanto previsto dal Regolamento UE 952/2013 (Codice doganale dell’Unione), ai fini del pagamento dei dazi relativi, nonché dall’art. 67 del d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini dell’applicazione dell’IVA relativa, da determinarsi secondo il successivo art. 69 (cfr. circolare n. 156 del 1999; circolare Agenzia delle Dogane 7 settembre 2011, prot. n. 54819/RU; cfr. in tema di perfezionamento passivo, circolare 29 luglio 2011, n. 37/E, paragrafo 5.1). Pertanto, in linea di principio, anche relativamente al “servizio di lavorazione” reso dal fornitore extra UE, l’IVA deve essere assolta in dogana al momento della reimportazione dei prodotti compensatori. Peraltro, come evidenziato dalla stessa società istante, il servizio di lavorazione reso dal fornitore extra UE Beta è imponibile in Italia, in quanto, in applicazione dei criteri di territorialità di cui all’art. 7-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, detto servizio è inquadrabile nell’ambito dei “servizi generici” resi da un soggetto passivo extra UE che, ai sensi di tale disposizione, si considerano effettuati, ai fini IVA, nel territorio dello Stato ove è stabilito il committente (i.e. la società istante). Pertanto, al momento di effettuazione della prestazione di lavorazione, la società istante sarà tenuta ad emettere un’autofattura ai sensi dell’art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 (c.d. reverse-charge esterno), con indicazione dell’IVA, da registrare nel registro delle fatture di acquisto e nel registro delle fatture di vendita (cfr. circolare n. 37/E del 2011, par. 5.1).
Al fine di evitare effetti distorsivi, con la circolare n. 37/E del 2011 è stato precisato che, ove il committente, anteriormente alla reimportazione, abbia già applicato l’IVA sulla lavorazione tramite emissione di autofattura ovvero integrazione della fattura del fornitore estero, al momento della reimportazione potrà documentalmente dimostrare l’avvenuto adempimento e, in tal caso, dall’IVA calcolata in dogana dovrà essere sottratta l’imposta già assolta per effetto del predetto meccanismo di autofatturazione della prestazione di lavorazione. Diversamente, nel caso in cui l’avvenuto assolvimento dell’IVA non possa essere dimostrato, dovrà essere applicata la procedura che prevede la liquidazione e l’assolvimento dell’IVA in dogana all’atto della reimportazione.
Ciò posto, non si ritiene condivisibile la soluzione proposta dalla società istante, in base alla quale nei casi in cui l’arrivo in dogana dei “prodotti compensatori” sia successivo a quello in cui andrebbe emessa l’autofattura per il relativo “servizio di lavorazione”, sarebbe consentito “ritardare” l’emissione dell’autofattura e attendere l’arrivo in dogana dei “prodotti compensatori” al fine di assolvere al pagamento dell’imposta mediante la procedura doganale. Nella normativa di riferimento non è, infatti, prevista alcuna deroga nel senso sopra auspicato dalla società istante alla procedura descritta circa l’applicazione dell’imposta in caso di prestazione di servizi resa da soggetto extra UE territorialmente rilevante in Italia. Pertanto, si ritiene che l’autofattura debba essere regolarmente emessa dalla società istante ( i.e. committente italiano/debitore d’imposta) ai sensi e nei termini di cui agli artt. 17 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, ovvero entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Gli eventuali “disallineamenti” tra la base imponibile del servizio di lavorazione indicata nell’autofattura e la base imponibile del medesimo servizio calcolata in dogana, al momento della reimportazione dei “prodotti compensatori”, dovranno essere “regolarizzati” mediante l’emissione di note di variazione ai sensi dell’art. 26 deld.P.R. n. 633 del 1972. Si fa presente, inoltre, che, diversamente da quanto ipotizzato dalla società istante, i servizi di lavorazione in esame non appaiono riconducibili alle prestazioni di servizi “connesse con l’importazione dei beni il cui valore è ricompreso nella base imponibile”, esenti da IVA, ai sensi dell’art. 144 della Direttiva 2006/112/CE. Come chiarito anche dal Comitato IVA, peraltro, né l’art. 144 né l’art. 88 della Direttiva IVA possono essere utilizzate come base per l’esenzione di servizi di lavorazione che vengono fisicamente effettuati al di fuori della UE ma sono ivi imponibili (Linee Guida risultanti del 91° Comitato IVA del 10-12 maggio 2010, doc. -taxud.c.1(2010)1054234 – 681).
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