Corte di Cassazione ordinanza n. 27757 depositata il 30 ottobre 2019

Rilevato che:

– Con sentenza n. 143/1/17 depositata in data 16 febbraio 2017 la Commissione tributaria regionale della Basilicata (in seguito, la CTR), rigettava tanto l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 245/2/13 della Commissione tributaria provinciale di Matera (in seguito, la CTP) che aveva accolto il ricorso di AS (in seguito, il contribuente) contro un avviso di accertamento II.DD. e IVA 2007 a seguito dell’accertamento di differenze inventariali a magazzino ritenute ingiustificate;

– Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo;

– Il contribuente non si è difeso, restando intimato. Successivamente alla camera di consiglio, in data 13 giugno 2019 il contribuente personalmente ha depositato presso la Cancelleria della Corte istanza di definizione agevolata della controversia.

Considerato che:

– Con istanza depositata successivamente all’adunanza camerale, in data 13.6.2019 il contribuente ha personalmente depositato istanza per la sospensione del processo ex art.6 comma 10 del d.l. 23 ottobre 2018 n.119, pubblicato in G.U. in pari data ed entrato in vigore in da- ta 24.10.2018. In disparte dal fatto che l’istanza non è stata depositata da un avvocato patrocinante presso la Corte, della stessa non si può tener conto in quanto tardiva, essendo stata depositata oltre il termine perentorio del 10.6.2019 fissato dall’art.6 d.l. 23 ottobre 2018 n.119 stesso;

– Con l’unico motivo, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art.2 del d.P.R. n.441/1997 e dell’art.116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto idonea alla prova la documentazione prodotta dal contribuente da cui risulterebbe una cessione in favore di soggetto intracomunitario, a titolo gratuito, di ricambi obsoleti relativi ad autovetture non più circolanti in Italia per un controvalore di circa 16.000,00;

– Il motivo è fondato. La Corte rammenta infatti che «In tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, in base all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 441 del 1997, le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui all’art. 14, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate, costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo, presunzione che è relativa e superabile non con qualunque mezzo di prova, ma solo con le prove tassativamente indicate dagli artt. 1 e 2 del citato d.P.R. n. 441 del 1997.» (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 31273 del 04/12/2018, Rv. 651773 – 01); inoltre, la previsione di legge rilevante, l’art. 2, ai primi due commi così dispone: «Non operatività della presunzione di cessione 1. La presunzione di cui all’artico- lo 1 non opera per le fattispecie indicate nei seguenti commi, qualora vengano osservati gli adempimenti ivi stabiliti. 2. Le cessioni previste dall’articolo 10, n. 12), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono provate con le seguenti modalità: a) comunicazione scritta da parte del cedente agli uffici dell’amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza di competenza, con l’indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni, nonche’ dell’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni gratuitamente ceduti. La comunicazione deve pervenire ai suddetti uffici almeno cinque giorni prima della consegna e può non essere inviata qualora l’ammontare del costo dei beni’stessi non sia superiore a lire dieci milioni; b) emissione del documento previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, progressivamente numerato; c) dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con la quale l’ente ricevente attesti natura, qualità e quantità dei beni ricevuti corrispondenti ai dati contenuti nel documento di cui alla lettera b).»;

– Orbene, indubbio il fatto che, in linea generale, possa essere vinta la presunzione di cessione onerosa relativa alle riscontrate differenze inventariali di magazzino, ciò non può avvenire con ogni mezzo e, nel caso di specie, ai fini dell’autosufficienza l’Agenzia ha riprodotto il pertinente passaggio dell’atto di appello in cui contestava la valenza del documento esibito dal contribuente a tal fine, con specifico riferimento alla sua idoneità in relazione alla pertinente previsione di legge: «La parte, per la rottamazione o cessione dei pezzi obsoleti, avrebbe infatti dovuto applicare quanto previsto dall’art. 2 del d.P.R. n.441/1997; peraltro, il valore della merce ceduta doveva comunque rientrare nel volume d’affari ed essere assoggettato ad IVA (…)» e la CTR, nella sua sbrigativa affermazione di idoneità del documento alla prova liberatoria, non permette di evincere l’iter del ragionamento seguito. In particolare, ove i giudici di appello abbiano qualificato il documento come atto notorio di cui alla lettera c) della norma, non hanno fatto riferimento alcuno alla natura, qualità e quantità dei beni ricevuti corrispondenti ai dati contenuti nel documento di cui alla lettera b) della norma citata e, dunque, la statuizione della CTR si risolve quantomeno in una falsa applicazione dell’art.2 del d.P.R. n.441/1997;

– In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, in relazione al pro- filo accolto e per le spese;

P.Q.M.

la Corte: riconvocatasi nella medesima composizione in data 10 luglio 2019, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese. Così deciso in